Opzione put e opzione call in generale
Ai sensi dell’art. 1331 del Codice civile, l’opzione è il contratto con cui “le parti convengono che una di esse (concedente) rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l’altra (oblato o opzionario) abbia la facoltà di accettarla o meno”, precisando che, in questo caso, “la dichiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall’art. 1329”.
Tale contratto di opzione è fonte di due situazioni giuridiche soggettive, una attiva ed una passiva, in quanto l’opzionario, infatti, acquista un diritto potestativo, mentre il proponente si trova in una posizione di soggezione: ciò significa che, a differenza di quanto avviene, ad esempio, in caso di stipula di un contratto preliminare, nel momento in cui l’opzionario esercita il diritto di opzione l’accordo oggetto dell’opzione stessa è automaticamente perfezionato, non essendo viceversa necessaria la stipula di un secondo contratto “definitivo”.
Il contratto di opzione si è originariamente diffuso in ambito immobiliare, come accordo stipulato tra l’attuale proprietario di un immobile ed un potenziale acquirente dello stesso, nel quale il primo concede al secondo il diritto potestativo di acquistare il bene a delle condizioni prestabilite.
Il diritto di opzione, in questo caso, ha ad oggetto il diritto di “acquistare” l’immobile, tuttavia, nella prassi spesso ci si riferisce a tali accordi in termini di “opzione di vendita” o “opzione d’acquisto”, come fossero sinonimi, laddove l’unica dicitura corretta da un punto di vista tecnico è in realtà la seconda, stante il contenuto del diritto (diritto di acquistare).
Nel mondo societario, invece, non si rinviene alcuna norma, generale o speciale, avente ad oggetto il contratto di opzione; tuttavia, non vi è dubbio in ordine alla utilizzabilità del sopra riportato art. 1331 del Codice civile anche al di fuori del diritto dei contratti in generale, quindi, ad esempio, anche in ambito societario.
Invero, nel mondo delle società sono oggi molto diffusi patti parasociali (cioè accordi tra due o più soci, distinti, ma unilateralmente collegati al contratto di società, vincolanti per i soli soci parte dell’accordo) o clausole statutarie (vincolanti per tutti i soci, presenti e futuri ed opponibili alla società) che danno vita a veri e propri diritti di opzione in favore dei soci, ai quali, tra l’altro, si riconosce il merito di una maggiore precisione terminologica, sotto il profilo del contenuto del diritto attribuito.
Invero, si parla di opzione put, o put option, quando al socio opzionario è concessa un’opzione di vendita, cioè, il diritto potestativo di vendere, a determinati patti e condizioni, la propria partecipazione ad un altro socio (concedente); viceversa, qualora il patto parasociale o la clausola statutaria in cui ha fonte il diritto di opzione attribuiscono al socio opzionario il diritto di acquistare, a determinati patti e condizioni, la partecipazione di un altro socio si parla di opzione call, o call option.
La prima consente al socio opzionario di dismettere la propria partecipazione, liberandosi dell’investimento fatto, mentre la seconda fa sì che l’opzionario incrementi la propria partecipazione e dunque il proprio peso all’interno della società, con un conseguente e progressivo squeeze out delle minoranze.
Si precisa, poi, che tali opzioni put e call possono anche essere strutturate come reciproche, individuando dei termini o delle condizioni oggettive, al ricorrere dei quali il medesimo socio può essere “concedente”, ovvero “opzionario”.
L’ammissibilità
Poste queste premesse di carattere definitorio, è necessario indagare l’ammissibilità di tali patti parasociali e clausole statutarie di opzione, che è stata a più riprese messa in dubbi soprattutto dalla dottrina e da qualche isolata pronuncia dei tribunali di merito.
La criticità che è stata sollevata attiene alla compatibilità dei patti di opzione societaria con il divieto di patto leonino, che pacificamente si applica tanto alle previsioni statutarie, quanto ai patti parasociali, sancito dall’art. 2265 del Codice civile, ai sensi del quale “è nullo il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite”.
Invero, è stato sottolineato come la possibilità che un socio possa decidere di vendere (put option), ovvero possa essere obbligato a vendere (call option), la propria partecipazione in qualunque momento e ad un valore prestabilito, che quindi non tiene conto del valore reale della partecipazione al momento del trasferimento conseguente all’esercizio dell’opzione, farebbe sì che il socio della cui partecipazione si tratta sarebbe, di fatto, del tutto sottratto al rischio d’impresa, essendo per lui irrilevanti le fluttuazioni di valore reale della partecipazione dipendenti dall’andamento dell’attività sociale.
Ciò, dunque, vale per negare l’ammissibilità del patto o clausola statutaria in cui abbia fonte un diritto di opzione da esercitare ad un prezzo predeterminato ed in qualsiasi momento, per tutta la durata della società, a pena di violazione del citato divieto di patto leonino.
