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Dichiarazione di conformità catastale. Tecniche redazionali

Non avremmo mai pensato di doverci occupare, di fretta (ma con la consueta accuratezza di Daniela Riva) e prima delle vacanze di un “cold case” come quello della conformità catastale sul quale si è scritto molto, se non troppo.

Se non che un ritorno sul tema lo impone la lettura dei verbali di correzione della prova “atti tra vivi” di coloro che, nell’ultimo concorso, non sono risultati ammessi agli orali e l’acceso dibattito che ne è conseguito sui social notarili.

Dichiarazione di conformità catastale. Tecniche redazionali

Richiamata la precedente pubblicazione su “Conformità catastale dopo il D.L. 50/2017” del 30 novembre 2017 e sulla scia delle recenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione e delle CO.RE.DI in tema di conformità catastale, il presente contributo vuole essere lo spunto e l’occasione per una nuova riflessione sulle questioni e sulle criticità poste dalla normativa sulla conformità catastale con riguardo alle dichiarazioni e agli elementi formali richiesti in atto a pena di nullità (“conformità oggettiva”) e ai conseguenti riflessi sulla tecnica redazionale, anche tenuto conto del controllo che il Notaio effettua negli atti di provenienza in ordine alla presenza delle c.d. “dichiarazioni obbligatorie” e della loro corretta formulazione.

Dispone l’Art. 29 al comma 1-bis della Legge 27 febbraio 1985 n. 52 (come introdotto dall’Art. 19 comma 14 del dell’art. 19, D.L. 31 maggio 2010, n. 78 e come modificato dalla relativa legge di conversione), che: “Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari.”.

Senza addentrarci sulla natura giuridica della sanzione comminata dalla norma de qua, occorre ricordare come la nullità dell’atto sia strettamente correlata e dipenda dal fondamento squisitamente pubblicistico della norma stessa, che comporta, quale conseguenza diretta, la responsabilità disciplinare del notaio rogante, ai sensi dell’art. 28, comma 1, L. n. 89 del 1913 per aver ricevuto atti “espressamente proibiti dalla legge”. Da un lato, come statuito anche dalla Suprema Corte nella sentenza 11 aprile 2014 n. 8611, si vuole migliorare la qualità delle banche dati catastali e di pubblicità immobiliare, realizzando una perfetta simmetria dei dati che individuano l’immobile, sia in termini di coerenza formale (profilo soggettivo) che di coerenza sostanziale (profilo oggettivo), così da creare un archivio perfettamente in “sincro” ed allineato, le cui risultanze siano effettivamente rispondenti al dato reale (la c.d. Anagrafe Immobiliare Integrata). Da un altro lato, si vuole far emergere possibili fenomeni di elusione ed evasione fiscale (vedi fabbricati fantasma): con un’esatta individuazione degli immobili urbani produttivi di reddito e dei relativi proprietari si avrebbe, nel settore impositivo immobiliare, una duplice certezza sia in termini di entrate (maggior redditività rispetto a quanto risultante oggi dal solo catasto) sia in ordine agli effettivi soggetti tenuti al pagamento delle imposte, con pieno raggiungimento dell’obiettivo fiscale.

Gli atti di cui all’Art. 29 al comma 1-bis Legge n. 52/1985, che abbiano ad oggetto “fabbricati già esistenti”, qualificabili come “unità immobiliari urbane”, ossia fabbricati esistenti ed ultimati”, devono contenere, a pena di nullità:

l’identificazione catastale dell’immobile;

il riferimento alle planimetrie depositate in catasto;

la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale (o l’attestazione di conformità rilasciata da tecnico abilitato).

Identificazione catastale dell’immobile

Il primo requisito formale è costituito dalla identificazione catastale del bene, che si verifica con l’indicazione dei soli dati catastali minimi essenziali dell’immobile, quali ricavabili dai registri del Catasto dei Fabbricati (Comune, eventuale Sezione, foglio, particella numero mappale, eventuale subalterno), senza che assumano dunque qui alcun rilievo i dati catastali ulteriori (categoria, consistenza, …).

Ne consegue che non possono essere stipulati (e se stipulati sono nulli) gli atti aventi ad oggetto fabbricati non dichiarati in catasto in quanto, privi dei dati di identificazione catastale.

Il riferimento alle planimetrie depositate in catasto

Il secondo requisito formale è rappresentato dal riferimento alle planimetrie depositate in catasto.

Al riguardo occorre precisare, come scritto da autorevole Dottrina (G. RizziLa circolazione immobiliare”, Wolters Kluwer – 2020, pag. 287), che il requisito del “riferimento planimetrico” non può essere soddisfatto se le planimetrie:

sono inesistenti: si pensi al caso dell’atto traslativo e/o divisionale relativo ad un fabbricato rurale non denunciato al Catasto dei Fabbricati ed individuato nell’atto suddetto con i soli identificativi del Catasto Terreni;

non sono, comunque, idonee all’assolvimento della loro funzione, sulla base della vigente normativa in materia catastale, così da dover essere considerate, pure esse, inesistenti: si pensi al caso delle planimetrie non presenti in Catasto, delle planimetrie dichiarate “non accettabili” ovvero al caso delle planimetrie non reperibili o non leggibili.”.

Nel caso di planimetria (esistente e depositata al Catasto) ma non conforme allo stato di fatto, questa non costituisce planimetria inesistente ai fini del rispetto del “requisito planimetrico”. La non conformità della planimetria allo stato di fatto impedisce però all’intestatario di rendere la dichiarazione di conformità ossia il rispetto del diverso requisito della “dichiarazione di conformità”, salvo il caso della dichiarazione mendace.

Accertato l’avvenuto deposito in catasto, non è necessario che le planimetrie siano allegate all’atto, anche se l’allegazione è quanto mai opportuna, quale strumento di chiarezza tra le parti, ma è di per sé sufficiente l’adozione di un qualunque modo empirico idoneo a realizzare un riferimento alle medesime (CNN Studio Civilistico n. 846-2014/C “Stato dell’arte in tema di coerenza catastale oggettiva”).

Ci si è chiesti se “il riferimento alle planimetrie depositate in catasto”, che deve essere inserito nell’atto notarile – così come previsto dall’articolo 29 comma 1 bis della legge 27 febbraio 1985, n. 52 – imponga al notaio di indicare anche gli estremi della planimetria depositata in catasto. Al quesito è stata data risposta negativa (Si veda Quesito Civilistico n. 331-2012/C “Indicazione in atto delle planimetrie depositate in catasto” di Mauro Leo in CNN del 5 febbraio 2013) ove si è ammesso anche un riferimento operato in via del tutto generica, senza cioè la specifica indicazione degli estremi delle planimetrie, che peraltro potrebbero essere errati o mancanti. Del resto, in effetti, la genericità del riferimento non nuoce alla esatta individuazione della planimetria, in quanto per ogni unità immobiliare urbana non può esistere che una sola planimetria depositata in catasto (Tribunale di Udine 29 gennaio 2015).

