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Welfare aziendale e fringe benefits negli studi notarili

A cura di Massimo D’Amore
notaio in Vaprio d’Adda

L’espressione “Welfare aziendale” indica l’insieme delle iniziative che il datore di lavoro può intraprendere per migliorare la qualità della vita dei propri dipendenti e di conseguenza rendere più appetibile il posto di lavoro.

Le forme che può assumere il welfare aziendale sono le più varie: assicurazione medica per il dipendente e per la sua famiglia, auto, telefono e computer aziendali, asili nido aziendali e via dicendo.

Volendo limitare la nostra indagine a ciò che accade negli studi notarili non possiamo non riconoscere che “grazie” al COVID la stragrande maggioranza dei nostri studi ha per la prima volta sperimentato lo smartworking che, fino al 31 dicembre 2022, può essere concesso in modalità semplificata e senza obbligo di accordi individuali.

Non sono reperibili fonti affidabili sui numeri che lo smartworking ha avuto nel nostro settore da marzo 2020 ad oggi ma, se da un lato pare sicuro un certo ridimensionamento del fenomeno dopo la fase acuta della pandemia, sarebbe miope non pensare al fatto che la possibilità di lavorare da casa alcuni giorni alla settimana possa rappresentare per i dipendenti un fattore determinante per la scelta dello studio in cui lavorare.

 

Lo smartworking è forse l’unica forma di welfare aziendale completamente gratuita ed anzi, sotto alcuni profili, foriera di risparmi per il datore di lavoro.

Fino a marzo del 2020 negli studi notarili l’unica forma di welfare aziendale utilizzata, salvo pochissime eccezioni, era costituita dai fringe benefits cioè dalla cessione di beni da parte del datore di lavoro che, nei limiti stabiliti dal legislatore, non costituiscono reddito per il dipendente e perciò non sono soggetti a tassazione né a contribuzione previdenziale.

Non mi soffermerò su quelli che nelle aziende sono tutt’oggi i principali fringe benefits (auto, telefono o computer aziendali) in considerazione della loro scarsa diffusione nell’ambito degli studi notarili.

Il più diffuso nei nostri studi è invece il “buono pasto” o “ticket restaurant” che dopo la riforma del 2019 è considerato non imponibile fino 4 euro al giorno per i buoni cartacei e fino a 8 euro al giorno per i buoni in formato elettronico; la relativa spesa è, per il datore di lavoro, interamente deducibile. Per conservare le sue prerogative di non imponibilità il “buono pasto” o “ticket restaurant” deve essere concesso a tutto il personale o a categorie omogenee ma non ad personam.

Esiste poi, sin dalla formulazione originaria del 1988, la possibilità di cedere beni o servizi ai dipendenti fino al limite di euro 258,23 senza che ciò costituisca, per il dipendente, reddito imponibile. Deve trattarsi di cessione di beni o servizi quindi non possono essere somme di denaro inserite in busta paga. Esistono tuttavia sul mercato diversi operatori dai quali è possibile acquistare “buoni benzina” o “pluriuso” il cui utilizzo, concretamente, non si discosta molto dal denaro. È previsto per questi buoni un aggio per la società emittente il buono che si aggira intorno al 3% dell’importo facciale del buono.

La normativa sul punto, ferma al limite dei 258,23 euro da diversi anni, ha subito una serie di interventi dal marzo 2020 legati prima alla pandemia, poi al “caro benzina” ed infine al “caro bollette”.

L’articolo 112 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 ha raddoppiato (da 258,23 a 516,46 euro) per il periodo d’imposta 2020 la soglia di non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente dei beni e servizi erogati gratuitamente ai dipendenti.

Tale misura è stata poi confermata, anche per l’anno 2021, dall’articolo 6-quinquies del decreto-legge n. 41/2021.

Il decreto “Aiuti-bis” (articolo 12 del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 1151, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2022, n. 142)  ha operato importanti modifiche sotto due diversi profili:

in primo luogo ha elevato, solo per il periodo d’imposta 2022, da 258,23 a 600,00, il limite di non imponibilità per la cessione di beni e servizi ai dipendenti;
in secondo luogo – e per la prima volta- ha concesso la possibilità di considerare non imponibili, nel limite di cui sopra, le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.

L’applicazione pratica di quest’ultima forma di fringe benefits è un po’ più elaborata: è necessario che il datore di lavoro acquisisca la documentazione relativa alle spese sostenute dal dipendente o, più facilmente, una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà in cui il dipendente dichiara i dettagli delle spese sostenute ed il fatto che del medesimo rimborso non abbia goduto altro membro della famiglia

La circolare 35E del 4 novembre 2022 ha poi sgombrato il campo da alcuni dubbi stabilendo che:

il fringe benefits in questione può essere dato anche ad personam;
il rimborso è possibile anche quando l’utenza è intestata al coniuge o al familiare convivente, quando la casa appartiene al dipendente o suo familiare ma anche quando è dagli stessi soggetti condotta in locazione ed anche quando la spesa (di regola il riscaldamento) è sostenuta dal condominio e poi ripartita tra i condomini;
l’eventuale superamento della soglia dei 600,00 euro rende soggetto a tassazione l’intero importo ricevuto dal dipendente e non solo l’eccedenza.

L’ultimo (per il momento) intervento legislativo viene dal decreto “Aiuti-quater” (articolo 3 comma 10 del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176) che, senza intervenire sulle modalità di erogazione del bonus, si è limitato ad innalzare il massimale da 600,00 a 3.000,00 euro.

Ma il 2022 è stato anche l’anno del “bonus carburante”: l’articolo 2 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2022, n. 511 ha stabilito che, per il solo periodo d’imposta dell’anno 2022, non concorre a formare reddito imponibile la cessione dal datore di lavoro al dipendente di uno o più buoni benzina fino a concorrenza dell’importo di euro 200,00. Si tratta di un bonus diverso ed ulteriore rispetto a quello sopra analizzato e perciò con esso cumulabile, quand’anche i primi 600,00 euro fossero stati erogati nella forma del “buoni benzina”. Anche questo bonus può essere dato ad personam e non necessariamente a tutti i dipendenti. Anche in questo caso vale il discutibile principio per cui se i buoni benzina eccedono i 200,00 euro saranno tassati per l’intero.

Atteso che le ultime disposizioni in esame sono riferite esclusivamente all’anno di imposta 2022, è opportuno ricordare che, ai sensi dell’articolo 51, comma 1, del TUIR, si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori corrisposti entro il 12 gennaio del periodo d’imposta successivo a quello a cui si riferiscono (c.d. principio di cassa allargato) quindi, ad oggi, la scadenza è fissata al 12 gennaio 2023.

Un riepilogo può aiutare a orientarsi.

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