Skip to main content
News

La rideterminazione del valore dei terreni 2023

Con la legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge finanziaria per il 2023) (art. 1, commi 108 e 109), è stata riproposta la possibilità di affrancamento delle plusvalenze relative a terreni edificabili o agricoli, ma con l’aliquota dell’imposta sostitutiva maggiorata rispetto al passato ossia con l’aliquota del 16%.

Al riguardo si rammenta che per l’anno di imposta 2022 l’aliquota era pari al 14%, per gli anni di imposta 2011 e 2020 l’aliquota era pari all’11%, per l’anno di imposta 2019 l’aliquota era pari al 10%, per gli anni di imposta 2015, 2016, 2017, 2018 l’aliquota era pari all’8% mentre per gli anni di imposta sino al 2014 l’aliquota era pari al 4% (così come prevista originariamente dall’art. 7, comma 2, della legge 28 dicembre 2001 n. 448); l’art. 1, comma 109, Legge 197/2022, per l’anno di imposta 2023, dispone che l’aliquota …. è pari  al 16 per cento

Pertanto, sulla base delle nuove disposizioni, si potranno affrancare, sino al 15 novembre 2023 i terreni posseduti alla data del 1° gennaio 2023 e ciò pagando il 16% del valore del terreno stesso alla data del 1° gennaio 2023 risultante da apposita perizia da formalizzare entro il 15 novembre 2023.

Il valore determinato in perizia non può essere incrementato degli oneri inerenti ad eccezione della spesa sostenuta per la redazione della perizia (Circ. Agenzia delle Entrate n. 1/E del 22 gennaio 2021).

Possono beneficiare della particolare disciplina in tema di rivalutazione del valore di terreni mediante pagamento dell’imposta sostitutiva del 16%:

persone fisiche (che possiedono il terreno non in regime di impresa);
società semplici (comprese le società ed associazioni ad esse fiscalmente equiparate ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 – T.U.I.R.);
enti non commerciali (con riferimento ad operazioni effettuate al di fuori delle attività commerciali eventualmente effettuate);
soggetti non residenti le cui plusvalenze sono imponibili in Italia.

L’imposta sostitutiva deve essere pagata o in un’unica soluzione entro il suddetto termine del 15 novembre 2023 o può essere rateizzata in tre rate annuali di pari importo con scadenza 15 novembre 2023, 15 novembre 2024 e 15 novembre 2025 (sull’importo delle rate al 15 novembre 2024 e 15 novembre 2025 sono dovuti gli interessi nella misura del 3% annuo). La rideterminazione dei valori e la conseguente obbligazione tributaria si considerano perfezionate con il versamento dell’intero importo dell’imposta sostitutiva, ovvero, in caso di pagamento rateale, con il versamento della prima rata (cfr. Circolare Agenzia delle Entrate n. 20/E del 18 maggio 2016, § 11). Pertanto, coloro che abbiano effettuato il versamento dell’imposta dovuta ovvero di una o più rate della stessa, qualora in sede di determinazione delle plusvalenze realizzate per effetto della cessione dei terreni non tengano conto del valore rideterminato, non hanno diritto al rimborso dell’imposta pagata e sono tenuti, nell’ipotesi di pagamento rateale, ad effettuare i versamenti successivi (Circ. Agenzia delle Entrate n. 1/E del 22 gennaio 2021).

Nel caso di versamento dell’intero importo o della prima rata oltre il predetto termine del 15 novembre 2023, la rivalutazione non può considerarsi perfezionata e il contribuente non può utilizzare il valore rideterminato al fine di determinare l’eventuale plusvalenza, fermo restando la possibilità di poter chiedere a rimborso quanto versato.

