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Le società unipersonali in generale

Ai sensi dell’art. 2247 del Codice civile, “con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili”.
Stando alla definizione appena riportata, la bilateralità o plurilateralità appare un elemento essenziale del contratto di società, con la conseguenza, dunque, di non potere ritenere ammissibile la costituzione di società unipersonali, cioè con un solo socio.

L’ostacolo tradizionale a riconoscere la limitazione della responsabilità dell’unico socio era rappresentato dal principio generale di responsabilità patrimoniale, sancito dal legislatore del 1942 all’art. 2740 del Codice civile, dal quale discendeva l’impossibilità per l’imprenditore individuale di tenere distinto il proprio patrimonio da quello destinato l’attività d’impresa.
La possibilità della costituzione di società unipersonali, tuttavia, era già riconosciuta da alcuni Stati esteri e, anche all’interno della Comunità europea la legislazione sul punto non era uniforme; pertanto, proprio al fine di coordinare le discipline nazionali in materia di società unipersonali, il Consiglio Europeo adottò la XII direttiva in materia di diritto societario (89/667/CEE), con cui imponeva a tutti gli Stati membri l’introduzione nei rispettivi ordinamenti della società unipersonale, cioè la società costituita da un unico socio, che gode, comunque, del regime della responsabilità limitata.

Nel nostro ordinamento, l’attuazione di tale Direttiva si deve al d.lgs. 3 marzo 1993, n. 88, che introduce la s.r.l. unipersonale italiana in cui l’unico quotista si giova della responsabilità limitata, ma solo in caso di integrale liberazione dei conferimenti, di iscrizione nel registro delle imprese dei dati identificativi dell’unico socio e prevedendo, comunque, la perdita del beneficio della responsabilità limitata quando unico socio sia una persona giuridica o in caso di unico socio persona fisica che è, al contempo, unico socio di altra società di capitali.
Il citato decreto legislativo, tuttavia, continua a negare la possibilità di costituzione unipersonale per le s.p.a., con un’evidente disparità di trattamento tra ipotesi, a ben vedere, quanto mai simili. Tale disparità di trattamento viene sanata dieci anni dopo, grazie alla Riforma del diritto societario del 2003 (d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6), che finalmente sancisce l’ammissibilità delle s.p.a. unipersonali, oltre a riformare la previgente disciplina del 1993 in materia di s.r.l. con un solo socio.

La disciplina vigente

Ripercorsa, per cenni, l’evoluzione storica della materia, si procede ora all’analisi della disciplina oggi vigente in tema di s.p.a. e s.r.l. unipersonali.
Per quanto concerne le s.p.a., la normativa da analizzare è contenuta nelle seguenti tre disposizioni:

  • Art. 2325, comma 2, del Codice civile, ai sensi del quale “in caso di insolvenza della società, per le obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui le azioni sono appartenute ad una sola persona, questa risponde illimitatamente quando i conferimenti non siano stati effettuati secondo quanto previsto dall’articolo 2342 o fin quando non sia stata attuata la pubblicità prescritta dall’articolo 2362”;
  • Art. 2342, commi 2 e 4, del Codice civile, ai sensi del quale “2. Alla sottoscrizione dell’atto costitutivo deve essere versato presso una banca almeno il venticinque per cento dei conferimenti in danaro o, nel caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero ammontare. […] 4. Se viene meno la pluralità dei soci, i versamenti ancora dovuti devono essere effettuati entro novanta giorni”;
  • Art. 2362 del Codice civile, ai sensi del quale “1. Quando le azioni risultano appartenere ad una sola persona o muta la persona dell’unico socio, gli amministratori devono depositare per l’iscrizione del registro delle imprese una dichiarazione contenente l’indicazione del cognome e nome o della denominazione, della data e del luogo di nascita o lo Stato di costituzione, del domicilio o della sede e cittadinanza dell’unico socio. 2. Quando si costituisce o ricostituisce la pluralità dei soci, gli amministratori ne devono depositare apposita dichiarazione per l’iscrizione nel registro delle imprese. 3. L’unico socio o colui che cessa di essere tale può provvedere alla pubblicità prevista nei commi precedenti. 4. Le dichiarazioni degli amministratori previste dai precedenti commi devono essere depositate entro trenta giorni dall’iscrizione nel libro dei soci e devono indicare la data di iscrizione. 5. I contratti della società con l’unico socio o le operazioni a favore dell’unico socio sono opponibili ai creditori della società solo se risultano dal libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione o da atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento”.

Quanto, invece, alle s.r.l. unipersonali, il legislatore prevede una disciplina identica a quella riportata per le s.p.a., che è, tuttavia, dettata, rispettivamente, dagli artt. 2462, comma 2, 2464, commi 4 e 7, 2470, commi da 4 a 7, del Codice civile.

Dall’analisi delle disposizioni riportate, la disciplina delle società unipersonali può, quindi, essere ricostruita come segue.
L’unipersonalità può manifestarsi sia in sede di costituzione della società, sia in un momento successivo, come effetto della concentrazione di tutte le azioni o quote in un unico soggetto e, in entrambi i casi, l’unico socio continua a godere del regime della responsabilità limitata per le obbligazioni sociali, per le quali, quindi, risponde soltanto la società, con il suo patrimonio.

