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I parcheggi e le pertinenze

Il regime di circolazione dei parcheggi risulta essere piuttosto articolato. E’ necessario, infatti, distinguere tre categorie di parcheggi:
1. Parcheggi liberi;
2. Parcheggi cd. Ponte;
3. Parcheggi cd. Tognoli.

Parcheggi liberi

I parcheggi liberi sono quelli che non risultano assoggettati ad alcuna limitazione della circolazione ed, oltretutto, sono liberamente trasferibili.

Parcheggi cd. Ponte

I parcheggi cd. Ponte sono i parcheggi realizzati in virtù della L. 765/1967; quanto al regime di circolazione, si delineano diverse fasi temporali, scandite da un complesso iter legislativo e da importanti interventi giurisprudenziali.

1) Fase 1- dal 1967 al 1985
Art 41 sexies comma 1°-L. agosto 1967 n. 765

La legge in esame impone la realizzazione di appositi spazi adibiti a parcheggio per i fabbricati edificati in data successiva alla sua entrata in vigore.
Con riguardo al regime di circolazione vi sono due tesi:

a) Tesi 1: La norma impone la destinazione a parcheggio di una determinata area, ma non limita in alcun modo la circolazione dal punto di vista soggettivo.
Tale norma si propone di regolare il rapporto intercorrente tra il costruttore del parcheggio e la Pubblica Amministrazione da un punto di vista urbanistico, non rilevando in questo caso i rapporti tra i privati. Il costruttore ha quindi la facoltà di riservarsi la proprietà e l’uso dei posti auto, oppure può decidere di cederla a terzi, anche non condomini, purché la destinazione d’uso a parcheggio rimanga comunque inalterata.

b) Tesi 2: La norma crea un diritto reale d’uso in favore dell’utilizzatore dell’unità immobiliare, di cui lo spazio a parcheggio costituisce pertinenza. In altre parole, la normativa produrrebbe effetti non solo nei rapporti tra costruttore e Pubblica Amministrazione, ma anche nei rapporti tra privati. Pertanto, è possibile disporre della proprietà del parcheggio, benché gravata da diritto reale d’uso spettante all’utilizzatore dell’unità immobiliare di cui il parcheggio stesso costituisce pertinenza.

2) Fase 2- dal 1985 al 2005
Art 26-L. 28 febbraio 1985 n. 47

La citata normativa del 1985 ha modificato la L. 765/1967 aggiungendo all’art 41 sexies il comma 2°, il quale asserisce che: “ gli spazi di cui all’art 18 L. 6 agosto 1967 n. 765, costituiscono pertinenze delle costruzioni, ai sensi e per gli effetti degli artt. 817, 818 e 819 c.c.

Il richiamo all’art 818 c.c., in particolare al comma 2°, avrebbe dovuto implicare la legittimità dell’alienazione del parcheggio separatamente dall’appartamento di cui costituisce pertinenza. Tuttavia, la giurisprudenza non ha interpretato in tal senso il mutamento normativo.

Le Sezioni Unite della Cassazione, infatti, da un lato hanno confermato l’indissolubile vincolo tra il parcheggio e l’unità immobiliare, dall’altro hanno definito i parcheggi liberamente alienabili, purché venga conservata la destinazione d’uso a favore dell’utilizzatore dell’appartamento connesso. Inoltre, in caso di scissione tra proprietà dell’area destinata a parcheggio e la relativa unità immobiliare, si crea ex lege sulla prima un diritto reale di uso esclusivo a favore dell’utente dell’unità immobiliare, quale limitazione legale al diritto di proprietà per scopo pubblicistico.

Ne consegue che, in caso di compravendita immobiliare posta in violazione del vincolo pertinenziale, il trasferimento si considera valido, ma si instaura ex lege un diritto reale d’uso sullo spazio pertinenziale adibito a parcheggio in favore dell’utilizzatore dell’unità immobiliare.

Per quanto riguarda, invece, la sorte dei parcheggi realizzati in eccedenza rispetto a quanto previsto dalla Legge Ponte, sembra prevalere l’opinione secondo cui essi non sono soggetti ad alcun vincolo d’uso poiché tale estensione del vincolo porterebbe al disconoscimento della distinzione tra parcheggi conformi allo standard legale e quelli eccedenti lo stesso e perché le norme imperative del diritto di proprietà non sono suscettibili di interpretazione analogica.

3) Fase 3: Dal 2005
Art 12 comma 9°- L. 28 novembre 2005 n. 246

La suddetta normativa ha modificato l’art 41 sexies comma 2° della L. 765/1967 prevedendo che: “ gli spazi per parcheggi realizzati in forza del 1°comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d’uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono autonomamente trasferibili da esse”.

In riferimento all’applicazione temporale della normativa in commento è preferibile seguire la tesi secondo cui essa non ha carattere interpretativo e quindi trova applicazione solo per il futuro, in particolare, tale normativa si applica solo alle costruzioni realizzate dopo la sua entrata in vigore (16 dicembre 2005) ed esclusivamente qualora il primo atto di trasferimento sia successivo a detta data.

