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Premessa generale

Si definiscono legittimari (o eredi necessari), ai sensi dell’art. 536 del Codice civilele persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità (cosiddetta quota di riserva o quota indisponibile) o altri diritti nella successione” e si tratta dei figli (legittimi, naturali, adottivi che siano, tutti i figli hanno i medesimi diritti nella successione dei genitori, stante l’unicità dello status di figlio, che è stata compiutamente realizzata con la Riforma del diritto di famiglia introdotta con l. n. 154/2013), del coniuge e, in assenza di figli, degli ascendenti del de cuius.

In presenza di legittimari, pertanto, il testatore non può disporre come crede dell’intero suo patrimonio, ma solamente della quota disponibile, dovendo la quota di riserva essere devoluta in favore dei legittimari nel silenzio del testamento, ma anche in presenza di una volontà contraria del de cuius.

Tuttavia, che l’ordinamento prevede in favore del legittimario solo una pretesa (e dunque una tutela) di tipo quantitativo, e non anche qualitativo, con la precisazione, però, che il legittimario ha il diritto di essere apporzionato con beni facenti parte dell’eredità: in altre parole, il legittimario ha il diritto di ricevere dalla successione del defunto un quantum determinato dalla legge, ma il de cuius può individuare liberamente da quali beni ereditari la quota di riserva deve essere composta. Ciò, in particolare, può essere fatto sia con una disposizione testamentaria a titolo particolare (institutio ex re certa o divisione del testatore), sia con una disposizione a titolo particolare (legato): in quest’ultimo caso, tra l’altro, il testatore può realizzare diversi tipi di legato in favore del legittimario, ognuno con una specifica disciplina, alla cui analisi è dedicato il presente contributo.

Il legato in conto di legittima

Il legato in conto di legittima non è espressamente previsto dalla normativa codicistica, ma è frutto di una ricostruzione dottrinale. Con tale dicitura, gli Autori si riferiscono al legato in favore del legittimario che opera come un acconto sulla quota di riserva a lui spettante.
All’apertura della successione, invero, il legittimario acquista immediatamente il legato (cfr. art. 649 del Codice civile) e, in aggiunta a questo, consegue dall’eredità quanto manca a colmare la differenza tra il valore del legato ed il valore della quota di riserva.

Ad esempio, si pensi al caso in cui il valore della quota di riserva di Tizio, figlio del defunto Tizione, è pari ad euro 1.000.000 ed il padre prevede per testamento un legato in favore di Tizio avente ad oggetto un appartamento in Roma del valore di euro 700.000 un’istituzione ereditaria nel residuo suo patrimonio in favore della moglie Tiziona. In questa ipotesi, alla morte di Tizione, Tizio acquista automaticamente l’appartamento legato ed ha il diritto di agire in riduzione contro la madre per ottenere gli ulteriori 300.000 euro che gli spettano per comporre la quota di riserva.

È, dunque, evidente che il legato in conto di legittima grava sulla porzione indisponibile del patrimonio del defunto, dovendo appunto essere imputato il suo valore alla quota del legittimario-legatario e, solo per l’eventuale eccedenza, sulla porzione disponibile.
Conseguentemente, visto che il legato in conto altro non è che uno strumento tecnico che permette al testatore di “comporre qualitativamente” parte della riserva del beneficiario, allo stesso si applica il divieto di pesi e condizioni sulla legittima, sancito dall’art. 549 del Codice civile. Pertanto, tutti i pesi (per tali intendendosi, ad esempio, oneri e sublegati obbligatori) e le condizioni apposti al legato in conto saranno validi solo per la parte di valore eventualmente eccedente la quota di riserva, considerandosi per il resto nulli (dunque, come non apposti).
Si precisa, da ultimo, che, nel silenzio del testamento, il legato disposto in favore di un legittimario si considera sempre in conto di legittima.

Il legato in sostituzione di legittima

Il legato in sostituzione di legittima è previsto e disciplinato dall’art. 551 del Codice civile e consente al testatore di realizzare un vero e proprio stralcio del legittimario, il quale consegue esclusivamente quanto legato, non potendo chiedere alcunché in aggiunta (salvo quanto infra osservato in relazione al legato in sostituzione con diritto al supplemento), a prescindere dal valore di quanto ricevuto.