Altra Dottrina (G. Rizzi, opera cit) ritiene che, in mancanza di allegazione, occorra indicare in atto gli estremi di registrazione al Catasto Fabbricati delle planimetrie, fermo restando che le stesse dovranno trovarsi depositate e quindi essere reperibili in catasto.

Appare quindi altresì evidente che i requisiti “identificazione catastale” e “riferimento alle planimetrie depositate in catasto” siano pienamente soddisfatti con l’allegazione della planimetria depositata in catasto posto che l’allegazione di tale planimetria permette di fatto di ricondurla al bene oggetto dell’atto senza che sia necessaria alcuna formula sacramentale.

Dichiarazione sulla conformità catastale (positiva)

Terzo requisito formale imposto dalla norma è che all’interno degli atti sia documentata – per dichiarazione di parte o per attestazione di un tecnico – la conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie dell’immobile, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale.

La dichiarazione di conformità dell’immobile ai dati catastali non può essere surrogata dalla mera dichiarazione di conformità delle planimetrie, cosicché il notaio che redige l’atto senza inserire la dichiarazione di conformità dei dati catastali incorre in una nullità ai sensi dell’Art. 28 della Legge notarile.

Non è possibile per il notaio ricevere atti traslativi o divisionali con “dichiarazione negativa” ossia con dichiarazione da parte degli intestatari della non conformità tra stato di fatto e dati e planimetrie catastali.

Il concetto di conformità va poi considerato alla luce dello scopo, prettamente fiscale, di far emergere ogni variazione dell’imponibile catastale dei fabbricati urbani (CNN, La circolazione immobiliare a seguito del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (c.d. Manovra Economica). Prime note). Non occorre allora che vi sia totale e assoluta coincidenza tra stato di fatto e planimetrie; occorre soltanto che eventuali difformità di fatto non siano tali da imporre un obbligo di aggiornamento e rideterminazione della rendita catastale.

Ecco allora che, se ininfluenti sono tutti quei dati che non incidono sulla corretta determinazione della rendita (es.: le variazioni di toponomastica, piano), al contrario senz’altro impongono l’aggiornamento della planimetria l’inesatta rappresentazione degli ambienti costituenti l’unità immobiliare o delle pertinenze ad uso esclusivo, come pure la rilevante redistribuzione degli spazi interni o la realizzazione di nuovi servizi igienici (da ultimo, si veda il Parere della Agenzia delle Entrate, prot.n. 2016/50397 del 6 aprile 2016).

Con riguardo alla “dichiarazione resa in atti dagli intestatari della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie”, il comma 1-bis non richiede che la dichiarazione debba essere resa con il rispetto di particolari formalismi, nemmeno con la forma della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà , né peraltro che debba essere veritiera; quando il legislatore ha richiesto che determinate dichiarazioni fossero rese nella forma di “dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà” lo ha detto espressamente (si pensi alla dichiarazione dell’immobile ante 1967 di cui all’art. 40, L. 28 febbraio 1985, n. 47 ovvero alla dichiarazione sulle modalità di pagamento del prezzo di cui all’art. 35, comma 22, L. 4 agosto 2006, n. 248 di conversione del D.L. 4 luglio 2006, n. 223).

Il riferimento all’“intestatario”, che deve rendere la dichiarazione di conformità, deve essere letto alla luce della finalità perseguita dalla seconda parte della norma, ossia la realizzazione “prima della stipula” di un allineamento soggettivo, nei limiti appresso precisati, fra il catasto e i registri immobiliari (dai quali deve risultare il proprietario o il titolare dei diritti reali sul bene immobile). Tale lettura consente di ritenere che l’“intestatario” che deve rendere la dichiarazione di conformità sia colui che può disporre del diritto sul bene. A tal fine, però, è necessario intendere gli “intestatari” non solo come i soggetti che formalmente già risultino tali dai registri (catastali ed immobiliari) ma anche come coloro che tali dovrebbero risultare per effetto dell’allineamento soggettivo. Il dato normativo consente di ritenere che l’“intestatario” che deve rendere la dichiarazione di conformità sia il soggetto titolare del diritto di proprietà o del diritto reale limitato.

Il Consiglio Nazionale del Notariato e l’Agenzia del territorio sono pervenuti ad una nozione più estesa di “intestatario”, facendola coincidere con il soggetto “titolare del potere di disposizione sugli immobili oggetto dell’atto”, stante le ipotesi di c.d. “disallineamento fisiologico” tra Catasto e Registri immobiliari.

Secondo autorevole Dottrina (Rizzi, opera citata pag. 297) la norma in commento farebbe riferimento, per l’individuazione di chi deve rilasciare detta dichiarazione, a coloro che dispongono del diritto (alienanti, costituenti di diritti reali, condividenti, ecc., “i disponenti”), anche se diversi dagli intestatari catastali: “nel primo periodo dell’art. 29, comma 1-bis, L. n. 52/1985, quello relativo per l’appunto alla dichiarazione di cui trattasi, si parla semplicemente di “intestatari”, mentre è nel secondo periodo che si parla più specificatamente di “intestatari catastali”. “I disponenti”, legittimati al rilascio della dichiarazione di conformità, il più delle volte coincideranno con gli intestatari catastali e/o con gli intestatari effettivi degli immobili, ma non è detto. Può benissimo accadere che a rilasciare la dichiarazione di conformità siano soggetti che non sono né gli intestatari catastali né gli intestatari effettivi, senza che per tale motivo l’atto possa considerarsi nullo. Ciò che importa, pertanto, è che nell’atto vi sia la dichiarazione di conformità (che a tal fine non potrà che essere rilasciata da chi nell’atto interviene per disporre del diritto). È questa una interpretazione per così dire “necessitata”, se non si vogliono sovvertire i principi generali dell’ordinamento ed impedire acquisti e/o fenomeni consentiti e/o previsti dal codice civile (e che la norma in commento non ha voluto né inteso vietare o comunque impedire). Si pensi, ad esempio, alle seguenti ipotesi:

acquisto a non domino: l’acquirente, benché il titolo non sia idoneo a fargli acquistare la proprietà, può, peraltro, chiedere l’usucapione “abbreviata” decennale (art. 1159 c.c.); ma l’acquisto deve pur sempre fondarsi su un “titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà debitamente trascritto” e quindi su un atto valido e tale non sarebbe un atto nullo per mancanza della dichiarazione di conformità (come sarebbe nel caso non si accettasse l’impostazione secondo la quale la dichiarazione può essere resa anche da soggetto diverso dal titolare effettivo del diritto);