Rimane ferma la possibilità (introdotta dall’art. 7, comma 2, lett. ee) e segg. D.L. 13.5.2011 n. 70 convertito con legge 12.7.2011 n. 106), di compensare l’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rideterminazione con quanto già nel passato versato a titolo di imposta sostitutiva in occasione di precedente rideterminazione. La nuova norma non richiama espressamente la disposizione dell’art. 7, comma 2, lett. ee) e segg. D.L. 13.5.2011 n. 70 convertito con legge 12.7.2011 n. 106, che ha introdotto la possibilità di compensazione, né riproduce una disposizione di identico contenuto, limitandosi, invece, a richiamare la disposizione dell’articolo 7 legge 28 dicembre 2001 n. 448. Si ritiene, peraltro, che la disposizione dell’art. 7, comma 2, lett. ee) e segg. D.L. 13.5.2011 n. 70 convertito con legge 12.7.2011 n. 106 sia divenuta una disposizione “di sistema”, in quanto:

(i)  il suddetto art. 7, comma 2, lett. ee) D.L. 70/2011 fa riferimento ai soggetti che si sono avvalsi della rideterminazione dei valori di acquisto di cui all’art. 7 legge 28.12.2001 n. 448 ed appare quindi strettamente “collegata” a quest’ultima disposizione;

(ii) a sua volta la norma della legge 197/2022, in commento, stabilisce che alla rideterminazione dei valori dalla stessa prevista, si applica proprio la disposizione dell’art. 7 legge 28.12.2001 n. 448;

La possibilità di compensazione è stata comunque confermata, con riguardo all’imposta sostitutiva dovuta per il periodo di imposta 2021, dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 1/E del 22 gennaio 2021: “Nel caso in cui sia stata effettuata una nuova perizia dei beni detenuti alla data del 1° gennaio 2021, è possibile scomputare dall’imposta sostitutiva dovuta l’imposta sostitutiva eventualmente già versata in occasione di precedenti procedure di rideterminazione effettuate con riferimento ai medesimi beni.” La stessa soluzione può valere per analogia anche per l’imposta dovuta per l’anno 2023.

I soggetti che non effettuano la compensazione con l’imposta pagata in precedenza possono sempre chiederne il rimborso, ai sensi dell’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602; il termine di decadenza (48 mesi) per la richiesta di rimborso decorre dalla data in cui si verifica la duplicazione del versamento e cioè dalla data di pagamento dell’intera imposta sostitutiva dovuta per effetto dell’ultima rideterminazione effettuata ovvero dalla data di versamento della prima rata; l’importo del rimborso non può, comunque, essere superiore all’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore effettuata (in questo senso anche la suddetta Circolare Agenzia delle Entrate n. 1/E del 22 gennaio 2021).

La nuova rideterminazione potrà essere pertanto utilizzata:

da chi non aveva mai utilizzato prima d’ora questa possibilità (pagando l’intera imposta sostitutiva del 16% sul valore determinato con la perizia);
da chi deve vendere a prezzo superiore a quello che risulta da una precedente rideterminazione (pagherà la differenza tra l’importo pari al 16% del nuovo valore rideterminato e l’imposta pagata in precedenza; esempio: rivalutazione al 1° gennaio 2010 su valore di €. 500.000,00; imposta pagata al 4%: €. 20.000,00 – rivalutazione al 1° gennaio 2023 su valore di €. 600.000,00 – imposta al 16%: €. 96.000,00; imposta dovuta €. 96.000,00 – €. 20.000,00 = €. 76.000,00); in questi casi (soprattutto quanto la precedente rideterminazione è stata effettuata con l’aliquota al 4%) andrà attentamente valutata la convenienza di procedere ad una nuova rideterminazione (oggi al 16%) potendo essere meno onerosa la tassazione “ordinaria” sulla plusvalenza realizzata (tra il prezzo di vendita e il valore in precedenza rideterminato).

Da segnalare che:

(i) con la Circolare Agenzia delle Entrate n. 1/E del 15 febbraio 2013 (Telefisco 2013) si è precisato:

che la procedura di rideterminazione del valore si applica anche ai diritti edificatori di cui all’art. 5 del D.L. 70/2011, ossia ai diritti i cui atti costitutivi, modificativi e traslativi possono essere trascritti nei RR.II. ai sensi dell’art. 2643, c. 1, n. 2bis, c.c.; la rideterminazione del valore (con conseguente applicazione dell’imposta sostitutiva del 16%) può, quindi, essere utilizzata anche nel caso delle cd. “cessioni di cubatura”;
che l’omessa indicazione nel modello Unico (quadri RM o RT) dei dati relativi alla rivalutazione non pregiudica gli effetti della rivalutazione stessa

(ii) con la Circolare Agenzia delle Entrate n. 81/E del 6 novembre 2002 si è precisato:

che è possibile per i comproprietari rivalutare il valore delle rispettive quote di comproprietà;
che per i nudi proprietari e gli usufruttuari è possibile rivalutare il valore dei rispettivi diritti;
che è possibile anche la rivalutazione solo di una porzione della medesima particella catastale (ad esempio nel caso in cui solo parte di una particella sia stata dichiarata edificabile).