La norma citata, tuttavia, prevede per tale legato un particolare meccanismo di operatività. Invero, il legato in esame offre al legittimario-legatario una scelta: quest’ultimo può decidere se conseguire il solo legato, oppure rinunciare al legato a conseguire l’intera legittima.
Ciò posto, qualora il legittimario decida di conseguire il legato, il valore di quest’ultimo grava sulla quota indisponibile del patrimonio (e sulla disponibile solo per l’eventuale eccedenza), ma ad esso eccezionalmente non si applica il divieto di pesi e condizioni ex art. 549 del Codice civile, come espressamente previsto dalla norma medesima (“…salva l’applicazione delle norme contenute nel titolo IV di questo libro”: il riferimento è al legato in sostituzione di legittima e alla cosiddetta cautela sociniana, di cui all’art. 550 del Codice civile).
La ratio di tale previsione è da ricercare proprio nel funzionamento del legato in sostituzione, che, al pari della cautela sociniana, pone il legittimario di fronte ad una scelta. Costui, dunque, non subirà mai un pregiudizio a causa del legato, in quanto può sempre rifiutarlo e conseguire esattamente ciò che gli spetta per legge, quindi, è giusto che sia il legittimario-legatario a valutare la convenienza o meno del legato disposto in suo favore, anche eventualmente gravato dal peso, rispetto a quanto gli spetta per legge.
Sotto il profilo della natura giuridica, tale attribuzione si configura come un legato a condizione risolutiva potestativa che il legittimario rinunci e scelga di conseguire la quota di riserva.

Vi sono poi alcune questioni su cui la dottrina di è interrogata in merito al legato in sostituzione, alle quali non è stata, ad oggi, data una risposta unanime.
In primo luogo, ci si è chiesti se il legato in sostituzione abbia o meno efficacia diseredativa: in altre parole, qualora si apra la successione legittima, il legittimario-legatario vi concorre, potendo dunque cumulare quanto acquistato per legato con quanto devoluto a titolo di successione ab intestato, oppure no? Sebbene si tratti di questione discussa, appare prevalente, e preferibile, la teoria negativa (cioè, qualora il testatore intenda diseredare in legittimario-legatario, deve farlo espressamente), che afferma che il legato in sostituzione ha solo funzione tacitativa della legittima (cioè, la mancata rinuncia al legato impedisce l’esperimento dell’azione di riduzione), non anche diseredativa.
Ulteriormente, non vi è unanimità di vedute in merito all’esatto ambito di applicazione di tale efficacia tacitativa. In particolare, ci si chiede se il legato in sostituzione sia tacitativo anche dei diritti del coniuge ex art. 540 comma 2 del Codice civile e dei diritti del coniuge separato con addebito ex art. 548 comma 2 del Codice civile. Sebbene si tratti di questione ad oggi controversa, si ritiene più tuzioristico accogliere la tesi negativa, soprattutto in relazione ai diritti del coniuge separato con addebito, stante la natura alimentare a questi attribuita da parte della dottrina. È, tuttavia, sempre possibile raggiungere un effetto analogo, se desiderato dal testatore, apponendo al legato in sostituzione la condizione risolutiva della mancata rinuncia da parte del legatario a tali diritti entro un certo termine dall’apertura della successione.
In secondo luogo, la dottrina si è interrogata sulle conseguenze della previsione di un legato sostitutivo di valore inferiore al valore della riserva: sul punto, è prevalente l’opinione secondo cui la parte di riserva che sarebbe spettata al legittimario-legatario si accresce in favore degli altri legittimari (non accrescendo invece la quota disponibile del patrimonio, come pure è stato sostenuto).

Il secondo comma dell’art. 551 del Codice civile prevede, poi, il cosiddetto legato in sostituzione con diritto al supplemento, per tale intendendosi il legato sostitutivo che, per espressa previsione testamentaria, il legittimario-legatario può conseguire senza privarsi della facoltà di chiedere l’eventuale supplemento (cioè, l’eventuale differenza positiva tra il valore della riserva ed il valore del legato).