acquisto dall’erede apparente: anche l’acquirente da erede apparente viene tutelato dall’ordinamento se fonda il suo acquisto su titolo trascritto (sempreché l’acquisto dell’erede apparente ed il suo acquisto dall’erede apparente siano stati trascritti anteriormente all’acquisto da parte dell’erede vero: art. 534 c.c.); ma anche in questo caso l’acquisto dall’erede apparente deve pur sempre fondarsi su un atto valido e tale non sarebbe un atto nullo per mancanza della dichiarazione di conformità (come sarebbe nel caso non si accettasse l’impostazione secondo la quale la dichiarazione può essere resa anche da soggetto diverso dal titolare effettivo del diritto);

vendita di un bene in regime di comunione legale dei beni da parte di un solo coniuge: l’atto, in base al codice civile, sarebbe solo annullabile e pertanto convalidabile (art. 1444 c.c.). Dopo un anno dalla trascrizione non sarebbe più impugnabile (art. 184 c.c.); diversamente, se si ritenesse in questo caso violata la norma in commento, per mancato rilascio della dichiarazione di conformità da parte di entrambi i coniugi, intestatari effettivi, l’atto dovrebbe considerarsi nullo e non annullabile (con necessità, pertanto, anche dopo il decorso di un anno dalla trascrizione, di procedere alla convalida se ed in quanto ricorrano tutte le condizioni per avvalersi dell’atto di conferma a sensi dell’art. 29, comma 1-ter, L. n. 52/1985, e di cui si dirà in appresso);

vendita di bene altrui (art. 1478 c.c.): se ed in quanto si dovesse ritenere applicabile la disciplina in commento anche alla vendita di bene altrui, la dichiarazione di conformità non potrebbe che essere resa da soggetto diverso, non solo dall’intestatario catastale, ma anche dall’intestatario effettivo; se non venisse accolta l’impostazione proposta l’atto sarebbe sempre nullo e quindi lo schema della vendita di cosa altrui non sarebbe più utilizzabile (almeno per i fabbricati.”.

Circa il contenuto della dichiarazione sulla conformità catastale si registrano in Dottrina due antitetici orientamenti.

Da una parte l’orientamento più rigoroso, avallato anche dalla giurisprudenza di legittimità e di merito (si vedano a riguardo le sentenze infra citate), che richiamandosi al dato letterale della norma, non ammette dichiarazioni equipollenti o “relatio formali”; dall’altra parte l’orientamento meno restrittivo che sulla base di una diversa lettura della norma ne ammette la possibilità.

Secondo la Cassazione non è sufficiente una dichiarazione (della parte intestataria dell’immobile) che si limiti a confermare la conformità della planimetria dell’immobile allo stato di fatto ma occorre che la dichiarazione abbia ad oggetto anche la conformità allo stato di fatto dei dati catastali relativi alla identificazione ed alla capacità reddituale del bene.

Anche la prevalente Dottrina ritiene che il tenore letterale della norma sia insuperabile, affermando che la dichiarazione resa dalle parti debba essere duplice avendo ad oggetto sia la planimetria che i dati catastali, discutendo, poi, circa l’effettiva identificazione di questi ultimi (In tal senso: V. BARLESE, Note sulla coerenza oggettiva e soggettiva ex d.l. 78/2010 e l. 122/2010, in Riv. not., 2012, p. 218; A. BUSANI e U. MORELLO, Passaggio in catasto per i nuovi requisiti di forma ad substantiam degli atti immobiliari (commento al d.l. 31 maggio 2010 n. 78, coordinato con la l. di conversione 30 luglio 2010 n. 122), in Contratti, 2010, p. 916; G. PETRELLI, Conformità catastale e pubblicità immobiliare – L’art. 29, 1º comma bis, l. 27 febbraio 1985 n. 52, Milano, 2010, p. 50.).

Da segnalare che la conclusione cui è giunta la giurisprudenza di legittimità (in particolare con riguardo alla sentenza n. 8611/2014, infra citata), è stata criticata, per eccesso di “formalismo”, da altra Autorevole Dottrina che ha considerato il termine di riferimento della conformità allo stato di fatto “dei dati catastali e delle planimetrie” come una “endiadi” nel senso che il legislatore non avrebbe voluto alludere a due concetti distinti ma ad un unico concetto espresso con due termini coordinati (in tal senso: Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 846-2014/C, “Stato dell’arte in tema di coerenza catastale oggettiva”, approvato dall’Area scientifica studi civilistici, 19 febbraio 2015 e dal CNN 1-2 ottobre 2015, est. Giovanna Coscia, in Cnn Notizie del 27 ottobre 2015).

Secondo la predetta opinione, sarebbe irragionevole chiedere che il contribuente-disponente debba attestare la conformità allo stato di fatto di dati catastali, che esulano dalla propria sfera di conoscenza e di potere, che egli non può decidere ma eventualmente solo proporre ma che sono rimessi in via esclusiva alla pubblica amministrazione, l’unica ad avere il potere di accertamento e classamento catastale (si veda decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701): infatti, il contribuente-disponente dovrebbe attestare, a pena di nullità, la conformità allo stato di fatto di dati catastali che subito dopo la dichiarazione, l’Amministrazione potrebbe modificare.

Tenuto conto che i dati catastali rilevanti a fini fiscali costituiscono l’esito della denuncia catastale e la planimetria la premessa ovvero la documentazione grafica e descrittiva dell’immobile negoziato che, in quanto corrispondente allo stato di fatto, ha giustificato quell’esito, la dichiarazione di conformità che pretende il legislatore è la dichiarazione che attesti la corrispondenza della “planimetria depositata per la denuncia dei dati catastali” con lo stato reale dell’immobile. Non è un caso del resto che in nessuna delle due circolari emanate a ridosso delle novità recate dal d.l. 78/2010 e dalla relativa legge di conversione n. 122/2010 dall’allora Agenzia del Territorio (sicuramente addentro alla materia) si accenni minimamente alla dichiarazione di conformità allo stato di fatto dei dati catastali” (Studio n. 846-2014/C, Stato dell’arte in tema di coerenza catastale oggettiva, approvato dall’Area scientifica studi civilistici, 19 febbraio 2015 e dal CNN 1-2 ottobre 2015, est. Giovanna Coscia).

L’agenzia delle Entrate, a seguito di espressa richiesta del Consiglio Nazionale del Notariato circa l’interpretazione del comma 1-bis all’art. 29 della legge 27 febbraio 1985, n. 52, ha espresso parere (Parere Prot. n. 2016/50397 del 6 aprile 2016), in ordine al contenuto della predetta dichiarazione, fornendo un’interpretazione sostanziale della norma che trova fondamento nella considerazione che dalla planimetria catastale possono desumersi quegli elementi che consentono di far ritenere rispettata la dichiarazione circa la c.d. “conformità oggettiva” (“relatio  per tabulas”), con la conseguenza che una dichiarazione resa in atto che faccia riferimento alla sola planimetria catastale sarebbe sufficiente a non fare ritenere l’atto viziato da nullità.