Tuttavia, come più volte affermato dalla giurisprudenza, anche di legittimità (si vedano, in tal senso, l’ordinanza Cass. 4 luglio 2018, n. 17498, le sentenze Cass. 21 ottobre 2019, n. 26774 e Cass. 7 ottobre 2021, n. 27227, nonché, da ultimo, l’ordinanza Cass. 25 marzo 2024, n. 7934), non viola il divieto in esame il patto parasociale o la clausola statutaria che delimita l’esercizio di diritto di opzione (di vendita o di acquisto) all’interno di una predeterminata finestra di esercizio e/o a fronte di un prezzo di esercizio da determinare tenendo conto del valore reale della partecipazione al momento dell’esercizio dell’opzione.
In altri termini, l’opzione non viola il divieto di patto leonino tutte le volte in cui il patto parasociale o la clausola statutaria siano strutturati in modo tale da comportare una “esclusione solo parziale” dagli utili e dalle perdite del socio della cui partecipazione si tratta, obiettivo che si realizza, appunto, circoscrivendo nel tempo la possibilità di esercizio del diritto di opzione, oppure determinando il prezzo di esercizio per relationem rispetto al valore reale della partecipazione.
In particolare, la Corte di Cassazione si è espressa in merito alla legittimità, a condizione che sia individuata una finestra di esercizio (che, precisa la Cassazione, non può coincidere con l’intera durata della società), della c.d. clausola di manleva, o patto di manleva, che consiste in una opzione put da esercitare ad un prezzo pari a tutto quanto pagato dal socio opzionario a titolo sia di conferimento che di finanziamento della società, maggiorato degli interessi, così da attribuire al socio opzionario un diritto di exit che gli consente di dismettere la partecipazione ottenendo la cifra esatta fino ad allora investita, oltre agli interessi.
L’efficacia della cessione in violazione dell’opzione e i profili redazionali
Una volta affermata, dunque, la liceità dei diritti di opzione aventi ad oggetto partecipazioni societarie, nei termini sopra esposti, si precisa che le conseguenze del mancato rispetto dell’opzione sono diverse in base alla fonte del diritto medesimo.
Invero, in caso di put o call option convenuta in un patto parasociale, essendo questo vincolante per i soli soci che ne sono parti, la cessione della partecipazione in violazione è perfettamente valida ed efficace nei confronti della società ed il socio opzionario il cui diritto è stato leso vanterà una mera pretesa risarcitoria nei confronti del concedente, che ha violazione l’opzione.
Se, invece, l’opzione è introdotta con clausola statutaria la stessa sarà vincolante per tutti i soci e la cessione effettuata in violazione, ancorché valida ed efficace nei rapporti interni (cioè tra cedente e cessionario) non è opponibile alla società ed il cessionario potrà chiedere il relativo risarcimento dei danni al cedente.
Da ultimo, è necessario svolgere alcune considerazioni relative al profilo strettamente redazionale dei diritti di opzione societaria.
In primo luogo, a prescindere dal fatto che la fonte del diritto sia un patto parasociale o una clausola statutaria, come detto, devono essere specificamente individuati la finestra di esercizio e/o il prezzo di esercizio del diritto, così mettendo la pattuizione al riparo dal rischio di violazione del divieto di patto leonino.
In secondo luogo, è necessaria una precisa individuazione delle parti “concedente” ed “opzionario”, che possono coincidere con uno specifico socio, quando il diritto ha fonte in un patto parasociale, nei patti sociali di una società di persone o, con riguardo al solo opzionario, in un articolo dello statuto di una s.r.l., che attribuisca un diritto particolare, ai sensi dell’art. 2468, comma 3 del Codice civile.
Di contro, quando il diritto di opzione è previsto dallo statuto di una società di capitali, stante l’inammissibilità di previsioni statutarie riferite ad un singolo socio (con la richiamata eccezione del diritto particolare in s.r.l., che tuttavia può avere contenuto solo positivo), le figure di “opzionario” e “concedente” dovranno essere individuate per relationem ad indici oggettivi (ad esempio, “il socio che detiene una partecipazione pari al 20% del capitale sociale”, “il socio che abbia acquistato la propria partecipazione da non meno di due anni”, etc.), oppure attraverso la creazione di una categoria speciale di azioni o quote (ammissibile, in caso di quote, per le sole s.r.l. p.m.i., in forza dell’art. 26, commi 2 e 3 d.l. 179/2012, che ha introdotto la possibilità di introdurre quote di categoria, in deroga al generale divieto in tal senso che vale oggi per le sole s.r.l. non p.m.i.), la cui specialità consista proprio nell’attribuire ai titolari un’opzione di call o di put.
