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La prescrizione.

La prescrizione è un istituto disciplinato dagli artt 2934 ss c.c., il quale ha come effetto quello di estinguere un diritto soggettivo a causa dell’inerzia del suo titolare, la quale non lo esercita o non lo usa per un arco di tempo determinato dalla legge.

La ratio della prescrizione consiste nell’esigenza di conferire certezza ai rapporti giuridici, pertanto è un istituto di ordine pubblico non derogabile dalla volontà delle parti.

La parte in favore della quale è maturata la prescrizione può, però, sempre avere la facoltà di rinunciarvi, ma soltanto dopo il decorso del termine di prescrizione.

Tutti i diritti sono soggetti a prescrizione estintiva, fatta eccezione per alcune categorie, tra le quali si annoverano:

– Diritti della personalità;

– Diritto alla cittadinanza;

– Responsabilità genitoriale;

– Diritto di proprietà (anche il non uso è espressione della libertà riconosciuta al proprietario fino al limite dell’usucapione da parte del terzo, con la quale il proprietario perde la titolarità del bene).

Alcune azioni risultano essere imprescrittibili nel nostro ordinamento, ad esempio: le azioni di disconoscimento della paternità; l’azione di reclamo dello stato di figlio e l’azione finalizzata a far dichiarare la nullità di un negozio giuridico.

Termini e sospensione della prescrizione.

La prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto avrebbe potuto essere esercitato.

Ai sensi dell’art 2935 c.c., il termine di prescrizione non può iniziare a decorrere fintanto che il relativo diritto non possa essere fatto valere per il principio secondo cui “contra non valentem agere non currit praescriptio”.

A tal fine si tiene conto dei soli impedimenti di fatto e non anche degli impedimenti di diritto, come ad esempio quello derivante da una norma successivamente dichiarata incostituzionale.

Ovviamente, la prescrizione non può operare qualora sopraggiunga una causa che in qualche modo giustifica l’inerzia del titolare.

In questa ipotesi, si ha la sospensione della prescrizione ai sensi degli artt 2941 ss c.c., la quale opera in particolari circostanze: ad esempio se tra le parti vi sono particolari rapporti come quello di coniugio; oppure se il titolare si trova in particolari condizioni come nel caso di un minore oppure di un militare in tempo di guerra che si trova in servizio.

Le cause di sospensione della prescrizione sono tassative e sono elencate dagli artt 2941 e 2942 c.c.

La giurisprudenza prevalente ritiene, altresì, che, per quanto riguarda i crediti retributivi dei prestatori di lavoro, il decorso della prescrizione debba essere sospeso per tutta la durata del rapporto.

Effetti.

La prescrizione spiega i suoi effetti per tutto il periodo in cui gioca la causa giustificativa dell’inerzia, ma non toglie valore al periodo trascorso in precedenza e si somma al periodo successivo alla cessazione dell’evento sospensivo. Inoltre, può essere rilevata d’ufficio dal giudice, perché costituisce l’oggetto di un’eccezione in senso stretto ai sensi dell’art 2938 c.c.

Tuttavia, può essere fatta valere dai creditori e dai terzi che vi abbiano interesse.

Interruzione della prescrizione.

Anche l’interruzione della prescrizione può essere rilevata d’ufficio dal giudice ed è soggetta ad un particolare procedimento.

Il titolare del diritto avvia il procedimento attraverso la notifica di una domanda, non importa se giudiziale o arbitrale, finalizzata all’esercizio del proprio diritto. In particolare, si hanno due alternative:

– Avvio di una procedura di mediazione o di negoziazione assistita;

– Presentazione della domanda giudiziale per avviare una procedura di risoluzione giudiziale delle controversie ai sensi degli artt 141 ss cod. cons.

Il titolare del diritto può porre in essere un qualsiasi atto stragiudiziale idoneo a mettere in mora il debitore e il soggetto passivo, dal canto suo, effettua il riconoscimento dell’altrui diritto.

Con riguardo agli effetti dell’interruzione, viene meno l’inerzia del titolare e viene tolto ogni valore al tempo trascorso anteriormente.

Pertanto, il termine di prescrizione inizia di nuovo a decorrere per intero, a differenza della sospensione dove, invece, una volta interrotta, ricomincia a decorrere dal momento in cui si era verificata la sospensione. Quindi nel primo caso vi è un termine ex novo, nel secondo caso il termine è sempre quello originario.

Tipologie di prescrizione.