Pertanto, per le costruzioni realizzate prima dell’entrata in vigore della normativa in commento, continua a sussistere in favore dell’utilizzatore dell’unità immobiliare un diritto legale d’uso sullo spazio adibito a parcheggio, insuscettibile di rinuncia.

Parcheggi cd. Tognoli

I parcheggi cd. Tognoli sono regolati dall’art 9 della L. 122/1989 e sono quei parcheggi realizzati in edifici già esistenti, con una serie di facilitazioni urbanistiche. All’interno di tale categoria, si distinguono i parcheggi realizzati su terreni di proprietà privata e i parcheggi realizzati su terreni di proprietà pubblica (cd. parcheggi su aree comunali).

1) Parcheggi realizzati su terreno di proprietà di privati
Tali parcheggi costituiscono una pertinenza immobiliare cui accedono; tuttavia possono anche essere trasferiti separatamente da quest’ultima, purché destinati contestualmente a costituire una pertinenza di un’altra unità immobiliare sita nello stesso Comune.

Il 1° comma del sopramenzionato art 9, infatti, recita quanto segue:” I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché‚ non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell’uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai Ministeri dell’ambiente e per i beni culturali ed ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90 giorni. I parcheggi stessi ove i piani del traffico non siano stati redatti, potranno comunque essere realizzati nel rispetto delle indicazioni di cui al periodo precedente.

Il comma 5° della medesima norma, nel suo primo periodo si occupa della disciplina di circolazione di questa categoria di parcheggi, prevedendo che: “ Fermo restando quanto previsto dall’art 41-sexies, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni, e l’immodificabilità dell’esclusiva destinazione a parcheggio, la proprietà dei parcheggi realizzati a norma del comma 1 può essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali, solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune. I parcheggi realizzati ai sensi del comma 4 non possono essere ceduti separatamente dall’unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale e i relativi atti di cessione sono nulli, ad eccezione di espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata con il comune, ovvero quando quest’ultimo abbia autorizzato l’atto di cessione”.

La suddetta disciplina relativa ai limiti della circolazione si applica agli atti traslativi della proprietà, agli atti costitutivi di diritti reali e personali di godimento (sia a titolo gratuito sia a titolo oneroso) ed ai negozi a causa di morte.

Secondo la dottrina prevalente, invece, non rientrerebbero nel campo applicativo di tale normativa né la vendita coattiva a seguito dell’espropriazione forzata, né l’espropriazione forzata in quanto si tratta di atti che prescindono totalmente dalla volontà del proprietario.

A riguardo ci si è posti il seguente quesito: “può costituirsi un’ipoteca sul solo parcheggio o sulla sola unità abitativa?”

Sul punto vi sono due tesi contrapposte:

a) Tesi 1: Secondo parte della dottrina non sarebbe possibile perché nel divieto di cessione dovrebbero essere inclusi anche gli atti costituitivi di diritti su cosa altrui, poiché lo scopo ultimo della proibizione è di impedire la stipula di atti che possono in qualche modo legittimare un’utilizzazione separata dei due beni;

b) Tesi 2: Secondo un’altra impostazione, che è preferibile seguire, è possibile tale costituzione di ipoteca per due motivi:

1. L’ipoteca, anche se idonea a costituire una causa legittima di prelazione, non determina il trasferimento di alcun diritto e, dunque, la semplice costituzione della garanzia si colloca al di fuori dell’ambito applicativo del 5° comma dell’art 9;

2. Il divieto di cessione è limitato alla manifestazione della volontà negoziale diretta a separare la titolarità del box da quella dell’unità abitativa.

Favorevole a questa impostazione è anche un recente studio del CNN, il quale ammette espressamente l’iscrizione dell’ipoteca sul solo appartamento o sul solo box auto, in quanto, in mancanza di una specifica determinazione in sede di iscrizione, sono gravate da ipoteca tutti i beni mobili o immobili destinati in modo durevole al servizio o all’ornamento del bene principale ipotecato. Pertanto, in mancanza di una specifica menzione, l’ipoteca si estende automaticamente anche sul box auto.

Tuttavia, il vincolo pertinenziale potrebbe dissolversi nel caso in cui il creditore privilegiato chieda l’espropriazione di uno solo dei beni ipotecati. In tal senso, nessun addebito può essere mosso nei confronti del proprietario, non essendovi un’espressa volontà negoziale tesa alla separazione dei beni.

2) Parcheggi realizzati su aree comunali
Tali parcheggi, realizzati sul suolo pubblico, costituiscono oggetto di diritto di superficie concesso dal Comune in favore di soggetti privati. La proprietà superficiaria del parcheggio non può essere trasferita separatamente dall’unità immobiliare di cui costituisce pertinenza, a meno che ciò non sia espressamente consentito dalla convenzione costitutiva del diritto di superficie, ovvero dal trasferimento autorizzato dal Comune medesimo mediante un successivo provvedimento autorizzativo.