In terzo luogo, appare necessario chiedersi se l’introduzione di un diritto di opzione put o call nello statuto di una società di capitali faccia o meno sorgere in favore dei soci che non hanno concorso all’approvazione della delibera il diritto di recesso.
Sul punto, non sembra possibile fornire una risposta univoca, dovendosi avere riguardo, da un lato, alla concreta strutturazione della clausola inserita, dall’altro lato, al tipo sociale in cui l’introduzione avviene.
Invero, come detto, il diritto di opzione può essere attribuito ad una speciale categoria di azioni o quote, oppure può spettare in astratto a tutti i soci, divenendo esercitabile in concreto al verificarsi di determinati parametri oggettivi.
Nel primo caso, dunque, dovrebbe essere mutuabile tutto quanto affermato da dottrina ormai consolidata in merito all’introduzione di azioni speciali o quote particolari: nelle società azionarie, l’introduzione fa sorgere diritto di recesso ex art. 2437, comma 1, let. g) del Codice civile, mentre nelle s.r.l. p.m.i. non spetta ai soci alcun diritto di recesso, nulla essendo previsto in tal senso né dall’art. 26 d.l. 179/2012 sopra citato, né dall’art. 2473 del Codice civile (norma generale sul recesso nelle s.r.l.).
Maggiormente controversa è invece la questione se sorga o meno diritto di recesso all’introduzione quando la clausola statutaria è strutturata in modo tale da ricollegare il diritto di opzione non ad una categoria di azioni o quote, bensì al ricorrere di determinati parametri oggettivi, potendo quindi spettare tale diritto, in astratto, ad ogni azione o quota.
Sebbene la questione non sia stata ad oggi oggetto di apposita analisi da parte della dottrina, sembra possibile osservare quanto segue: almeno con riguardo alla clausola di call option (opzione di acquisto di partecipazioni di altri soci) il diritto attribuito all’opzionario si atteggia, a ben vedere, come un diritto di riscatto, pertanto, si potrebbero forse estendere alle clausole di opzione le considerazioni svolte in dottrina in materia di azioni e quote riscattabili, sintetizzabili come segue.
La riscattabilità è espressamente prevista solo in materia di s.p.a., ai sensi dell’art. 2437-sexies del Codice civile e, pur nel silenzio della norma, secondo dottrina notarile ormai consolidata, quando la riscattabilità riguarda tutte le azioni ed è collegata a parametri oggettivi la clausola statutaria che la introduce fa sorgere in favore dei soci che non hanno concorso all’approvazione della delibera il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2437, comma 2, let. b) del Codice civile, in forza di una assimilazione, in senso lato, della riscattabilità ai limiti alla circolazione delle azioni.
Non esiste, invece, una norma analoga all’interno della disciplina delle s.r.l., tuttavia, è ormai pacifica sia in dottrina che in giurisprudenza la possibilità di prevedere che le quote siano riscattabili: in questo caso, tuttavia, l’introduzione della clausola non fa sorgere alcun diritto di recesso, che non spetta mai in s.r.l. in caso di introduzione di limiti alla circolazione delle quote (cfr. art 2469 del Codice civile).
Conclusivamente, si sottolinea che, quantomeno per tuziorismo ed al fine di scongiurare la svalutazione delle azioni o delle quote, a prescindere dal fatto che l’opzione sia attribuita tramite introduzione di una categoria speciale di azioni o quote, ovvero collegata a parametri oggettivi, appare necessario che il prezzo tra trasferimento all’esito dell’esercizio dell’opzione garantisca l’equa valorizzazione della partecipazione: il prezzo di esercizio del diritto di opzione, dunque, dovrà sempre essere almeno pari al valore di liquidazione della partecipazione in caso di recesso al momento dell’esercizio dell’opzione.
La possibile tecnica redazionale
Da ultimo, sotto il profilo redazionale, coerentemente con tutto quanto finora osservato, appare evidente che la clausola statutaria che introduce il diritto di opzione sarà strutturata in modo diverso, in base al fatto che i soci vogliano che fonte del diritto di opzione sia un particolare diritto, la titolarità di una categoria speciale di azioni o quote di s.r.l. p.m.i., oppure il verificarsi di condizioni oggettive.