(iii) con la Circolare Agenzia delle Entrate n. 27/E del 9 maggio 2003 si è precisato che in caso di consolidazione dell’usufrutto alla nuda proprietà nel corso del 2003 il valore affrancabile è quello della nuda proprietà al 1° gennaio 2003 (ed ora in base all’ultima norma deve ritenersi che in caso di consolidazione dell’usufrutto alla nuda proprietà dopo il 1° gennaio 2023 il valore affrancabile sia quello della nuda proprietà al 1° gennaio 2023).

In questa Circolare si è ribadito che nel caso di terreni oggetto di successione o donazione il loro valore iniziale è quello indicato negli atti di successione e donazione (con la conseguenza che la eventuale rivalutazione effettuata dal defunto rimane priva di qualsiasi effetto e non potrà essere sfruttata dai successori in caso di vendita dei terreni caduti in successione. Inoltre, i successori, pur non potendosi avvalere della rivalutazione del loro avente causa, non possono neppure richiedere il rimborso di quanto dallo stesso pagato o interrompere i versamenti in caso pagamento rateizzato; in questo senso Cass. 30 giugno 2016 n. 13406 per la quale gli eredi non hanno diritto al rimborso dell’imposta sostitutiva pagata dal de cuius poiché l’inutilità di tale versamento è stata causata solo da un evento successivo e imprevedibile e non da un errore e omissione del contribuente; nello stesso senso Cass. ordinanza 12 aprile 2020, n. 10298).

La perizia di stima, dalla quale deve risultare il valore rideterminato alla data del 1 gennaio 2023, deve essere redatta da soggetti iscritti agli albi  degli  ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei dottori agronomi, degli agrotecnici, dei periti agrari  e dei periti industriali  edili (così dispone l’art. 7 legge 28 dicembre 2001 n. 448); si rammenta inoltre che l’art. 1, comma 428, della legge 30 dicembre 2004 n. 311 ha ampliato la platea dei soggetti abilitati alla redazione della perizia giurata di stima del valore dei terreni ai fini dell’affrancamento delle plusvalenze, ricomprendendovi anche i periti regolarmente iscritti alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ai sensi del testo unico di cui al regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011. Ai fini dell’asseverazione della perizia sono competenti, oltre alle cancellerie dei tribunali, anche gli uffici dei giudici ed i notai (Circ. Agenzia delle Entrate n. 1/E del 22 gennaio 2021).

Si sottolinea anche la rilevanza, in caso di trasferimento di un terreno, che presenta, ai fini delle imposte indirette, il valore “periziato”: infatti, giusta il disposto dell’art. 7, sesto comma, legge 448/2001 “la rideterminazione del valore di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola di cui ai commi da 1 a 5 costituisce valore normale minimo di riferimento ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta di registro e dell’imposta ipotecaria e catastale“. In pratica il valore dei terreni, ai fini dell’applicazione delle imposte di registro, di trascrizione e catastale, non può essere inferiore al valore risultante dalla perizia di “rivalutazione”. Nel caso in cui venisse dichiarato un corrispettivo inferiore al valore periziato l’Agenzia delle Entrate ben potrebbe procedere alla rettifica del valore, ai sensi dell’art. 52 D.P.R. 131/1986 (Testo Unico in materia di imposta di registro), ed alla liquidazione della maggiore imposta.