L’Agenzia ha tuttavia, concluso, auspicando che, comunque, “al fine di evitare incertezze interpretative suscettibili di eventuali contenziosi, […] venga posta la massima attenzione affinché, negli atti, la dichiarazione resa dalle parti riporti testualmente il dettato normativo, anche in considerazione della generica locuzione «dati catastali» che […] potrebbe ricomprendere anche ulteriori elementi”.

Conformità dei dati catastali

La dichiarazione di conformità deve avere come termine di riferimento non solo le planimetrie, ma anche i dati catastali. E ciò al fine di evitare la nullità dell’atto.

Segue un breve excursus delle principali pronunce, nelle quali la Suprema Corte di Cassazione ha statuito in ordine alla inammissibilità di dichiarazioni di conformità “equipollenti”:

* Cass. civ., Sez. II, Sentenza, 15 settembre 2022, n. 27181:In tema di responsabilità disciplinare del notaio, la dichiarazione richiesta dall’art. 19, comma 14, d.l. n. 78 del 2010, conv. dalla l. n. 122 del 2010, per gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi, aventi ad oggetto il trasferimento di diritti reali non di garanzia su unità immobiliari urbane, riguarda la conformità allo stato di fatto non della sola planimetria dell’immobile, ma anche dei dati catastali, costituendo essi gli elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali del bene, rilevanti ai fini fiscali, sicché la sua omissione, stante la finalità pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale perseguita dalla norma, determina la nullità assoluta dell’atto, da cui consegue la responsabilità disciplinare del notaio rogante, ai sensi dell’art. 28, comma 1, l. n. 89 del 1913, senza che rilevi, a questo fine, l’eventuale successiva conferma dell’atto, ove ritenuta ammissibile dal legislatore e, “a fortiori”, l’astratta possibilità di conferma del medesimo, essendo sufficiente la sola ricezione dell’atto vietato dalla legge”;

* Cass. civ., Sez. II, Sentenza, 9 febbraio 2022, n. 4216:La responsabilità disciplinare dei notai, in caso di errore di diritto, è esclusa solo quando risulti incolpevole, ove l’assenza di colpa possa desumersi da elementi positivi estranei all’autore dell’infrazione, idonei ad ingenerare la convinzione della liceità della condotta, con la conseguenza che non può costituire un’esimente il fatto che una condotta, sebbene posta in essere in violazione diretta di una norma di legge, non fosse mai stata sanzionata prima di allora dall’autorità investita del potere disciplinare. (Nella specie, la Corte di cassazione ha confermato la sentenza che aveva rigettato il reclamo avverso la sanzione disciplinare applicata ad un notaio che, nella redazione di numerosi atti di compravendita, aveva inserito la sola dichiarazione di conformità dello stato dei luoghi alle planimetrie, anziché la dichiarazione di conformità dello stato dei luoghi ai dati catastali e alle planimetrie, condotta contraria ad un precedente di legittimità e ad una norma di legge che prevede una nullità testuale). (Rigetta, CORTE D’APPELLO TORINO, 27/03/2019)

* Cass. civ., Sez. II, Sentenza, 31 luglio 2020, n. 16519:Il notaio che riceve un atto di trasferimento di diritti reali non di garanzia su immobili privo delle menzioni di cui all’art. 29, comma 1-bis, della l. n. 52 del 1985, incorre nel divieto di ricevere atti “espressamente proibiti dalla legge”, ex art. 28, comma 1, n. 1, della l. n. 89 del 1913 (e sanzionato con la sospensione a norma dell’art. 138, comma 2, della medesima legge), il quale è violato nel momento stesso della redazione dell’atto nullo, senza che possano spiegare efficacia sanante o estintiva della punibilità eventuali rimedi predisposti dal legislatore per conservare l’atto ai fini privatistici, quale l’eventuale successiva sua conferma, ai sensi del comma 1-ter del medesimo art. 29. (Rigetta, CORTE D’APPELLO ROMA, 07/05/2018)”;

* Cass. civ., Sez. II, ordinanza, 29 agosto 2019 n. 21828:La dichiarazione di conformità dell’immobile ai dati catastali ex art. 29, comma 1-bis, della l. n. 52 del 1985, non può essere surrogata dalla mera dichiarazione di conformità delle planimetrie, sicché il notaio che redige l’atto senza inserire la dichiarazione di conformità catastale incorre in una nullità ex art. 28 della l. notarile. (Rigetta, CORTE D’APPELLO VENEZIA, 06/12/2017)”;

* Cass. civ., Sez. II, 20 novembre 2018, n. 29894:  “Il notaio che riceve atti di trasferimento immobiliare in cui la dichiarazione di conformità allo stato di fatto è riferita esclusivamente alla planimetria e non anche ai dati catastali viola l’art. 28, n. 1, l. not. La confermabilità di tali atti, introdotta dal comma 1 ter dell’art. 29 L. 27/02/1985, n. 52, 29. della L. n. 52 del 1985, non è di per sé sufficiente ad escludere la responsabilità disciplinare del notaio, essendo a tal fine necessaria l’avvenuta conferma degli atti stessi.”;

* Cass. civ., Sez. II, 11 ottobre 2016, n. 20465:Sussiste la responsabilità disciplinare del notaio, in base all’art. 28, comma 1, n. 1, della legge notarile (legge n. 89 del 1913), per avere redatto un atto espressamente proibito dalla legge, in ipotesi di omissione della dichiarazione, richiesta dall’art. 29, comma 1-bis, della legge n. 52 del 1985, di conformità allo stato di fatto dei dati catastali relativi all’identificazione ed alla capacità reddituale del bene, senza che rilevi la sola dichiarazione di conformità della planimetria dell’immobile, a sua volta recante i dati catastali identificativi, trattandosi, agli effetti del citato art. 28, di nullità inequivoca ed indiscutibile, in quanto testuale.”;

* Cass. civ., Sez. II, 19/07/2016, n. 14765:Sussiste la responsabilità disciplinare del notaio, a norma dell’art. 28 comma 1° della legge notarile, nel caso in cui lo stesso abbia redatto un atto espressamente proibito dalla legge, omettendo la dichiarazione di conformità allo stato di fatto, dei dati catastali relativi all’identificazione ed alla capacità reddituale del bene, a nulla rilevando la sola dichiarazione di conformità della planimetria dell’immobile, a sua volta recante i dati catastali informativi. La dichiarazione richiesta dall’art. 19, comma 14 del D.L. n. 78 del 2010 riguarda la conformità allo stato di fatto non della sola planimetria dell’immobile ma anche dei dati catastali, costituendo questi ultimi, gli elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali del bene, rilevanti ai fini fiscali. L’omissione determina la nullità assoluta dell’atto, avendo la norma, finalità pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale.”;