In particolare, le clausole di put option potrebbero essere formulate come segue:
– Come diritto particolare di socio di s.r.l.: “è attribuito al socio Tizio __ (generalità) il diritto di vendere la propria quota agli altri soci, proporzionalmente alle rispettive partecipazioni (oppure, ad esempio: al socio di maggioranza, per tale intendendosi __), per il seguente periodo di tempo __ (non coincidente con l’intera durata della società, onde evitare il rischio di incorrere in violazione del divieto di patto leonino) ed al prezzo di euro __, fatta salva comunque l’equa valorizzazione della quota. Il diritto di opzione dovrà essere esercitato nei seguenti termini e modalità __ (ulteriori precisazioni)”;
– Tramite introduzione di una categoria di azioni o quote speciali: in questo caso, sotto il profilo redazionale, è necessario un doppio passaggio. In primo luogo, si introduce la clausola statutaria astratta-concreta che consente alla società di emettere azioni o quote speciali aventi la peculiarità desiderata, del seguente tenore letterale: “la società può emettere azioni/quote speciali di categoria “A”, che attribuiscono al titolare il diritto di vendere la propria quota agli altri soci, proporzionalmente alle rispettive partecipazioni (oppure, ad esempio: al socio di maggioranza, per tale intendendosi __), per il seguente periodo di tempo __ (non coincidente con l’intera durata della società, onde evitare il rischio di incorrere in violazione del divieto di patto leonino) ed al prezzo di euro __, fatta salva comunque l’equa valorizzazione della quota. Il diritto di opzione dovrà essere esercitato nei seguenti termini e modalità __ (ulteriori precisazioni)”. In secondo luogo, si emettono in concreto le azioni o quote speciali, verosimilmente nell’ambito di un aumento oneroso del capitale sociale;
– Tramite individuazione di parametri oggettivi che possono riguardare in astratto tutte le azioni o quote in circolazione: in questo caso, è massima l’autonomia statutaria relativa all’individuazione dei parametri oggettivi, ma un esempio potrebbe essere il seguente “il socio titolare di una partecipazione almeno pari al 20% del capitale sociale ha il diritto di vendere la propria quota agli altri soci, proporzionalmente alle rispettive partecipazioni (oppure, ad esempio: al socio di maggioranza, per tale intendendosi __), per il seguente periodo di tempo __ (non coincidente con l’intera durata della società, onde evitare il rischio di incorrere in violazione del divieto di patto leonino) ed al prezzo di euro __, fatta salva comunque l’equa valorizzazione della quota. Il diritto di opzione dovrà essere esercitato nei seguenti termini e modalità __ (ulteriori precisazioni)”.
Analogamente, le clausole statutarie che attribuiscono una call option potrebbero essere strutturate come segue:
– Come diritto particolare di socio di s.r.l.: “è attribuito al socio Tizio __ (generalità) il diritto di acquistare la quota dei soci titolari almeno del 20% del capitale sociale (oppure, altro parametro oggettivo volto ad individuare il socio assoggettato all’opzione, ad esempio: la quota dei soci che abbiano acquistato la partecipazione da almeno due anni), per il seguente periodo di tempo __ (non coincidente con l’intera durata della società, onde evitare il rischio di incorrere in violazione del divieto di patto leonino) ed al prezzo di euro __, fatta salva comunque l’equa valorizzazione della quota acquistata. Il diritto di opzione dovrà essere esercitato nei seguenti termini e modalità __ (ulteriori precisazioni)”;
– Tramite introduzione di una categoria di azioni o quote speciali: la clausola statutaria astratta-concreta, di cui si è detto sopra, potrebbe essere così formulata “la società può emettere azioni/quote speciali di categoria “A”, che attribuiscono al titolare il diritto di acquistare la quota dei soci titolari almeno del 20% del capitale sociale (oppure, altro parametro oggettivo volto ad individuare il socio assoggettato all’opzione, ad esempio: la quota dei soci che abbiano acquistato la partecipazione da almeno due anni), per il seguente periodo di tempo __ (non coincidente con l’intera durata della società, onde evitare il rischio di incorrere in violazione del divieto di patto leonino) ed al prezzo di euro __, fatta salva comunque l’equa valorizzazione della quota acquistata. Il diritto di opzione dovrà essere esercitato nei seguenti termini e modalità __ (ulteriori precisazioni)”;
– Tramite individuazione di parametri oggettivi che possono riguardare in astratto tutte le azioni o quote in circolazione: in questo caso, è massima l’autonomia statutaria relativa all’individuazione dei parametri oggettivi, ma un esempio potrebbe essere il seguente “il socio titolare di una partecipazione almeno pari al 20% del capitale sociale ha il diritto di acquistare la quota dei soci titolari almeno del 20% del capitale sociale (oppure, altro parametro oggettivo volto ad individuare il socio assoggettato all’opzione, ad esempio: la quota dei soci che abbiano acquistato la partecipazione da almeno due anni), per il seguente periodo di tempo __ (non coincidente con l’intera durata della società, onde evitare il rischio di incorrere in violazione del divieto di patto leonino) ed al prezzo di euro __, fatta salva comunque l’equa valorizzazione della quota acquistata. Il diritto di opzione dovrà essere esercitato nei seguenti termini e modalità __ (ulteriori precisazioni)”.
