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Leasing e rent to buy

PREMESSA

Il leasing ed il rent to buy sono dei particolari contratti, entrambi espressamente disciplinati dal legislatore da normative aventi carattere speciale.

Andiamo ad esaminarli nel dettaglio.

IL LEASING: NOZIONE E NATURA GIURIDICA

Il contratto di leasing o di locazione finanziaria, disciplinato dalla L. n. 124/2017, consiste in un’operazione intrinsecamente finanziaria in quanto l’utilizzatore, avendo bisogno di un bene (prevalentemente di macchinari industriali, automobili e, talvolta, beni immobili), anziché chiedere in prestito il denaro necessario per l’acquisto, si rivolge ad un intermediario autorizzato (cd. concedente), chiedendogli di acquistare il bene dal fornitore, o di farlo costruire dal produttore, per poi darlo in godimento temporaneo allo stesso utilizzatore contro il pagamento di un canone periodico.
Il leasing si differenzia dal contratto di compravendita o di appalto, con cui il concedente compra o ordina al fornitore o produttore il bene che l’utilizzatore vuole.

L’utilizzatore, dal canto suo, si obbliga a pagare al concedente il canone per tutto il tempo concordato, assumendo ogni rischio in caso di perimento del bene o di cattivo funzionamento dello stesso. E’, altresì, essenziale l’opzione riconosciuta a favore dell’utilizzatore per l’acquisto del bene, alla scadenza del contratto, per un prezzo residuo finale; altrimenti può restituire la cosa oggetto del contratto o pattuire una proroga del contratto, proseguendo il pagamento dei canoni.

Concorrono elementi tipici di altri contratti come la locazione, la vendita a rate ed il mutuo.

TIPOLOGIE DI LEASING

Nel contratto di leasing possiamo distinguere quattro tipologie:

1. Leasing “operativo”: nel quale il locatore è anche il produttore del bene oggetto del contratto, il quale ha natura bilaterale e intercorre tra produttore ed utilizzatore;

2. Leasing “finanziario”: nel quale il locatore è un finanziatore o intermediario finanziario che acquista il bene per conto dell’utilizzatore. Il contratto, in questo caso, ha natura trilaterale poiché intercorre tra il produttore, l’utilizzatore e il finanziatore;

3. Leasing di “godimento”: nel quale risulta prevalente l’interesse dell’utilizzatore all’uso del bene per un certo periodo. Nel dettaglio, tale figura ricorre in generale quando il contratto ha ad oggetto un bene a rapida obsolescenza e, pertanto, l’utilizzatore non ha interesse ad acquistarlo alla fine del rapporto di leasing. Per tale ragione questo contratto è ritenuto assimilabile ad una locazione, sicché la giurisprudenza ha previsto che ad esso si deve applicare, in caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore, in via analogica l’art. 1458 1° comma codice civile seconda parte, e l’utilizzatore non ha diritto alla restituzione dei canoni pagati durante la vigenza del contratto;

4. Leasing “traslativo”: nel quale è prevalente l’interesse dell’utilizzatore all’acquisto della proprietà del bene al termine del periodo di utilizzazione, mediante l’esercizio del diritto di opzione. In questo caso, quindi, il bene oggetto del contratto conserva, alla data della cessazione del contratto, una sua rilevante utilità e un suo valore economico, sicché l’utilizzatore ha interesse ad esercitare l’opzione e ad acquistare il bene, il cui valore residuo è superiore al prezzo di esercizio dell’opzione tipico del leasing avente ad oggetto autoveicoli. In tal caso è ravvisabile la causa della vendita e, pertanto, la giurisprudenza ha reputato applicabile la disciplina di cui all’art. 1526 codice civile sulla vendita con riserva di proprietà, con la conseguenza che, in caso di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, il concedente deve restituire i canoni percepiti durante l’esecuzione del contratto, ma ha diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa da parte dell’utilizzatore, oltre al risarcimento del danno.

RISOLUZIONE DEL CONTRATTO DI LEASING

La nuova disciplina di cui alla L. n. 124/2017 considera grave inadempimento dell’utilizzatore, idoneo a giustificare la risoluzione del contratto, il mancato pagamento, per quanto riguarda il leasing immobiliare, di almeno sei canoni mensili o due canoni trimestrali, anche non consecutivi, mentre per i leasing finanziari diversi, di quattro canoni mensili anche non consecutivi.

In caso di risoluzione del contratto per mancato pagamento dei canoni, il concedente ha diritto alla restituzione del bene, ma è tenuto a corrispondere all’utilizzatore quanto ricavato dalla vendita del bene, dedotta la somma corrispondente all’ammontare dei canoni scaduti e non pagati, dei canoni a scadere, del prezzo pattuito per l’esercizio dell’opzione nonché per le spese anticipate per il recupero del bene, per la stima e per la sua conservazione per il tempo necessario alla vendita.