* Cass. civ., Sez. II, 3 giugno 2016, n. 11507L’atto notarile che contenga esclusivamente la dichiarazione di conformità alla planimetria e non anche ai dati catastali è viziato da nullità assoluta, inequivoca ed indiscutibile, conseguendone la responsabilità disciplinare del notaio ai sensi dell’art. 28, comma 1, L. 16 febbraio 1913, n. 89. Le norme che prevedono il cumulo delle sanzioni debbono essere considerate eccezionali e quindi inapplicabili per analogia. Il notaio cui vengano contestati più addebiti, non può giovarsi delle norme eccezionali del Codice Deontologico Forense oppure dell’art. 5, comma 2, D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, avendo contravvenuto più volte alla medesima disposizione di legge. E’ dunque manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 135 e 138 L.N. nella parte in cui non prevedono l’applicabilità di una sola sanzione, fino all’ammontare massimo previsto, in caso di plurime violazioni in atti diversi, rientrando nella discrezionalità del legislatore prevedere od escludere il c.d. cumulo.”;

* Cass. civ. 11 aprile 2014 n. 8611:In tema di atti notarili, la dichiarazione richiesta dall’art. 19, comma 14, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, conv. in legge 30 luglio 2010, n. 122, riguarda la conformità allo stato di fatto non della sola planimetria dell’immobile, ma anche dei dati catastali, questi ultimi costituendo gli elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali del bene, rilevanti ai fini fiscali; l’omissione determina la nullità assoluta dell’atto, perché la norma ha una finalità pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale, conseguendone la responsabilità disciplinare del notaio, ai sensi dell’art. 28, primo comma, della legge 16 febbraio 1913, n. 89. (Rigetta, App. Roma, 13/05/2013)”.

Si riportano anche due massime della giurisprudenza di merito, una del Tribunale di Trieste del 19 gennaio 2012 ove si afferma che “Le categorie di immobili in relazione alle quali sussiste l’obbligo della dichiarazione di conformità ex art. 19 del d.l. 31 maggio 2010 n. 78 vanno individuate nei fabbricati comprensivi delle aree su cui insista la costruzione ultimati e soggetti ad accatastamento con attribuzione di rendita” e una del Tribunale di Udine del 29 gennaio 2015 ove si afferma che “Il generico riferimento alle planimetrie depositate presso gli uffici dell’Agenzia del Territorio, senza alcuna indicazione delle relative formalità che ne consentano l’individuazione, viola il dettato dell’art. 29, comma 1-bis, della legge 27 febbraio 1985 n. 52 […], dove si prescrive, a pena di nullità, il riferimento alla documentazione depositata in catasto; di conseguenza, attraverso il mero rinvio di stile ad un atto non identificato nei suoi estremi, la cui menzione è volta a consentire il controllo dell’allineamento dei dati catastali con lo stato di fatto delle realtà immobiliari (conformità oggettiva), le parti non possono dichiarare la conformità allo stato di fatto delle planimetrie che non sono specificamente individuate”  Relativamente a questa seconda decisione di merito deve sottolinearsi ancora una volta come il riferimento alle planimetrie possa essere soddisfatto non solo con l’indicazione delle formalità che ne consentano l’individuazione ma anche (ed anzi meglio) con l’allegazione della planimetria depositata in catasto.

Per quanto riguarda, invece, i dati catastali nel giudizio di conformità richiesto dalla normativa sulla conformità catastale, si ritiene che, assumano rilievo i cc.dd. dati di classamento, vale a dire: zona censuaria e micro zona censuaria (per la rilevazione della tariffa d’estimo da utilizzare per il calcolo della rendita), categoria (che viene attribuita in relazione alla destinazione d’uso), classe (che viene attribuita in relazione alla diversa capacità di reddito), consistenza (numero dei vani e/o la superficie e/o la cubatura a seconda della diversa categoria) e rendita (che dipende dai tre dati precedenti: classe, categoria e consistenza in relazione alla tariffa d’estimo stabilita per gli immobili ricompresi nello stesso Comune ovvero nella stessa zona censuaria in relazione alla categoria ed alla classe di appartenenza) ma non invece, gli altri dati catastali quali Comune, eventuale Sezione, Foglio, particella numero mappale, eventuale subalterno (rilevanti ai soli fini dell’identificazione catastale delle unità immobiliari) e l’indirizzo ed il piano (avendo un valore puramente informativo).

Non rilevano dunque l’indirizzo ed il livello di piano, che hanno un valore puramente informativo (G. RizziLa normativa in materia di conformità dei dati catastali (d.l. 78/2010), con approfondimento aggiunto il 16 gennaio 2014; ma cfr. G. PetrelliConformità catastale e pubblicità immobiliare – L’art. 29, 1º comma bis, l. 27 febbraio 1985 n. 52 , Milano, 2010, 50, che reputa rilevante il livello di piano ed invece ininfluenti la categoria, la classe e la rendita catastale) e valgono semmai a meglio circostanziare l’individuazione del bene, tanto che si ritrovano anche nella visura catastale di beni inidonei a produrre reddito (es.: immobili in categoria “F”, beni comuni non censibili, ecc.). La non rispondenza del livello di piano riportato nella planimetria e nella visura catastale con quello indicato nella descrizione giuridica del bene pone dunque una questione non tanto di conformità catastale, quanto di esatta individuazione dell’oggetto del negozio.

In questi casi sarà comunque possibile rendere la dichiarazione di conformità, pur in presenza di inesattezze riguardanti l’indirizzo ed il piano. Sarà opportuno in questo caso che il disponente, nella dichiarazione da rendere in atto, faccia presente che vi è una conformità sostanziale tra lo stato di fatto e i dati catastali.

Non rileva nemmeno la superficie catastale, la cui indicazione – dal 9 novembre 2015 – all’interno della visura serve solo a consentirne la verifica ai fini della tassa sui rifiuti. L’assenza del dato nella visura non impedisce la stipula dell’atto, salvo che ciò dipenda dall’assenza stessa della planimetria.

Pertanto, la dichiarazione di conformità non può essere rilasciata (se non erroneamente o falsamente) nel caso in cui lo stato di fatto dell’immobile presenti delle differenze che incidono sul classamento, come, ad esempio, nel caso che il bene sia censito come locale di deposito invece che come abitazione, ovvero riporti una consistenza (numero di vani o di metri quadrati) inferiore a quello effettiva.

