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Riforma della Volontaria Giurisdizione: Prima Lettura

Da notizie giornalistiche abbiamo appreso che il Governo, nell’ambito della riforma della Giustizia Civile, ed in esecuzione di Legge Delega, ha approvato il Decreto Legislativo contenente nuove norme in materia di Volontaria Giurisdizione.

Il testo, non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale, diffuso in questi giorni, impone alcune prime brevi considerazioni, rimandando ulteriori approfondimenti all’entrata in vigore delle nuove norme.

La riforma si articola su due direttrici: da un lato si rimodellano le competenze giurisdizionali in materia di Volontaria rendendo il Giudice Tutelare il dominus della materia, esautorando di competenze il Tribunale in composizione collegiale, dall’altro alla competenza del magistrato si affianca il nuovo ruolo affidato al Notaio.

 

Procedendo con ordine il Decreto Legislativo abroga l’art. 375 del codice civile in materia di tutela, e inserisce le tipologie di atti a oggi contenute in detto articolo nel novellato art. 374 del c.c., con la conseguenza che la competenza ad autorizzare tutti gli atti del minore sotto tutela o dall’interdetto divengono di competenza del Giudice Tutelare, in analogia a quanto avviene già per il beneficiario di amministrazione di sostegno. (con la sola eccezione, come vedremo, della continuazione dell’attività di impresa).

Logico e coerente corollario è la modifica dell’art. 376, in tema di reimpiego, dal quale viene parimenti espunta la competenza del Tribunale,

Ma la vera rivoluzione copernicana del nuovo sistema della Volontaria Giurisdizione è il ruolo affidato al Notaio, cui viene attribuito il potere di emettere autorizzazioni in materia di atti pubblici che interessino minori, interdetti, inabilitati, beneficiari di amministrazione di sostegno, ovvero aventi ad oggetto beni ereditari, e con esclusione, pertanto, dei provvedimenti che interessano i minori emancipati.

Il primo elemento da mettere in rilievo è che la riforma ha creato una sorta di binario parallelo di competenze: la norma infatti afferma che le autorizzazioni “possono” essere richieste dalle parti al Notaio, per cui rimane ferma la possibilità per gli interessati di adire il Giudice Tutelare.

Per espressa disposizione legislativa la competenza è affidata al Notaio “rogante”. Non un qualsiasi notaio, pertanto, ma solo colui al quale è stata affidata dalle parti la stipula dell’atto pubblico cui inerisce l’autorizzazione.

È opportuno sottolineare che la norma riconnette alla stipula dell’”atto pubblico” il sorgere della competenza del Notaio. Dal momento che, anche dal punto di vista della responsabilità disciplinare e contrattuale del Notaio non sussiste più alcuna differenza tra atto pubblico e scrittura privata, ritengo non vi sia ragione di escludere l’applicazione della nuova competenza anche quando le parti ritenessero di ricorrere alla scrittura privata autenticata.

Tra l’altro, al momento dell’assunzione dell’incarico per la stipula, da cui deriva per il Notaio la competenza a emettere l’autorizzazione, il Notaio non sa ancora se opterà per l’atto pubblico o la scrittura privata, strumento che potrebbe rivelarsi utile in caso di non contestualità delle sottoscrizioni.  La norma, a mio avviso, crea un evidente e logico parallelo con l’art. 1, n. 1,  della Legge Notarile, che incardina nel Notaio incaricato della stipula dell’atto la facoltà di presentare ricorsi in materia di affari di Volontaria Giurisdizione.

Il Notaio incaricato della stipula, che diviene pertanto competente ad emettere l’autorizzazione è qualsiasi Notaio della Repubblica Italiana, senza alcuna limitazione territoriale. A sostegno di questa conclusione milita sia l’assenza di ogni riferimento alla sede del Notaio contenuta nella norma, sia la regolamentazione delle comunicazioni e del reclamo, per cui è competente l’autorità giudiziaria individuata “secondo le norme del codice di procedura civile applicabili al corrispondente provvedimento giudiziale”.

Le parti possono presentare al Notaio “richiesta scritta” (non ricorso si badi bene) personalmente o tramite “procuratore legale”. Il riferimento ad una figura non più presente nel panorama giudiziario può essere interpretata nel senso che le parti possono affidarsi non solo ad un avvocato ma anche al praticante legale c.d. “abilitato”.

L’uso del termine parti indica, a mio avviso, solo i legali rappresentanti del soggetto incapace e non anche le altre parti dell’atto, non potendosi queste ultime ingerirsi in scelte e decisioni che non competono loro.