Questione controversa è stata, tradizionalmente, quella della natura giuridica di tale legato sostitutivo con facoltà di chiedere il supplemento, essendo state sul punto elaborate tre diverse tesi. Secondo alcuni Autori, si tratterebbe, in realtà, di un legato in conto di legittima, in forza del quale il legittimario consegue il legato ed ottiene quanto ancora a lui spettante agendo in riduzione. Altra parte della dottrina ha, invece, affermato che si tratterebbe non di un vero e proprio legato, ma di una institutio ex re certa nella quota di riserva, in cui il legittimario solo in parte è apporzionato dal testatore (con il legato). È, tuttavia, senza dubbio prevalente e preferibile la tesi secondo cui la figura in oggetto è un legato in sostituzione di legittima a tutti gli effetti, a cui si affianca un diritto di credito del legittimario verso gli eredi avente ad oggetto una somma di denaro pari alla differenza di valore tra la quota di riserva e quanto legato, tutelato da un’azione obbligatoria.

Il legato con dispensa da imputazione

Il legato disposto in favore di un legittimario è detto con dispensa da imputazione quando, per espressa volontà del testatore, il diritto legato costituisce un’aggiunta quantitativa rispetto alla riserva del legittimario: quest’ultimo, infatti, trattiene il bene legato e consegue altresì l’intera quota di riserva.
Tale legato è contemplato dal legislatore solo in via indiretta, laddove l’art. 564 comma 2 del Codice civile prevede che “in ogni caso il legittimario, che domanda la riduzione di donazioni o di disposizioni testamentarie, deve imputare alla sua porzione legittima le donazioni e i legati a lui fatti, salvo che ne sia stato espressamente dispensato”.

Il legato in discorso, dunque, grava interamente sulla quota disponibile del patrimonio, fino all’esaurimento del valore della stessa (gravando sulla porzione indisponibile solo per l’eventuale eccedenza, il cui valore il legittimario dovrà dunque imputare alla propria quota di riserva), e, conseguentemente, non opera il divieto di pesi e condizioni ex art. 549 del Codice civile, il quale, come più volte sottolineato, si riferisce alla sola riserva del legittimario.

Il legato in composizione di quota

Da ultimo, vale la pena di spendere alcune brevi considerazioni sulla figura solo di recente delineata dalla dottrina notarile del legato in composizione di quota.
Tale attribuzione viene anche definita come legato divisionis causa, seppure solo in senso atecnico, in quanto, sotto il profilo quantitativo, realizza un effetto molto simile a quello proprio della divisione del testatore.

La figura in esame ricorre tutte le volte in cui il testatore dispone un legato in favore di un erede, legittimario o meno, ponendone il peso a carico del solo legatario medesimo. Valga, in proposito, il seguente esempio: Tizio istituisce suoi eredi universali nelle quote di un terzo ciascuno gli amici Primo, Secondo e Terzo e poi lega in favore di Primo ed a carico di Primo medesimo un appartamento in Roma; all’apertura della successione, Primo conseguirà immediatamente il legato, mentre conseguirà altresì la quota ereditaria solo se e nella misura in cui il valore di questa ecceda il valore del legato.

Sebbene, dunque, sono evidenti dei punti di contatto, quoad effectum, tra il legato in composizione di quota e la divisione del testatore ex art. 734 del Codice civile, le due figure non sono sovrapponibili, in quanto, in primo luogo, in caso di legato in composizione, il legatario può scegliere di rinunciare al legato e chiedere l’intera quota ereditaria (viceversa, in caso di divisione del testatore, l’erede che decida ci accettare l’eredità non può rinunciare alla sola assegnazione, al fine di comporre diversamente la propria quota). In secondo luogo, neanche per un istante logico si crea la comunione ereditaria sul bene legato (viceversa, nonostante l’effetto diretto della divisione del testatore, la dottrina è consolidata nell’affermare che, in caso di assegnazioni ex art. 734 del Codice civile, vi sia un istante logico in cui tutti i beni cadono in comunione ereditaria tra gli eredi e che tale comunione sia poi immediatamente sciolta dal testatore medesimo, tramite le assegnazioni fatte a ciascun erede).