Quanto ai vizi del bene oggetto del leasing, la giurisprudenza con la sentenza a Sezioni Unite della Cassazione n. 19785/2015 che:

a) Ove i vizi siano emersi prima della consegna, per tale motivo rifiutata dall’utilizzatore, il concedente, in forza del principio di buona fede, ha il dovere di sospendere il pagamento del prezzo e di agire per la risoluzione del contratto o per la riduzione del prezzo;

b) Ove, invece, i vizi siano emersi successivamente alla consegna, perché nascosti o taciuti in mala fede dal fornitore, l’utilizzatore ha azione diretta verso il fornitore per l’eliminazione dei vizi o la sostituzione della cosa, mentre il concedente, una volta informato, ha i medesimi doveri di cui al primo caso;

c) In ogni caso l’utilizzatore può agire contro il fornitore per il risarcimento dei danni, compresa la restituzione della somma corrispondente ai canoni già eventualmente pagati.

IL SALE AND LEASE BACK

Dal contratto di leasing, il quale ha struttura trilaterale, occorre distinguere il sale and lease back, il quale ha, invece, una struttura bilaterale e non è espressamente previsto e disciplinato dall’art. 136 L. n. 124/2017.

Si tratta di un contratto di compravendita con locazione finanziaria in favore del venditore, ai sensi dell’art. 2425 bis ultimo comma codice civile, in cui il proprietario di un bene, solitamente immobile, lo aliena ad una società finanziaria, la quale, però, lo lascia in godimento all’alienante, contro il pagamento di un canone per il periodo fissato e con la facoltà per il concessionario, alla scadenza, di riacquistare la proprietà con il pagamento di un prezzo finale, ovvero di prorogare il godimento continuato continuando a pagare i canoni per un ulteriore periodo, oppure ancora di consegnare definitivamente il bene al concedente.

Nel sale and lease back vi è una coincidenza soggettiva tra il fornitore e l’utilizzatore, in quanto questo soggetto mantiene la disponibilità materiale del bene concesso in leasing, diventando oltre che possessore anche detentore dello stesso.

La vendita ha luogo dall’utilizzatore alla società e nel consenso ed oggetto del contratto occorre sempre precisare che la stessa è finalizzata ad una successiva locazione finanziaria.

Tale tipo di contratto viene di norma utilizzato da imprenditori che concedono in leasing macchinari o altri beni aziendali, al fine di autofinanziarsi.

Un problema che potrebbe essere generato nella stipula di questo contratto è la violazione del divieto del patto commissorio di cui all’art. 2744 codice civile, in quanto viene di fatto dato un bene in mano al creditore. Pertanto, si incontrano gli stessi problemi che sorgono nella vendita con patto di riscatto, con la differenza che in quel caso, però, il venditore non mantiene la disponibilità materiale del bene.

Sul punto si è pronunciata la giurisprudenza della Cassazione nel 2015 con la sentenza n. 1625, la quale ha asserito che il sale and lease back deve essere oggetto di controllo in merito alla sussistenza o meno di un patto commissorio.

Nel caso in cui la vendita del bene venga fatta a scopo di garanzia è nulla per violazione del divieto del patto commissorio, ma in caso di sale and lease back è valida se vengono rispettati i seguenti criteri in riferimento alla garanzia:

a) Verifica sulla preesistenza o meno di un rapporto di debito/credito tra l’utilizzatore e la banca o l’intermediario finanziario;

b) Verifica sulla eventuale sussistenza di un tasso di interesse eccessivamente oneroso;

c) Verifica su un’eventuale sproporzione tra il prezzo di acquisto del sale and lease back e il valore del bene;

d) Verifica su un’eventuale situazione di crisi di impresa.

Prima dell’avvento della sopra menzionata pronuncia della Cassazione, in caso di sussistenza di queste situazioni il contratto di sale and lease back era da considerarsi nullo.

Dopo il 2015, ferma restando la nullità del sale and lease back o del leasing in presenza di tali circostanze, se al contratto posto in essere con causa di garanzia viene applicata la cd. cautela Marciana, il contratto risulta valido.

La cd. cautela Marciana prevede la nomina di un perito tecnico terzo ed imparziale che si occupi di valutare tramite perizia il bene oggetto del trasferimento, in modo tale che, se questo ha un valore maggiore rispetto al credito garantito, il creditore ha l’obbligo di restituire al debitore la differenza tra il valore del bene e il credito che vanta nei confronti dello stesso.