La norma che attribuisce al Notaio la competenza ad emettere autorizzazione per atti pubblici aventi ad oggetto beni ereditari, tra l’altro, risolve in radice l’annoso conflitto di competenze tra art. 320 c.c. e 747 c.p.c. in materia di beni pervenuti al minore “a causa di morte”.

Al notaio, in funzione di Giudice Tutelare, vengono affidati anche poteri istruttori, dal momento che può sentire senza formalità parenti ed affini, e, in caso di beni ereditari, financo i legatari.

Il testo legislativo prevede, per il caso che debba essere riscosso un corrispettivo dall’incapace, che il Notaio nell’autorizzazione determini “le cautele necessarie per il reimpiego”. L’uso di tale perifrasi, e non il semplice uso del termine “reimpiego” potrebbe far ritenere che disporre le modalità di reimpiego esuli dalle competenze notarili e sia di competenza esclusiva del Giudice Tutelare. Quindi potremmo indicare l’obbligo per il legale rappresentante di versare il corrispettivo su un conto corrente intestato all’incapace, ma non già l’obbligo di utilizzarlo ad esempio per l’acquisto di un immobile.

Il provvedimento va “comunicato” dal Notaio alla cancelleria del Giudice Tutelare che sarebbe competente per l’omologo provvedimento giudiziale ed al Pubblico Ministero presso lo stesso Tribunale. La norma parla di “comunicazione” e non di “notifica”. Posto che i Notai allo stato non sono abilitati all’accesso al c.d. Fascicolo telematico, andranno a mio avviso regolamentate le modalità di questa comunicazione (a mezzo pec ad esempio).

E’ fondamentale che il mezzo di comunicazione prescelto consenta l’attribuzione di data certa, dal momento che detta comunicazione diviene il dies a quo per le impugnazioni, che vanno proposte innanzi all’autorità giudiziaria competente alla impugnazione dell’omologo provvedimento giudiziale (Tribunale del luogo di domicilio dell’incapace per tutte le autorizzazioni, con la sola eccezione del provvedimento emesso in materia di beni ereditari, “sostitutivo” del provvedimento ex art. 747 c.p.c., per cui è competente la Corte d’Appello del luogo dell’aperta successione).

L’autorizzazione diviene efficace decorsi 20 giorni dalla comunicazione “senza che sia stato proposto reclamo”.

Da tale norma derivano due importanti conclusioni: a) non è ipotizzabile per il Notaio dotare l’autorizzazione di clausola di provvisoria esecutorietà; b) il reclamo ha effetto sospensivo della esecutorietà del provvedimento.

L’autorizzazione del Notaio, come tutti i provvedimenti in materia di volontaria giurisdizione, non acquista efficacia di res iudicata ma può essere in qualunque momento modificata o revocata dall’autorità giudiziaria (non dal Notaio che l’ha emessa) fatti salvi i diritti legittimamente acquisiti dai terzi.

Il notaio non ha alcuna competenza in alcune materie, che vengono dal provvedimento legislativo riservate “in via esclusiva” all’autorità giudiziaria.

La prima riguarda le autorizzazioni per promuovere, rinunciare, transigere o compromettere in arbitri. Quale che sia la ratio di tale esclusione a mio avviso essa comprende anche le autorizzazioni per intervenire in mediazione, dal momento che in essa è innegabile l’aspetto transattivo.

La seconda riguarda la “continuazione dell’impresa commerciale”.

Essa continua ad essere di competenza del Tribunale, in composizione collegiale, e non del Giudice Tutelare, quale organo monocratico. La novella, infatti, non ha modificato l’attuale testo degli articoli 320 c.c. e 425 c.c che prevedono la competenza del Tribunale su parere, obbligatorio ma non vincolante, del Giudice Tutelare per la continuazione dell’esercizio commerciale di minori, applicabile anche agli interdetti, ed inabilitati.

È ancora prematuro esprimere giudizi sulla bontà del provvedimento legislativo o sull’impatto della nuove competenze sull’esercizio della professione.

Quel che è certo è che si tratta di competenze che necessitano di una sensibilità che esula dalle nostre abituali corde e che riguardano soggetti bisognosi di particolari cautele e dalle quali possono derivare responsabilità e conseguenze cui non siamo avvezzi.

Pertanto, soprattutto in sede di prima applicazione, sarebbe opportuno agire con prudenza e con l’attenzione verso nuove competenze che certo non mancherà alla Categoria.

Fabio Tierno, Notaio in Messina, Direttore della Scuola di Notariato “Salvatore Pugliatti”

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