Si evidenzia che con la Risoluzione n. 53/E del 27 maggio 2015  l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che al fine di avvalersi del valore rivalutato NON è necessario che la perizia di stima debba essere asseverata prima della stipula dell’atto di compravendita con ciò adeguandosi all’orientamento fatto proprio dalla Cassazione, che in più pronunce ha avuto modo di affermare che può essere assunto come valore iniziale, in luogo del costo o del valore di acquisto, quello determinato “sulla base di una perizia giurata anche se asseverata in data successiva alla stipulazione, attesa l’assenza di limitazioni poste dalla legge a tal proposito…” (ordinanza 28 novembre 2013, n. 26714; negli stessi termini, ordinanze Sezione VI 14 maggio 2014, n. 10561; 17 ottobre 2013, n. 23660; 9 maggio 2013, n. 11062; 13 dicembre 2012, n. 22990; sentenza 30 dicembre 2011, n. 30729). Con tale Risoluzione, l’Agenzia ha così abbandonato la sua precedente posizione restrittiva, in base alla quale aveva disconosciuto l’efficacia della rivalutazione nei casi di trasferimenti di terreni posti in essere prima della asseverazione della perizia (in questo senso la Circolare n. 15/E del 1° febbraio 2002, la Circolare n. 16 del 22 aprile 2005, la Circolare n. 47/E del 24 ottobre 2011).

I dati relativi alla rideterminazione del valore dei terreni devono essere indicati nel modello di dichiarazione UNICO. In particolare, in caso di rideterminazione del valore dei terreni si deve compilare l’apposita sezione del quadro RM. Anche i contribuenti che utilizzano il modello 730 devono presentare i suddetti quadri di UNICO ed il relativo frontespizio entro i termini di presentazione di quest’ultimo modello. L’omessa indicazione nel modello Unico dei dati relativi costituisce una violazione formale, alla quale si rendono applicabili le sanzioni previste dal comma 1, dell’articolo 8 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (con un minimo di euro 258 fino ad un massimo di euro 2.065,00). In ogni caso restano impregiudicati gli effetti della rideterminazione (in questo senso la Circolare Agenzia delle Entrate n. 20/E del 18 maggio 2016, § 11e Circolare Agenzia delle Entrata n. 1/E del 22 gennaio 2021).

La rinuncia alla procedura di rivalutazione

Cosa succede se il contribuente dopo aver avviato il procedimento di rivalutazione con la predisposizione della perizia ed il pagamento della prima rata, decida poi di rinunciarvi non pagando, conseguentemente, le successive due rate?  Ha diritto al rimborso della prima rata pagata? L’Amministrazione finanziaria nega la possibilità per il contribuente di ottenere il rimborso della rata pagata, ritenendo irrevocabile la procedura di rideterminazione dei valori una volta avviata. Anche nella Circolare n. 20/E del 18 maggio 2016, § 11 e nella Circolare n. 1/e del 22 gennaio 2021 l’Agenzia delle Entrate ribadisce che qualora il contribuente, in sede di determinazione delle plusvalenze realizzate per effetto della cessione dei terreni, non tenga conto del valore rideterminato, non ha diritto al rimborso dell’imposta sostitutiva pagata ed è tenuto, nell’ipotesi di pagamento rateale, ad effettuare, comunque, i versamenti successivi (in conformità anche alla Circolare n. 35/E del 4 agosto 2004).

Sul punto la giurisprudenza tributaria ha manifestato opinioni contrastanti; a chi ha negato il diritto di rimborso uniformandosi alla posizione dell’Amministrazione Finanziaria (in questo senso Cass. 20 febbraio 2015 n. 3410, C.T.R. Lombardia 4464/1 del 7 novembre 2017) si contrappone chi, invece, ha riconosciuto il diritto del contribuente al rimborso, osservando che una volta venuta meno la possibilità di avvalersi del valore rivalutato causa il mancato pagamento dell’intera imposta sostitutiva, il pagamento della prima rata risulta essere privo di causa così da rappresentare per l’Erario un indebito arricchimento (in questo senso C.T.R. Lombardia 168/2013 e Cass. 24 aprile 2015 n. 8350). Di recente la Cassazione ha stabilito che l’opzione per l’imposta sostitutiva è una scelta volontaria che non può essere revocata dal contribuente, con la conseguenza che, ove quest’ultimo non tenga conto del valore rideterminato, non ha diritto al rimborso dell’imposta versata ed è tenuto, nell’ipotesi di pagamento rateale, ad effettuare i versamenti delle rate successive (Cass., Sez. V, 18 gennaio 2019 n. 1323; Cass. 1 dicembre 2020, n. 27387)