Il nostro ordinamento prevede diversi tipi di prescrizione:

a) Prescrizione ordinaria: ex art 2946 c.c., trova applicazione in tutti i casi in cui la legge non dispone diversamente ed ha una durata massima di dieci anni (es. azione diretta all’esecuzione del giudicato);

b) Prescrizione lunga: ha una durata maggiore corrispondente a venti anni (es. estinzione dei diritti reali su cosa altrui);

c) Prescrizione breve: disciplinata dagli artt 2947 ss c.c., ha una durata più breve di massimo cinque anni e si verifica in determinati casi previsti dal legislatore, precisamente per:

– Il diritto al risarcimento del danno conseguente ad un illecito extracontrattuale ex art 2043 c.c., che si riduce a due anni nel caso di danni derivanti dalla circolazione di veicoli. Nel caso il cui il fatto dannoso costituisce reato, per il quale sia previsto un termine di prescrizione più lungo, questo si applica anche all’azione civile di risarcimento del danno;

– I diritti a prestazioni periodiche (es. annualità di rendite e pensioni alimentari; canoni di affitto e locazione; interessi);
– I crediti da lavoro;

– L’azione di annullamento del contratto;

– L’azione revocatoria ordinaria;

d) Prescrizione dell’actio iudicati: riferita a un diritto accertato con una sentenza passata in giudicato ed è pari sempre a dieci anni, a prescindere dal termine di prescrizione originariamente applicabile al diritto in discorso (art 2953 c.c.);

e) Prescrizione brevissima: ha la durata massima di un anno (es. prescrizione dei diritti derivanti dalla mediazione, dalla spedizione e dal trasporto);

f) Prescrizione presuntiva: prevista dagli artt 2954 ss c.c., si fonda sulla presunzione che un determinato credito sia stato pagato o che si sia comunque estinto per effetto di qualche altra causa essendo trascorso un determinato periodo di tempo che può essere di: sei mesi; un anno; tre anni ecc…

Queste presunzioni legali di avvenuto pagamento di crediti sono relative a rapporti particolarmente diffusi nel tessuto sociale ed economico (es. crediti derivanti dall’alloggio in un albergo o da un rapporto di lavoro).

In tale ipotesi è la legge a presumere che si sia verificata una causa estintiva, il debitore che intende rifiutare l’adempimento che dovesse essergli richiesto una volta decorso il termine in cui matura la prescrizione presuntiva è esonerato dall’onere di fornire in giudizio la prova dell’avvenuta estinzione del credito azionato. Spetterà, dunque, al creditore offrire la prova che la prestazione non è stata eseguita dal debitore.

Quest’ultimo, infatti, ha due possibilità:

– Beneficiare dell’ammissione in giudizio, ad opera del debitore, del mancato pagamento, eventualmente desumibile anche dalla deduzione di una prescrizione estintiva, come consentito dall’art 2959 c.c.;

– Deferire giuramento decisorio alla controparte debitrice, ai sensi dell’art 2960 c.c.

La giurisprudenza ritiene che le prescrizioni presuntive, trovando ragione unicamente nei rapporti che si evolvono senza formalità, dove il pagamento suole avvenire senza dilazione, non possono operare se il credito trae origine da un contratto stipulato in forma scritta.

La decadenza.

Dalla prescrizione si distingue l’istituto della decadenza, alla base del quale vi è la fissazione da parte del legislatore di un termine perentorio entro il quale il titolare del diritto deve compiere una determinata attività, in difetto della quale l’esercizio del medesimo è definitivamente precluso.

La decadenza produce l’estinzione del diritto in virtù del fatto oggettivo del decorso del tempo (es. termine per impugnare una sentenza).

Alla decadenza non possono essere applicate le norme sull’interruzione, né quelle sulla sospensione.

Tuttavia, nel caso in cui la decadenza abbia fonte convenzionale o riguarda diritti disponibili, è interrotta anche dal riconoscimento del diritto, come previsto dall’art 2966 c.c.

La decadenza, infatti, può essere di due tipi:

a) Decadenza cd. legale;

b) Decadenza cd. convenzionale.

Inoltre, le norme sulla decadenza cd. legale non sono suscettibili di applicazione analogica.

La decadenza cd. legale può essere stabilita nell’interesse generale o nell’interesse individuale di una delle parti.

Se la decadenza legale è stabilita a tutela di un interesse generale, può anche essere rilevata d’ufficio dal giudice.

Se, invece, la decadenza legale è stabilita a tutela di un interesse individuale, essa non può essere rilavata ex officio dal giudice, ma deve essere invocata dalla parte interessata e le parti possono modificare il regime legale della decadenza o rinunciarvi.

Inoltre, la decadenza può essere anche prevista in un contratto a favore di una delle parti, in questa ipotesi si parla di decadenza cd. convenzionale (art 2965 c.c.), salvo che il termine stabilito nel contratto non renda eccessivamente difficile l’esercizio del diritto.

La decadenza cd. convenzionale, inoltre, può avere ad oggetto solo diritti disponibili.

La decadenza, tuttavia, generalmente, non è rilevabile d’ufficio perché costituisce oggetto di un’eccezione in senso stretto, a meno che non riguardi diritti indisponibili.

La decadenza relativa ai diritti indisponibili, infatti, è irrinunciabile e la relativa disciplina non può in alcun modo essere soggetta a modificazioni.