Il 4° comma dell’art .9 contiene la seguente disciplina relativa ai parcheggi su aree comunali: “ I comuni, previa determinazione dei criteri di cessione del diritto di superficie e su richiesta dei privati interessati o di imprese di costruzione o di società anche cooperative, possono prevedere, nell’ambito del programma urbano dei parcheggi, la realizzazione di parcheggi da destinare a pertinenza di immobili privati su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse. Tale disposizione si applica anche agli interventi in fase di avvio o già avviati. La costituzione del diritto di superficie è subordinata alla stipula di una convenzione nella quale siano previsti.

Il secondo periodo del 5° comma della medesima norma, invece, relativamente alla disciplina sulla circolazione degli stessi dispone che: “I parcheggi realizzati ai sensi del comma 4 non possono essere ceduti separatamente dall’unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale e i relativi atti di cessione sono nulli, ad eccezione di espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata con il comune, ovvero quando quest’ultimo abbia autorizzato l’atto di cessione.

Le pertinenze: caratteristiche generali

Occorre spendere qualche parola anche sul concetto di “pertinenza” inteso in senso generale e su quelle che sono le sue caratteristiche principali.
Le pertinenze di cui all’art 818 c.c. sono dei beni giuridici dotati di una propria autonomia funzionale che, in conseguenza di un atto di destinazione compiuto dal proprietario, vengono destinati a servizio od ornamento di un altro bene in modo durevole.

Nesso di pertinenza

Il nesso di pertinenza tra beni giuridici può intercorrere tra beni mobili ( es. l’autoradio e l’automobile), tra un bene mobile e un immobile ( es. l’antenna televisiva installata sul lastrico solare di un edificio) o tra due immobili ( es. un posto macchina e un appartamento).

In tal senso, le pertinenze identificano una speciale connessione tra due beni giuridici.

Elementi della pertinenzialità

Il carattere di pertinenzialità è il risultato di due fattori:

a) l’oggettiva destinazione di un bene a servizio od ornamento di un altro bene

b) la volontà del proprietario di instaurare tale rapporto di destinazione

Si ritiene che tale atto di volontà non debba rivestire alcuna forma particolare.

Le pertinenze sono sottoposte a un particolare regime di circolazione, come dispone l’art. 818 c.c.

Esse, infatti, pur potendo formare oggetto di autonomi atti di disposizione, seguono sempre la cosa principale quando la proprietà di quest’ultima viene trasferita, se non sia diversamente disposto.

Si pensi ad esempio ad uno spazio utilizzato come autorimessa, destinato a pertinenza di un’abitazione: lo stesso verrà venduto assieme alla casa, anche se di esso non si faccia esplicita menzione nel contratto di vendita (cfr. art. 818 c.c., secondo cui “gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa principale comprendono anche le pertinenze, se non è diversamente disposto“).

Va notato che, a norma del terzo comma del citato art. 818 c.c., la cessazione della qualità di pertinenza non è opponibile ai terzi i quali abbiano anteriormente acquistato diritti sulla cosa principale.

Al riguardo, la Corte di Cassazione ha chiarito che la cessazione del vincolo pertinenziale non può avvenire per un atto di volontà del proprietario che abbia già trasferito la cosa principale, sicché l’alienazione della cosa accessoria (da questi compiuta successivamente) a favore di un terzo non è opponibile all’anteriore acquirente della cosa principale (che avrà già acquisito la proprietà anche sulla cosa accessoria, in forza dello stesso atto) (Cass. civ., n. 18651/2013).

Atto di destinazione e i diritti dei terzi

Un’altra importante disposizione in tema di pertinenze è quella contenuta nell’art. 819 c.c.

In base a tale norma, la destinazione di una cosa al servizio o all’ornamento di un’altra non pregiudica i diritti preesistenti su di essa a favore dei terzi: non si può, in sostanza, destinare a pertinenza un bene che appartenga ad altri.

Tuttavia, se si tratta di beni immobili (o di beni mobili registrati), i diritti dei terzi possono essere fatti valere solo se derivano da atti con data certa anteriore rispetto all’atto di destinazione compiuto dal proprietario di buona fede della cosa principale. Se, invece, un soggetto acquista il bene immobile principale ben sapendo (quindi, in malafede) che il bene che vorrebbe destinare a pertinenza appartiene a un soggetto diverso dall’alienante, il diritto del proprietario di quest’ultimo bene potrà essere fatto valere contro l’acquirente con ogni mezzo. A tal proposito, occorre fare riferimento anche a quanto asserito dalla sentenza della Cassazione civile n. 27636/2018, secondo cui: “la costituzione del rapporto pertinenziale presuppone che il proprietario della cosa principale abbia anche la piena disponibilità della pertinenza“.