La cessione di fabbricato da demolire

L’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto che la cessione di un fabbricato da demolire non dovesse essere assoggettata, ai fini delle imposte dirette, alla disciplina propria delle cessioni dei fabbricati (per i quali è esclusa la realizzazione di plusvalenze tassabili in caso di cessione dopo cinque anni dall’acquisto o in caso di provenienza successoria) bensì alla disciplina propria dei terreni edificabili (sempre plusvalenti, a prescindere dalla durata del possesso e dal titolo di acquisto). A tali conclusioni l’Amministrazione Finanziaria è giunta con la Risoluzione n. 395/E del 22 ottobre 2008. In detta risoluzione l’Agenzia delle Entrate ha affermato che nel caso di cessione di un fabbricato destinato alla demolizione, non può essere considerato oggetto di compravendita il fabbricato in questione, oramai privo di effettivo valore economico, ma diversamente l’area su cui lo stesso insiste, riqualificata in relazione alla potenzialità edificatoria alla stessa riconosciuta. Di conseguenza se veniva ceduto un fabbricato (da demolire), anche se posseduto da più di cinque anni o anche se acquisito a seguito di successione, comunque la sua vendita, per effetto della posizione assunta dalla Agenzia con questa Risoluzione, avrebbe generato plusvalenza tassabile (se ed in quanto il prezzo di vendita fosse stato superiore al valore di “carico”). Con la stessa Risoluzione, peraltro, l’Agenzia delle Entrate aveva pure riconosciuto (per “coerenza”) che, nel caso di specie, doveva ritenersi applicabile la disciplina in tema di rivalutazione dei terreni tramite l’applicazione dell’imposta sostitutiva.

L’interpretazione seguita dall’Amministrazione finanziaria non ha tuttavia trovato conferma nella giurisprudenza di legittimità̀, secondo cui, ai fini dell’imponibilità̀ della plusvalenza ex articolo 67, comma 1, lettera b) del TUIR, se oggetto del trasferimento a titolo oneroso è un edificio, detto trasferimento non può̀ mai essere riqualificato come cessione di area edificabile, nemmeno quando l’edificio è destinato alla successiva demolizione e ricostruzione ovvero quando l’edificio non assorbe la capacità edificatoria del lotto su cui insiste. Si evidenziano, in particolare, i seguenti pronunciamenti della Cassazione:

Cassazione, ordinanza 24 maggio 2018, n. 12897: In materia di imposta sui redditi, come risulta dal tenore del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 81, comma 1, lett. b) (ora 67) e art. 16 (ora 17), comma 1, lett. g) bis, sono soggette a tassazione separata, quali “redditi diversi”, le “plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”, e non anche quelle di terreni già edificati. Pertanto, l’intenzione delle parti di cedere un edificio espressa nel contratto non può essere interpretata in modo da desumerne la cessione dell’area edificabile in vista della successiva demolizione”.

Cassazione, sentenza 21 febbraio 2019, n. 5088: Relativamente al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b), possono enunciarsi i seguenti principi di diritto: a) la distinzione fra edificato e non ancora edificato si pone in termini di alternativa esclusiva che in via logica non ammette un tertium genus; b) la cessione di un edificio non può essere riqualificata come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria del lotto su cui insiste; c) nella cessione di edificio, la pattuizione delle parti di demolire e ricostruire, anche con ampliamento di volumetria, non può essere riqualificata come cessione di terreno edificabile; d) il potere generale dell’Amministrazione finanziaria di riqualificare un negozio giuridico in ragione dell’operazione economica sottesa trova un limite nell’indicazione precisa di carattere tassativo del legislatore, ove – nell’esercizio di discrezionalità politica che non trascende i limiti costituzionali di cui agli artt. 3 e 53 Cost. – ha previsto per la cessione di edifici un regime fiscale/temporale e per la cessione di terreni edificabili un diverso regime fiscale”.

