Skip to main content

DIFFERENZE TRA COMUNIONE LEGALE, COMUNIONE ORDINARIA, COMUNIONE DE RESIDUO E COMUNIONE CONVENZIONALE

 

LA COMUNIONE LEGALE DEI BENI

La comunione legale è il regime patrimoniale legale della famiglia, in base al quale gli acquisti dei coniugi, salvo alcune eccezioni, sono resi comuni e possono essere soggetti a divisione solo con lo scioglimento del matrimonio e negli altri casi espressamente contemplati dalla legge.

A meno che non siano i coniugi a derogare espressamente, la comunione legale dei beni diviene operante automaticamente all’atto di matrimonio.

Questo regime è stato introdotto con la Riforma del diritto di famiglia, di cui alla Legge n. 151 del 1975 e trova la sua ratio nel principio di parità, anche economica, dei coniugi.

 

NATURA GIURIDICA

Con riferimento alla natura giuridica, anche se per parte della dottrina si tratta di un vero e proprio soggetto di diritto, in quanto l’art. 180 codice civile, nell’ attribuirne la rappresentanza ai coniugi ammette l’esistenza di un soggetto rappresentato, la dottrina prevalente ha affermato un pensiero differente.

Secondo la tesi maggioritaria, infatti, si tratta di una comunione differente da quella ordinaria in quanto:

  • Non universale, poiché esclude i beni e i redditi personali ex art. 179 codice civile;
  • Non necessaria, in quanto i coniugi possono optare per altre convenzioni;
  • Non derogabile, poiché i coniugi possono disporre dei beni solo nei modi previsti dalla legge;
  • Costituisce un patrimonio separato, distinto dagli altri beni dei coniugi, sia personali che appartenenti ad una comunione ordinaria.

 

DIFFERENZE RISPETTO ALLA COMUNIONE ORDINARIA

La comunione legale dei beni, rispetto alla comunione ordinaria, presenta le seguenti differenze:

  • Può avere fonte solo nella legge e non anche nella volontà delle parti;
  • La misura della titolarità dei beni deve essere inderogabilmente uguale per entrambi i coniugi, come si evince dagli artt. 194 e 210, comma 3, codice civile;
  • La comunione è senza quote e le quote sono indisponibili, come sostenuto dalla dottrina prevalente e dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 311 del 17 marzo 1988;
  • Finché dura la comunione non si può procedere alla divisione e la relativa domanda giudiziale non può essere introdotta prima del passaggio in giudicato della sentenza di separazione personale;
  • L’amministrazione dei beni oggetto della comunione legale è disgiuntiva, in quanto spetta ad entrambi i coniugi, ad eccezione che per gli atti di straordinaria amministrazione, ai sensi degli artt. 180, 182 e 183 codice civile; a differenza che nella comunione ordinaria dove vige la regola dell’amministrazione congiunta.

 

OGGETTO DELLA COMUNIONE LEGALE

Gli acquisti oggetto della comunione legale dei beni sono espressamente contemplati nell’art. 177 codice civile, il quale disciplina che: “Costituiscono oggetto della comunione:

  • Gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali;
  • Le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.

Qualora si tratti di aziende appartenenti ad uno dei due coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi”.

 

LA COMUNIONE DE RESIDUO

Dalla comunione legale dei beni si distingue, altresì, la cd. comunione de residuo, ovvero una comunione dal carattere differito ed eventuale, in quanto esiste solo se detti beni sussistono ancora al momento dello scioglimento della comunione legale.

Pertanto, dal momento in cui i beni in questione sono percepiti dal coniuge, l’altro vanta solo un diritto di credito corrispondente alla metà del valore dei medesimi, diritto condizionato allo scioglimento della comunione legale e dall’esistenza dei beni in tale momento.

 

BENI CHE CADONO IN COMUNIONE DE RESIDUO

Cadono in comunione de residuo:

  1. Ai sensi dell’art. 177 comma 1, lett. b) codice civile:
  • I frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione, sia naturali che civili;
  • I proventi dell’attività separata di ciascun coniuge se, al momento dello scioglimento della comunione non siano stati consumati, tra i quali si ricomprende ogni lucro derivante da lavoro o da altra attività professionale. Inoltre, si ritiene che in questa categoria debba ricomprendersi non solo la retribuzione in denaro, ma anche la cessione di un bene a titolo di corrispettivo per lo svolgimento di una determinata attività professionale.

 

  1. Ai sensi dell’art. 178 codice civile:
  • I beni destinati all’esercizio dell’impresa di uno dei coniugi costituita dopo il matrimonio e gli incrementi dell’impresa costituita anche precedentemente si considerano oggetto della comunione solo se sussistono al momento dello scioglimento della stessa. Si tratta di una dichiarazione di intenti resa dal coniuge attestante la futura destinazione del bene all’esercizio dell’attività di impresa.

 

Con riferimento all’azienda assume particolare rilievo la “gestione” della stessa.

  • Nelle aziende congiuntamente gestite:
  1. Se costituita e gestita da entrambi, cadono in comunione sia i beni che gli utili/incrementi;

 

  1. Se costituita da uno dei due prima del matrimonio, ma gestita da entrambi, cadono in comunione solo gli utili/incrementi.