Il perito nominato deve valutare il bene dalla data in cui è avvenuto l’inadempimento del debitore e, in caso di valore eccessivo del bene rispetto al credito, il creditore è obbligato a corrispondere la differenza (cd. delta) al debitore.

IL RENT TO BUY: NOZIONE E NATURA GIURIDICA

Il rent to buy rientra nella categoria dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di beni immobili.

Tale contratto trova una sua specifica disciplina dell’art. 23 del D. L. n. 133/2014 (cd. Decreto sblocca Italia). Questa disciplina speciale riguarda i contratti diversi dalla locazione finanziaria, i quali prevedono l’immediata concessione del godimento di un immobile con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato, imputando al corrispettivo del trasferimento una certa parte del canone pagato nel corso del contratto, che deve essere previamente indicata nel medesimo.

Se il conduttore non esercita il diritto di acquistare la proprietà, il concedente deve restituire una parte del corrispettivo incassato, infatti, le prestazioni periodiche eseguite dal conduttore non compensano esclusivamente il godimento del bene, come avviene per i canoni di locazione, ma anche l’acquisto della proprietà.

TRASCRIVIBILTA’ DEL CONTRATTO DI RENT TO BUY

Il contratto può essere trascritto ai sensi dell’art. 2645 bis codice civile, ossia secondo le modalità di trascrizione del contratto preliminare di compravendita immobiliare.

Pertanto, la trascrizione dell’acquisto da parte del conduttore prevale sulle trascrizioni di atti di acquisto di diritti a favore di terzi, sul medesimo bene, avvenuto successivamente alla trascrizione del contratto di rent to buy.

Inoltre, l’efficacia della trascrizione del rent to buy è limitata nel tempo, in quanto la trascrizione dell’acquisto deve avvenire entro dieci anni.

APPLICABILITA’ DELLA DISCIPLINA T.A.I.C. AL RENT TO BUY

Stante quanto sopra asserito in tema di trascrivibilità del rent to buy, a cui si applica in via analogica la disciplina sulla trascrizione del contratto preliminare di compravendita, occorre fare delle precisazioni sull’applicazione al suddetto tipo di contratto anche della disciplina T.A.I.C. ex D. Lgs. n.122/2005, relativa agli immobili da costruire o in corso di costruzione. L’art. 23, comma 4, D.L. 133/2014 stabilisce che se il contratto di rent to buy ha per oggetto un’abitazione, il divieto di cui all’art. 8 D. Lgs. 20 giugno 2005 n. 122, opera fin dalla concessione del godimento. Si ritiene scopo di tale norma sia quello di stabilire che ogni qualvolta torni applicabile la disciplina di cui al sopra citato art. 8, e quindi al ricorrere dei presupposti soggettivi ed oggettivi di applicazione di detta disposizione, sempreché il rent to buy abbia per oggetto un’abitazione gravata da ipoteca o pignoramento.

L’impedimento posto a carico del Notaio trova applicazione sin dal momento della stipula del rent to buy e non al momento di stipula del successivo atto traslativo (in funzione del quale l’immobile viene concesso in godimento). Nella maggior parte dei casi, l’immobile oggetto del contratto in questione sarà un edificio già completato nella costruzione e dichiarato agibile, per cui la disposizione in commento troverà applicazione nei casi in cui il rent to buy sia stato preceduto da un preliminare perfezionato quando l’immobile era ancora in corso di costruzione e le parti si siano accordate di dare attuazione agli impegni assunti con detto preliminare stipulando, in luogo del previsto atto traslativo definitivo, un rent to buy; l’art. 23 D. L. n. 133/2014, inoltre, trova applicazione anche nel caso di un preliminare, perfezionato quanto l’immobile era ancora in corso di costruzione, con il quale le parti si siano impegnate proprio alla stipula di un rent to buy ovvero nel caso di un rent to buy avente per oggetto un edificio ancora in corso di costruzione, e non ancora dichiarato agibile, e come tale rientrante a pieno titolo nell’ambito di applicazione del D. Lgs. n. 122/2005.

RISOLUZIONE DEL CONTRATTO DI RENT TO BUY

Il contratto di rent to buy si risolve in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni che le parti possono determinare liberamente, ma che non può essere inferiore ad 1/20 del loro numero complessivo.

L’esercizio del diritto di acquistare non determina l’immediato trasferimento della proprietà all’’acquirente, ma sarà necessario agire in giudizio ai sensi dell’art. 2932 codice civile per ottenere una sentenza costitutiva che trasferisca la proprietà all’acquirente.

In caso di fallimento del concedente, il contratto prosegue, mentre di regola il curatore fallimentare può sciogliersi dai contratti stipulati dal fallito.