Cassazione, ordinanza 22 luglio 2019, n. 19642: “In tema di IRPEF, ai fini della tassazione separata, quali “redditi diversi”, delle plusvalenze realizzate a seguito di cessioni, a titolo oneroso, di terreni dichiarati edificabili in sede di pianificazione urbanistica, l’alternativa fra “edificato” e “non edificato” non ammette un “tertium genus”, con la conseguenza che la cessione di un edificio, anche ove le parti abbiano pattuito la demolizione e ricostruzione con aumento di volumetria, non può essere riqualificata dall’Amministrazione finanziaria come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria residua del lotto su cui insiste, essendo inibito all’Ufficio, in sede di riqualificazione, superare il diverso regime fiscale previsto tassativamente dal legislatore per la cessione di edifici e per quella dei terreni”.

Preso, pertanto, atto della posizione assunta dalla giurisprudenza la Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 23/E del 29 luglio 2020 ha mutato la propria posizione sull’argomento, escludendo che la cessione di un fabbricato da demolire possa essere equiparata, ai fini della determinazione della plusvalenza tassabile, alla cessione di un’area edificabile. Nella Circolare suddetta l’Agenzia conclude affermando che “in considerazione dell’indirizzo assunto dalla giurisprudenza di legittimità̀, da ritenersi consolidato, e tenuto conto dei pareri con cui l’Avvocatura generale dello Stato ha ritenuto non opportuna la prosecuzione in Cassazione dei giudizi in materia, devono considerarsi superate le indicazioni contenute nella Risoluzione n. 395/E del 2008 e, più̀ in generale, non ulteriormente sostenibili le pretese dell’Amministrazione in contrasto con i principi espressi dalla giurisprudenza richiamata”. Stessa soluzione è stata confermata dall’Agenzia delle Entrate nella successiva risposta ad interpello n. 312/2020 del 4 settembre 2020.

Vendita a prezzo inferiore a quello risultante dalla perizia

E’ possibile procedere alla vendita di un terreno ad un prezzo inferiore a quello risultante dalla perizia di rideterminazione?

Con la Circolare n. 1/E del 22 gennaio 2021 l’Agenzia delle Entrate ha ammesso tale possibilità, senza che ciò comporti la perdita della possibilità di avvalersi del valore precedentemente rivalutato, con ciò modificando integralmente la posizione precedentemente assunta.

Infatti l’Agenzia delle Entrate, in passato (Circolare 15/E del 1° febbraio 2002) aveva assunto, al riguardo, una posizione di “chiusura”, affermando che, in questo caso, si sarebbero persi i benefici della rivalutazione: in poche parole, in caso di vendita del terreno a prezzo inferiore rispetto a quello di perizia, l’Amministrazione finanziaria, nel calcolare la plusvalenza tassabile, non avrebbe tenuto conto della procedura di rideterminazione. Con la Circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013 (Telefisco 2013) l’Agenzia, pur confermando nella sostanza questa posizione, aveva anche indicato due possibili soluzioni, più favorevoli per il contribuente:

la prima soluzione (a regime) consisteva nel dichiarare comunque in atto il valore di perizia (e ciò al fine della liquidazione delle imposte di registro, di trascrizione e catastale, visto che il valore di perizia costituisce, comunque, il valore minimo di riferimento al fine del pagamento di dette imposte) precisando che detto valore è superiore al prezzo pattuito e riportato in atto; il venditore, in questo caso, ai fini del calcolo della plusvalenza potrà sempre avvalersi della rivalutazione, mentre l’acquirente dovrà pagare le imposte indirette calcolate sul maggior valore di perizia (e non sul prezzo pattuito);
la seconda soluzione consisteva nel presentare una ulteriore perizia per una nuova determinazione del valore (più basso rispetto al precedente), ferma restando la possibilità di compensare l’imposta dovuta per la nuova determinazione con quella pagata in precedenza (possibilità questa confermata anche nella Circolare Agenzia delle Entrate n. 20/E del 18 maggio 2016, § 11).

Con la Risoluzione A.E. n. 53/E del 27 maggio 2015, è stato aggiunto che, ai fini del calcolo delle plusvalenze, si poteva comunque fare riferimento al valore rivalutato qualora, pur essendo stato indicato nell’atto di cessione un valore inferiore, lo scostamento fosse poco significativo e tale da doversi imputare ad un mero errore oppure quando, anche in presenza di un corrispettivo dichiarato sensibilmente inferiore a quello periziato, fosse stata fatta comunque menzione in atto della intervenuta rideterminazione del valore del terreno (ai fini dell’applicazione delle imposte indirette).