Tuttavia, al fine di consentire all’unico socio di giovarsi della responsabilità limitata, il legislatore richiede il rispetto di tre cautele:

  1. In primo luogo, è richiesta l’integrale liberazione immediata dei conferimenti in denaro (non essendo quindi ammissibile la liberazione immediata del solo 25% e successivo versamento della somma residua), oppure entro 90 giorni dalla sopravvenuta unipersonalità della società: si precisa che, secondo l’opinione prevalente, tale disposizione deve essere rispettata con riguardo a tutti i conferimenti in denaro, sia effettuati in sede di costituzione della società, sia in occasione di un aumento oneroso del capitale sociale;
  2. In secondo luogo, si richiede un’accortezza di natura pubblicitaria, consistente nell’obbligo di indicare negli atti e nella corrispondenza della società la sua natura di società unipersonale, anche se ciò non rientra nella denominazione sociale (“Alfa s.r.l.” unipersonale);
  3. Da ultimo, i contratti conclusi dalla società con l’unico socio sono opponibili ai creditori solo se risultano dai libri delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione (s.p.a.) o degli amministratori (s.r.l.).

La ratio della previsione di questo complesso sistema di cautele consiste nella necessità di garantire che un singolo soggetto imprenditore non “strumentalizzi” la struttura societaria per esercitare l’attività d’impresa, giovandosi del regime della responsabilità limitata.
Coerentemente, la conseguenza del mancato rispetto delle prime due cautele appena ricordate comporta la responsabilità sussidiaria illimitata dell’unico socio in caso di insolvenza della società.
Si sottolinea, dunque, che, anche quando non siano rispettate le cautele richieste in materia di conferimenti e di oneri pubblicitari, la perdita della responsabilità limitata per le obbligazioni sociali non avviene sic et simpliciter, ma è subordinata all’ulteriore presupposto dello stato di insolvenza della società.
Per converso, il mancato rispetto della terza ed ultima cautela richiesta dal legislatore comporta la sola inopponibilità ai creditori sociali dei contratti tra società ed unico socio, fermo il beneficio della responsabilità limitata per quest’ultimo.

Alcune fattispecie peculiari

Il complesso tema delle società unipersonali ha, poi, portato la dottrina notarile e la giurisprudenza ad interrogarsi su alcune fattispecie peculiari in cui può essere, in effetti, dubbio se si sia in presenza di una società unipersonale o plurisoggettiva.

In primo luogo, tale problema si è posto in caso di società unipersonale il cui unico socio muore e gli succedono più eredi. In tale ipotesi, sebbene sia stata autorevolmente sostenuta anche la tesi della sopravvenuta plurisoggettività della società, è forse oggi prevalente l’opinione di chi afferma che la società in questione deve continuare a ritenersi unipersonale, sulla base in un criterio formalistico, che sottolinea come, anche dopo l’accettazione dell’eredità da parte di più eredi, la quota (o le azioni) non si divide tra gli eredi, ma rimane una quota unica, seppure di titolarità di più soggetti, in regime di contitolarità.
È, invece, fuor di dubbio che la società non sarà più unipersonale qualora i più eredi dell’unico socio defunto, in sede di divisione ereditaria, assegnino la partecipazione in oggetto, in parte ad un erede e in parte ad un altro.

Altra ipotesi discussa è quella della società il cui unico socio sia un soggetto coniugato in regime di comunione legale dei beni (partendo dal presupposto che la partecipazione in oggetto sia caduta in comunione legale ex art. 177 let a) del Codice civile, non ricorrendo nessuno dei motivi di esclusione dalla comunione legale di cui all’art. 179 del Codice civile).
In tale ipotesi, appare preferibile l’opinione di chi distingue sulla base dell’intestazione delle azioni o della quota nel libro soci: in altre parole, qualora l’unico soggetto legittimato nei confronti della società (dunque, ammesso ad esercitare i diritti sociali e amministrativi) sia il coniuge acquirente, la società deve essere considerata unipersonale; viceversa, si è di fronte ad una società formata da due soci, nel caso in cui anche il coniuge non acquirente abbia richiesto ed ottenuto la legittimazione nei confronti della società.

Da ultimo, la dottrina si è interrogata sulla necessità, qualora l’unico socio sia un soggetto incapace (minore, interdetto, minore emancipato, inabilitato, beneficiario di amministrazione di sostegno), dell’autorizzazione richiesta ex art. 2294 del Codice civile per l’esercizio di una società commerciale di persone. Tale autorizzazione, invero, non è solitamente richiesta per la partecipazione di incapaci alle società di capitali, in ragione del beneficio della responsabilità limitata che le contraddistingue. Tuttavia, con specifico riferimento al caso delle società unipersonali, una parte degli Autori ha affermato l’eccezionale necessità della richiamata autorizzazione in caso di unico socio incapace, in ragione della residuale responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali in cui questi può incorrere in presenza dei presupposti sopra richiamati (mancato rispetto delle cautele ed insolvenza della società).
Appare, ad ogni modo, prevalente e preferibile l’opposta tesi di chi nega la necessità di tale autorizzazione in caso per la partecipazione di un incapace ad una società unipersonale, sottolineando che la responsabilità illimitata non solo è eventuale, ma, soprattutto, non attiene ad un’ipotesi fisiologica della disciplina, bensì consiste in una “sanzione” conseguente alla violazione di un obbligo di legge.