 

  • Nelle aziende mono-gestite:
  1. Se costituita da entrambi e gestita da uno solo, cadono in comunione solo i beni, mentre gli utili/incrementi cadono in de residuo;

 

  1. Se costituita da uno prima del matrimonio e gestita da uno solo, cadono in de residuo gli utili/incrementi.

 

Dalla comunione sia legale sia de residuo sono, invece, esclusi tassativamente i beni personali contemplati nell’art. 179 codice civile.

 

LA COMUNIONE CONVENZIONALE

Con la Riforma del diritto di famiglia del 1975, è stato consentito ai coniugi di poter modificare convenzionalmente il regime di comunione legale dei beni, nei limiti dell’art. 210 codice civile, secondo il quale: “I coniugi possono, mediante convenzione stipulata a norma dell’articolo 162, modificare il regime della comunione legale dei beni purchè i patti non siano in contrasto con le  disposizioni dell’articolo 161. 

I beni indicati alle lettere c), d) ed e) dell’articolo 179 non possono essere compresi nella comunione convenzionale. 

Non sono derogabili le norme della comunione legale relative all’amministrazione dei beni della comunione e all’uguaglianza delle quote limitatamente ai beni che formerebbero oggetto della  comunione legale”.

 

NATURA GIURIDICA

Per quanto sia stata discusa la natura giuridica della comunione convenzionale, la tesi prevalente in dottrina sostiene che non si tratti di un regime patrimoniale autonomo, ma di una mera modificazione del regime di comunione legale dei beni. Pertanto, gli artt. 210 e 211 codice civile stabiliscono quali norme del regime di comunione legale sono imperative e quali hanno carattere dispositivo, circoscrivendo la portata e l’ampiezza delle modifiche apportabili al regime di comunione legale. In ogni caso, la comunione convenzionale ha carattere universale e, pertanto, non può coesistere con il regime di comunione legale ovvero di separazione dei beni.

 

CONTENUTO

I coniugi possono, con atto pubblico alla presenza dei testimoni, a pena di nullità, modificare il regime della comunione legale, purché siano rispettati i limiti di cui agli artt. 210 e 211 codice civile.

Per effetto della comunione convenzionale, il regime di comunione legale può essere ampliato o ristretto.

  1. La comunione può essere ampliata potendovi assoggettare:
  • I beni di cui il coniuge era proprietario prima del matrimonio o di cui era titolare di un diritto reale di godimento ai sensi dell’art. 179 comma 1, lett. a) codice civile;
  • I beni acquisiti successivamente al matrimonio per donazione o successione, ai sensi dell’art. 19 comma 1, lett. b) codice civile, in quanto, secondo la dottrina prevalente, alle donazioni non si applica il divieto di donazione dei beni futuri ex art. 771 codice civile ed è ammessa l’estensione della comunione a beni derivanti da donazioni future, anche se la convenzione di ampliamento si qualifichi come donazione indiretta;
  • I beni acquistati con il prezzo del trasferimento di bei personali o con il loro scamnio e resi personali ex art. 179 comma 1, lett. f) codice civile;
  • I beni che la legge fa rientrare nella comunione de residuo;
  • Se i coniugi sono in separazione die beni, possono decidere di adottare con convenzione matrimoniale atipica il regime della comunione legale, comprendendo anche i beni acquistati in regime di separazione.

 

  1. La comunione legale può essere ridotta, anche se sul punto la dottrina è divisa. Secondo la dottrina maggioritaria, ritiene tale ipotesi ammissibile, in quanto non rientra nei divieti espressi di cui all’art. 210 codice civile.

 

Si discute, inoltre, se è lecito escludere dalla comunione un singolo bene o singole categorie di beni. Sembra prevalere la tesi positiva, sia in dottrina che in giurisprudenza, ma solo in riferimento a singole categorie di beni, mentre non si ritiene possibile l’esclusione del singolo bene, come accade per il rifiuto de co-acquisto, ad eccezione delle ipotesi tassative di cui all’art. 179 codice civile.

 

DISCIPLINA SUPPLETIVA E PUBBLICITA’

Nonostante l’art. 216 codice civile sia stato abrogato, la dottrina prevalente ritiene, sostenendo la tesi secondo cui la comunione convenzionale altro non è che una comunione legale modificata, che alla stessa debbano applicarsi per analogia le stesse norme che disciplinano la comunione legale dei beni.

Quanto al regime pubblicitario, sono obbligatorie:

  1. L’annotazione ex art. 162 codice civile per la modifica del regime;

 

  1. La trascrizione dell’atto d’acquisto ove siano acquistati beni mobili registrati ovvero immobili che a seguito della convenzione debbano essere inclusi o esclusi dalla comunione legale.

In particolare, nell’ipotesi di ampliamento della comunione, la trascrizione deve essere effettuata ex art. 2643 n. 3 codice civile; nell’ipotesi di riduzione, invece, deve essere eseguita ex art. 2647 comma 1, codice civile.