La posizione dell’Amministrazione finanziaria sul punto era apparsa alquanto discutibile ed aveva dato luogo ad un corposo contenzioso, che ha visto il suo epilogo nel pronunciamento delle Sezioni Unite della Cassazione (Cassazione, Sezione Unite, 31 gennaio 2020, n. 2321) favorevole al contribuente: “In tema di plusvalenze di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. a) e b), per i terreni edificabili e con destinazione agricola l’indicazione nell’atto di vendita dell’immobile di un corrispettivo inferiore rispetto al valore del cespite in precedenza rideterminato dal contribuente sulla base di perizia giurata a norma della L. n. 448 del 2001, art. 7, non determina la decadenza del contribuente dal beneficio correlato al pregresso versamento dell’imposta sostitutiva, né la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di accertare la plusvalenza secondo il valore storico del bene”. Secondo Le SS.UU. della Cassazione, la possibilità di avvalersi del meccanismo agevolativo di cui al citato articolo 7, comma 1, della legge n. 448 del 2001 va intesa nel senso che, una volta verificatisi i presupposti di legge per fruire dell’imposta sostitutiva, tale meccanismo impedisce di recuperare, ai fini del computo della plusvalenza, il valore storico del bene anteriore a quello di perizia, ancorché detto valore non sia indicato nell’atto o sia indicato un valore commerciale inferiore a quello periziato, come tale inidoneo a determinare l’insorgenza di un reddito tassabile rispetto al valore periziato maggiore. A fondamento della decisione, le Sezioni Unite pongono la circostanza che non è ravvisabile alcun aggancio normativo da cui poter desumere l’esistenza di un obbligo del contribuente di allegazione del valore normale minimo di riferimento periziato e/o di fissazione del corrispettivo nel medesimo valore. Inoltre, i giudici rilevano come l’interpretazione sia pienamente coerente con la posizione che la stessa Cassazione ha assunto – sul presupposto dell’assenza di limitazioni poste dalla legge – in merito al riconoscimento del beneficio di cui all’articolo 7 della legge n. 448 del 2001 nei casi in cui la perizia sia stata asseverata successivamente alla stipula dell’atto di vendita (quest’ultima posizione già recepita dall’Amministrazione con la risoluzione n. 53/E del 2015).

Alla luce dell’indirizzo assunto dalle Sezioni Unite della Cassazione, l’Agenzia delle Entrate con la succitata Circolare n. 1/E del 22 gennaio 2021 ha dichiarato superate le indicazioni in passato fornite sul punto e quindi ammessa la possibilità di avvalersi della rideterminazione del valore ex art. 7 legge 448/2001 anche in caso di vendita a prezzo inferiore a quello risultante dalla perizia di rideterminazione.

LE NORME DI RIFERIMENTO

Art. 1 Legge 29 dicembre 2022 n. 197

Le disposizioni degli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, si applicano anche per la rideterminazione dei valori di acquisto delle partecipazioni negoziate e non negoziate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione e dei terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio 2023. Le imposte sostitutive possono essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dal 15 novembre 2023; sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo, da  versarsi contestualmente. La redazione e il giuramento della perizia devono essere effettuati entro la predetta data del 15 novembre 2023.
Sui valori di acquisto delle partecipazioni e dei terreni edificabili e con destinazione agricola rideterminati con le modalità e nei termini indicati dal comma 2 dell’articolo 2 del decreto-legge 24 dicembre 2002 n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003 n. 27, come da ultimo modificato dal comma 108 del presente articolo, le aliquote delle imposte sostitutive di cui all’articolo 5, commi 1-bis e 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come da ultimo modificato dal comma 107 del presente articolo e l’aliquota di cui all’articolo 7, comma 2, del medesimo decreto legge n. 282 del 2002, sono pari al 16 per cento.

 ART. 2, comma 2, D.L. 24.12.2002 n. 282 convertito con legge 21.2.2003 n. 27

Le disposizioni degli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, si applicano anche per la rideterminazione dei valori di acquisto delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e dei terreni edificabili  e  con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio 2013.  Le imposte sostitutive possono essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla data  del  30 giugno 2013; sull’importo delle rate  successive  alla  prima  sono dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo, da  versarsi contestualmente. La redazione e il giuramento della perizia devono essere effettuati entro la predetta data del 30 giugno 2013.