Si è infatti precisato (Circolare dell’Agenzia del Territorio n. 2 del 9 luglio 2010) che, se non rilevano le lievi modifiche interne (es.: spostamento di una porta o di un tramezzo) le quali, pur variando la superficie utile dei vani interessati, non variano il numero di vani e la loro funzionalità, impongono invece l’aggiornamento catastale quegli interventi con cui si realizza una rilevante redistribuzione degli spazi interni, ovvero si modifica l’utilizzazione di superfici scoperte, quali balconi o terrazze. Allo stesso modo, quando la consistenza è calcolata in metri quadrati o in metri cubi, se non rilevano le modifiche interne non incidenti sulla consistenza dei beni o sulla destinazione dei singoli ambienti, al contrario determinano l’obbligo di presentare una nuova planimetria quei mutamenti che incidono sulla consistenza o sulla classe (es.: la trasformazione del retrobottega di un negozio in ambiente destinato alla vendita, o la realizzazione di soppalchi o servizi igienici).

Conformità delle planimetrie

La dichiarazione di conformità deve riferirsi anche alla planimetria.

A tal fine, in via preliminare, non solo è necessario che la planimetria sia stata depositata in catasto, ma occorre altresì che essa sia anche:

reperibile e leggibile: diversamente, si depositerà la “seconda copia per ricevuta” o, in mancanza, se risulti certamente depositata, si procederà d’ufficio alla compilazione, anche per mezzo di sopralluogo;

accettabile: ove non accettabile ai sensi del paragrafo 17 della Istruzione II – “Accertamento e classamento” per la formazione del Catasto Edilizio Urbano, occorrerà presentare nuova planimetria (Circolare dell’Agenzia del Territorio n. 2 del 9 luglio 2010).

Ai fini della conformità, si ritiene correttamente (CNN, La circolazione immobiliare a seguito del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (c.d. Manovra Economica). Prime note ) che non assuma rilevanza ogni e qualsiasi difformità, ma soltanto quella derivante dall’esecuzione di interventi edilizi in grado di determinare la variazione delle relative rendite catastali (art. 12, R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652). Ecco allora l’opportunità di avvalersi, nei casi dubbi, dell’attestazione di un tecnico.

Come si desume dalla normativa di riferimento (artt. 17 e 20 R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652 e art. 19, comma 9, D.L. n. 78/2010) le difformità più lievi non compromettono affatto la conformità allo stato di fatto, con la conseguenza che tale conformità deve essere esclusa solo in presenza di variazioni che incidano sullo stato, sulla consistenza, sull’attribuzione della categoria e della classe, ossia sulle situazioni dalle quali dipende la rendita catastale.

Al riguardo la stessa Agenzia del Territorio con Circolare n. 2 del 9 luglio 2010 ha affermato:

che l’obbligo della denuncia di variazione sussiste nei casi in cui la variazione incide sullo stato, sulla consistenza, sull’attribuzione della categoria e della classe, a seguito di interventi edilizi di ristrutturazione, ampliamento, frazionamento, oppure per effetto di annessioni, cessioni o acquisizioni di dipendenze esclusive o comuni, cambio di destinazione d’uso, ecc.;

che l’obbligo della denuncia di variazione sussiste, anche, nel caso in cui siano stati effettuati interventi con cui si realizza una rilevante redistribuzione degli spazi interni, ovvero si modifica l’utilizzazione di superfici scoperte, quali balconi o terrazze;

che non assumono quindi rilievo le variazioni dei toponimi, dei nomi dei confinanti e di ogni altro elemento, anche di carattere grafico-convenzionale, non influente sulla corretta determinazione della rendita (per tali casi, l’Agenzia non ritiene dovuta la dichiarazione di variazione, fatta salva l’opportunità dei soggetti interessati di richiedere comunque l’allineamento;

che non hanno neppure rilevanza catastale le lievi modifiche interne, quali lo spostamento di una porta o di un tramezzo che, pur variando la superficie utile dei vani interessati, non variano il numero di vani e la loro funzionalità;

che, analogamente, per le unità immobiliari ordinarie per le quali la consistenza è calcolata in metri quadrati o in metri cubi, le modifiche interne di modesta entità, non incidenti sulla consistenza dei beni iscritta negli atti catastali ovvero sulla destinazione dei singoli ambienti, non comportano l’obbligo della presentazione di una nuova planimetria in Catasto; di contro, è necessaria la presentazione della dichiarazione di variazione nei casi in cui la mutazione incide sulla consistenza o sulla classe.

In conclusione, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale (sopra richiamate) e tenuto anche conto di quanto precisato dalla Agenzia del Territorio, si deve ritenere irrilevante, ai fini della normativa in commento, l’eventuale presenza di una difformità (lieve) tra stato di fatto e planimetria depositata, tale da non incidere sulla consistenza, sulla classe e/o sulla categoria e quindi in pratica sulla rendita catastale.

Sarà opportuno in questo caso che il disponente consulti un tecnico abilitato, per avere la certezza che la difformità esistente non incida sulla attribuzione della rendita e che, nella dichiarazione da rendere in atto (qualora non si avvalga della facoltà di allegare all’atto l’attestazione sostitutiva redatta del tecnico consultato), faccia presente che vi è una conformità “sostanziale” tra lo stato di fatto e le planimetrie depositate, giusta quanto disposto dall’art. 17, R.D.L. 13/04/1939, n. 652 e giusta quanto da ultimo disposto dall’Agenzia del Territorio nella Circolare n. 2/2010, posto che le difformità rilevate non sono tali da incidere sulla consistenza ovvero sull’attribuzione della classe e della categoria.

Si è precisato (Circolare dell’Agenzia del Territorio n. 3 del 10 agosto 2010) che non può considerarsi comunque coerente (cd. planimetrie “non coerenti”) la planimetria sulla quale il funzionario dell’ufficio provinciale, in fase di accertamento, abbia riportato attestazioni di cd. “non conformità”, anche mediante l’apposizione sulla planimetria stessa di annotazioni o di altre evidenze grafiche.

In tal caso. la planimetria esiste, è reperibile ed è depositata in Catasto, e come nel caso della planimetria non conforme non sembra vi siano impedimenti alla possibilità di rispettare il requisito del “riferimento planimetrico”, se non che la difformità risulta per “tabulas”, già accertata dagli Uffici del Catasto, e ciò dovrebbe impedire all’intestatario di rendere in atto la dichiarazione di conformità allo stato di fatto, che sarebbe palesemente mendace, in quanto oggettivamente contraddetta dalle stesse risultanze catastali. Anche in questi casi però occorre valutare sulla base del caso concreto.

Nessun dubbio può aversi sulla necessità di aggiornare la planimetria quando vi siano attestazioni di non conformità o non accettabilità della stessa oppure quando siano, per ipotesi, segnalati ulteriori parti o vani dell’immobile non graficamente rappresentati (e dunque non computati ai fini della determinazione della rendita catastale).

Lo stesso però non può con certezza dirsi quando vi siano differenze in ordine alla toponomastica, ai nomi dei confinanti e ad ogni altro elemento che non influisce sulla corretta determinazione della rendita (Circolare dell’Agenzia del Territorio n. 2 del 9 luglio 2010).

La conformità in base alle disposizioni vigenti in materia catastale

La dichiarazione di conformità deve essere resa sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale.