ART. 7 legge 28 dicembre 2001 n. 448  e s.m.i.

Rideterminazione dei valori di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola

1.   Agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all’articolo 81, comma 1, lettere a) e b), del testo  unico  delle  imposte  sui  redditi,  di cui al decreto del Presidente  della  Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, per i terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del 1 gennaio 2002, può essere assunto, in luogo del  costo  o  valore  di acquisto, il valore a tale data determinato sulla base di una perizia giurata di stima, cui si applica l’articolo 64  del codice di procedura civile, redatta da soggetti iscritti agli albi  degli  ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei dottori agronomi, degli agrotecnici, dei periti agrari  e dei periti industriali  edili,  a condizione che il  predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, secondo quanto disposto nei commi da 2 a 6.

2.  L’imposta  sostitutiva di cui al comma 1 è pari al 4 per cento del valore determinato a norma  del comma 1 ed è versata, con le modalità  previste  dal  capo  III  del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, entro il 16 dicembre 2002.

3.  L’imposta sostitutiva può essere rateizzata fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a partire dalla predetta data del 16  dicembre  2002.  Sull’importo delle rate successive alla prima  sono  dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo, da versarsi contestualmente a ciascuna rata.

4.  La  perizia,  unitamente  ai dati identificativi dell’estensore della  perizia e al codice fiscale del titolare del bene periziato, nonchè  alle  ricevute  di  versamento  dell’imposta sostitutiva, è conservata  dal  contribuente  ed  esibita  o trasmessa a richiesta dell’Amministrazione  finanziaria.  In  ogni  caso la redazione ed il giuramento  della  perizia  devono essere effettuati entro il termine del 16 dicembre 2002.

5. Il costo per la relazione giurata di stima è portato in aumento del valore  di  acquisto  del terreno edificabile e con destinazione agricola  nella misura in cui è stato effettivamente sostenuto ed è rimasto a carico.

6. La rideterminazione del  valore  di  acquisto  dei  terreni edificabili  e  con  destinazione  agricola  di cui ai commi da 1 a 5 costituisce  valore  normale  minimo  di  riferimento  ai  fini delle imposte   sui   redditi,  dell’imposta  di  registro  e  dell’imposta ipotecaria e catastale.

ART. 7, comma 2, lett. dd) e segg. D.L. 13.5.2011 n. 70 convertito con legge 12.7.2011 n. 106

ee) i soggetti che si avvalgono della rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazione   non   negoziate   nei   mercati regolamentati, ovvero, dei valori di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola, di cui agli articoli 5 e 7  della  legge 28 dicembre  2001,  n.  448,  qualora  abbiano  già  effettuato  una precedente rideterminazione del valore  dei  medesimi  beni,  possono detrarre dall’imposta sostitutiva dovuta per la  nuova  rivalutazione l’importo relativo all’imposta sostitutiva già versata. Al fine del controllo della legittimità della detrazione, con  il  provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate di approvazione del  modello di dichiarazione dei redditi, sono individuati  i  dati  da  indicare nella dichiarazione stessa.

ff) i soggetti che non effettuano la detrazione di cui alla lettera ee) possono chiedere il rimborso  della  imposta  sostitutiva già pagata, ai sensi dell’articolo 38  del  decreto  del  Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e il termine di decadenza per la richiesta  di  rimborso  decorre  dalla  data  del  versamento dell’intera  imposta  o  della   prima   rata   relativa  all’ultima rideterminazione effettuata. L’importo del rimborso non può essere comunque  superiore  all’importo   dovuto   in   base    all’ultima rideterminazione del valore effettuata;

gg) le disposizioni di cui alla lettera ff) si applicano anche ai versamenti effettuati entro la data di entrata in vigore del presente decreto; nei casi in cui a tale data il termine di decadenza  per  la richiesta di rimborso risulta essere scaduto, la stessa  può  essere effettuata entro il termine di dodici mesi a decorre  dalla  medesima data.

L’articolo La rideterminazione del valore dei terreni 2023 sembra essere il primo su Federnotizie.