Il riferimento non è alle norme vigenti al tempo della stipula dell’atto, bensì a quelle vigenti al momento del mutamento che ha inciso sullo stato, sulla consistenza nonché sull’attribuzione della categoria e della classe (CNN, La legge 30 luglio 2010, n. 122, di conversione del d.l. 30 maggio 2010 n. 78 in materia di circolazione immobiliare – Novità e aspetti controversi ; CNN, Quesito Civilistico n. 703-2014/C, Più unità immobiliari unitariamente accatastate con diritti reali disomogenei: problemi di conformità catastale).

Gli adempimenti imposti dalla normativa sulla conformità catastale debbono essere espletati tenendo conto di quelle che sono le disposizioni che stabiliscono quando è obbligatoria la presentazione di un atto di aggiornamento catastale e quando, al contrario, si è in presenza di mutazioni negli immobili da considerarsi irrilevanti, per i quali non vi è l’obbligo della denuncia di variazione.

Non necessariamente la conformità deve essere anche espressamente e formalmente dichiarata con riguardo alle disposizioni vigenti in materia catastale. Si ritiene (CNN, Quesito Civilistico n. 174-2011/C, Dichiarazione di conformità catastale ex art. 29 comma 1-bis della legge 27 febbraio 1985, n. 52 ) infatti che le modalità di documentazione della dichiarazione di conformità non abbiano alcuna rilevanza sul piano sanzionatorio e che pertanto, dovendo considerarsi il riferimento alle “disposizioni vigenti in materia catastale” prescritto in funzione non della completezza della dichiarazione, bensì del contenuto sostanziale di questa, la dichiarazione è da ritenersi completa, e l’atto dunque esente da nullità, anche se nel documento si ometta il citato riferimento.

Attestazione di conformità rilasciata da tecnico abilitato

La dichiarazione di conformità richiesta dalla legge può anche essere sostituita da un’apposita attestazione rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale.

L’intervento di un tecnico è senz’altro utile quando ci si trovi in presenza di variazioni non denunciate in catasto e la cui capacità di incidenza sulla determinazione della rendita non sia di immediata percezione. Il ricorso all’attestazione è addirittura indispensabile là dove il disponente, che non abbia accesso a nuove metodiche e tecnologie – né abbia conferito procura a terzi – sia impossibilitato a visionare la planimetria e non possa perciò rendere alcuna dichiarazione di conformità o nei casi in cui il disponente non conosca effettivamente lo stato degli immobili, come nei casi di riscatto leasing immobiliare (CNN, Quesito n. 450-2011/C, Dichiarazione di conformità ai sensi dell’art. 29, comma 1-bis della legge 52/1985 da parte di soggetto non vedente).

Non è previsto un limite massimo di durata per l’attestazione. Nulla dice la norma in commento in ordine alla attualità della attestazione rilasciata dal tecnico. Si ritiene (CNN, La legge 30 luglio 2010, n. 122, di conversione del d.l. 30 maggio 2010 n. 78 in materia di circolazione immobiliare – Novità e aspetti controversi) peraltro che essa rimanga valida indefinitamente venendo a perdere effetto solo là dove successivamente si effettuino ulteriori interventi o attività tali da comportare l’obbligo di variazione e/o di deposito di una nuova planimetria. Proprio in ragione di ciò, è opportuno, anche se non necessario, che a supporto dell’attestazione il disponente dichiari che successivamente alla data di aggiornamento della medesima non sono intervenute variazioni rilevanti.

Dal punto di vista formale, non occorre che l’attestazione sia giurata, né che sia dal tecnico resa formalmente all’interno dell’atto (costituzione in atto del tecnico). E’ sufficiente che tale attestazione scritta, debitamente sottoscritta dal tecnico, venga, su richiesta del disponente stesso, allegata all’atto.

L’attestazione tecnica, quindi, potrà essere utilizzata anche ben dopo il suo rilascio, purché alle unità negoziate non siano state apportate modifiche, a seguito di interventi edilizi, tali da incidere sulla consistenza, sulla categoria o sulla classe delle unità stesse.

A tal fine, proprio mutuando dalla disciplina sopra richiamata in materia di certificato di destinazione urbanistica, come ricordato da autorevole Dottrina (G. Rizzi, opera citata pag. 299), “sarà opportuno accompagnare l’allegazione della attestazione tecnica con una “dichiarazione di vigenza” ad opera del disponente e riprodotta in atto (con la quale il disponente dichiarerà che sulle unità negoziate, successivamente alla data di rilascio dell’attestazione tecnica, non sono state apportate variazioni tali da richiedere, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia catastale, la presentazione di un atto di aggiornamento catastale). Se il disponente può dichiarare, direttamente, senza l’intermediazione di alcuna relazione tecnica, la conformità dei dati catastali e delle planimetrie allo stato di fatto, a maggior ragione potrà dichiarare tutto ciò, indirettamente, confermando quanto riportato in un’attestazione tecnica rilasciata prima della stipula dell’atto traslativo e/o divisionale, e quindi a prescindere da quanto tempo sia trascorso dalla data di rilascio dell’attestazione medesima. Ne consegue che se ad un atto di compravendita viene allegata la attestazione tecnica, in caso di rivendita, l’acquirente potrà utilizzare l’attestazione già allegata al proprio atto di acquisto, dichiarando che, successivamente alla data di rilascio della stessa, non è intervenuta alcuna variazione rilevante con riguardo agli immobili venduti. Pur ribadendo che non vi è alcun obbligo di inserire in atto la suddetta “dichiarazione di vigenza”, e che la sua mancanza non potrà mai determinare la nullità dell’atto, la sua previsione sarà tanto più opportuna quanto più tempo è trascorso tra la data di rilascio dell’attestazione tecnica e la data dell’atto cui la stessa è stata allegata.”.

Nullità

L’art. 29, comma 1-bis della legge 27 febbraio 1985, n. 52, sanziona con la nullità gli atti individuati dalla norma stessa che non contengano l’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione di conformità oggettiva.

Secondo la Dottrina prevalente si tratterebbe di nullità c.d. formale, assoluta, imprescrittibile e, prima del 24 giugno 2017, anche insanabile, che si verifica per il sol fatto dell’assenza in atto degli elementi prescritti dalla legge (in tal senso sono anche le principali pronunce Co.Re.Di.), che non inciderebbe sulla validità della trascrizione dell’atto.

La giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sez. II, Sentenza, 15 settembre 2022, n. 27181; Cass. civ., Sez. II, Sentenza, 09/02/2022, n. 4216; Cass. civ., Sez. II, Sentenza, 31/07/2020, n. 16519; Cass. civ., Sez. II, ordinanza, 29 agosto 2019 n. 21828; Cass. civ., Sez. II, 20/11/2018, n. 29894; Cass. civ., Sez. II, 11/10/2016, n. 20465; Cass. civ., Sez. II, 19/07/2016, n. 14765; Cass. civ., Sez. II, 03/06/2016, n. 11507; Cass. civ. 11 aprile 2014 n. 8611) e di merito (Tribunale di Udine del 29 gennaio 2015; Tribunale di Trieste del 19 gennaio 2012) ha confermato, per il caso di ricevimento o autenticazione di un atto nullo per violazione dell’Art. 29 comma 1-bis della Legge n. 52/1985, la responsabilità del notaio a norma dell’art. 28 n. 1 della legge notarile.

Secondo altra Autorevole Dottrina (Petrelli “Conformità catastale e pubblicità immobiliare”, Milano, 2010, p. 56 e seg.), si tratterebbe invece di nullità “documentale”, che priverebbe il documento del requisito dell’autenticità, con la conseguenza che la scrittura privata passerebbe da “autenticata” a “non autenticata”, con conseguenze solo in termini di validità della trascrizione dell’atto. Sulla scorta di tale premessa l’Autore argomenta per escludere l’applicabilità al notaio della sanzione disciplinare dell’Art. 28 n. 1 della legge not. in quanto una “trascrizione invalida” non potrebbe mai costituire nullità rilevante ai sensi della predetta norma.

Diverse, invece, sono le posizioni assunte dalle varie CO.RE.DI., chiamate a pronunciarsi sulla questione: alcune CO.RE.DI. hanno sposato la tesi fatta propria dalla Cassazione (atto nullo e applicazione dell’art. 28 della legge notarile (si vedano in tal senso le seguenti decisioni: CO.RE.DI. Piemonte e Val d’Aosta 2 febbraio 2017; CO.RE.DI. Lazio 2 febbraio 2017; CO.RE.DI. Marche e Umbria 16 febbraio 2016; CO.RE.DI. Lazio 15 novembre 2016; CO.RE.DI. Lazio 2 febbraio 2017; CO.RE.DI. Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige 17 giugno 2016; CO.RE.DI. Lazio 27 novembre 2015; CO.RE.DI. Lazio 19 luglio 2013; CO.RE.DI. Toscana 15 dicembre 2014; CO.RE.DI. Lombardia 5 maggio 2014; CO.RE.DI. Lazio 6 febbraio 2014; CO.RE.DI. Toscana 30 aprile 2014;  CO.RE.DI. Lazio Zona VII 2 ottobre 2012; CO.RE.DI. Sicilia – Zona XV 14 giugno 2013; CO.RE.DI. Sicilia – Zona XV 30 ottobre 2013; CO.RE.DI. Calabria – Zona XVI 25 maggio 2012; CO.RE.DI. Puglia Zona XII 15 novembre 2013; CO.RE.DI. Marche e Umbria Zona IX 18 settembre 2014; CO.RE.DI. Lazio – Zona VII 15 ottobre 2013; CO.RE.DI. Marche e Umbria Zona IX 19 marzo 2014; CO.RE.DI. Campania e Basilicata 16 settembre 2013; CO.RE.DI. Lazio 30 maggio 2013; CO.RE.DI. Lazio – Zona VII 22 ottobre 2013; CO.RE.DI. Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige 28 marzo 2014; CO.RE.DI. Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige 21 febbraio 2014), altre CO.RE.DI., invece, hanno accolto soluzioni meno rigorose, negando, in considerazione anche della peculiarità dei casi sottoposti al loro giudizio, la ricorrenza dei presupposti per l’applicabilità dell’art. 28 della legge notarile (si vedano: CO.RE.DI. Lombardia n. 176 del 3 marzo 2016 ove la Commissione, “in ragione di elementi presenti negli atti del notaio”, ha irrogato allo stesso notaio una sanzione disciplinare pecuniaria, non ravvisando ipotesi di nullità degli atti e, dunque, non ritenendo applicabile l’art. 28 comma 1 della Legge not. Secondo la Commissione “la non corrispondenza alla fattispecie astratta, può dar luogo per altri versi a responsabilità disciplinare quando si tratti di fatti non occasionali”. “Essendo la formulazione contestata contenuta in un numero rilevante di atti ed essendo lo stesso comportamento stato ripetuto anche dopo la pronuncia della Cassazione del 2014 in materia”, la Commissione ha ritenuto violati “i principi di cui all’art.1 comma secondo del Codice Disciplinare (“Il notaio deve svolgere con correttezza e competenza la funzione di interpretazione e di applicazione della legge in ogni manifestazione della propria attività professionale, ricercando le forme giuridiche adeguate agli interessi pubblici e privati affidati al suo ministero”) e di cui all’art. 50 lettera c del Codice Disciplinare” (“50. – Per soddisfare le esigenze di chiarezza e di completezza il notaio deve curare che dal testo dell’atto, normalmente risultino: … c) gli elementi utili per individuare con esattezza i beni e i diritti in oggetto, in modo da offrirne la chiara e non equivoca percezione, anche con allegazione che si richiede più frequente – di documenti grafici”); CO.RE.DI. Lombardia del 28 gennaio 2016; CO.RE.DI. Emilia Romagna del 14 aprile 2016; CO.RE.DI. Campania e Basilicata 25 luglio 2016 2017; CO.RE.DI. Toscana del 17 ottobre 2016).

Interessante è poi ricordare una pronuncia della CO.RE.DI. Lazio – Zona VII 17-12-2013 ove il Notaio era stato sanzionato, in quanto, l’aver apposto in numerosi atti postille finali redatte prima della chiusa, aventi tutte identità di contenuto ossia le dichiarazioni di nullità – avrebbe determinato la presunzione dell’inserimento della postilla dopo il perfezionamento dell’atto e come tale considerata non apposta.

Tecniche redazionali

La norma non prevede per la dichiarazione nessuna particolare formula sacramentale, né, come già scritto, che la dichiarazione sia resa in forma sostitutiva di atto di notorietà.

Naturalmente l’atto dovrà contenere l’identificazione catastale del bene (completa dei dati di classamento e cioè zona censuaria e microzona, categoria, classe, e rendita),  e la clausola dovrà riportare il riferimento alla planimetria depositata in catasto del bene oggetto dell’atto (sia mediante l’indicazione dei suoi estremi di individuazione che mediante allegazione) e la dichiarazione di parte di conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie.

La dichiarazione potrà essere resa anche in forma estremamente sintetica purché contenga il contenuto minimo previsto dalla norma.

Tra le mille formule utilizzabili di seguito un esempio di clausola.

A migliore identificazione di quanto venduto le parti fanno riferimento alla planimetria depositata in Catasto che si allega in copia sotto ” “.

La parte venditrice (intestataria in Catasto e nei registri immobiliari dei beni venduti) dichiara, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale, che lo ii riportati dati catastali e la planimetria allegata sotto ” ” sono conformi allo stato di fatto.

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