I TRUST TESTAMENTARI: COME FUNZIONANO E QUANDO SONO UTILI
Il trust testamentario rappresenta una delle figure più interessanti e complesse del diritto successorio contemporaneo, in cui la tradizione civilistica italiana incontra istituti di matrice anglosassone.
La sua diffusione, inizialmente limitata, è cresciuta in modo significativo negli ultimi anni, in particolare a seguito del riconoscimento della validità dei trust in Italia con la ratifica della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, resa esecutiva con la legge 16 ottobre 1989, n. 364. Tale riconoscimento ha aperto la possibilità, anche nel nostro ordinamento, di utilizzare lo strumento del trust, anche per finalità successorie, patrimoniali e di tutela familiare, integrandolo con gli istituti tradizionali del diritto delle successioni.
Il trust testamentario si configura come una modalità di istituzione del trust che trova la propria fonte non in un atto inter vivos, ma in un atto di ultima volontà. In altri termini, è il testatore che, mediante disposizione testamentaria, istituisce un trust destinando determinati beni ereditari a uno scopo o a vantaggio di determinati soggetti, affidandone l’amministrazione a un trustee che ne diventa formalmente titolare, pur dovendo gestirli secondo le regole e i vincoli fissati dal disponente.
Origine e inquadramento del trust testamentario.
Il trust nasce nei paesi di common law come strumento di gestione fiduciaria dei beni, fondato sulla separazione tra titolarità formale e titolarità sostanziale dei beni vincolati.
L’elemento centrale è il rapporto fiduciario che lega il disponente (settlor) al trustee, il quale acquista la piena ed esclusiva proprietà dei beni conferiti nel trust, ma li amministra non per sé, ma nell’interesse dei beneficiari o per il perseguimento di uno scopo determinato individuato nell’atto istitutivo del trust.
Con la Convenzione dell’Aja, l’ordinamento italiano ha riconosciuto la validità e la piena efficacia dei trust istituiti secondo una legge straniera, consentendone così l’operatività anche in Italia, pur in assenza di una disciplina interna organica.
Il trust testamentario, pertanto, si inserisce in un contesto in cui il diritto italiano ammette la possibilità per il testatore di regolare, attraverso l’atto di ultima volontà, la destinazione dei propri beni in conformità a una legge straniera individuata ai sensi dell’art. 6 della Convenzione.
La peculiarità del trust testamentario risiede proprio nella sua causa: esso si forma mortis causa, in esecuzione delle disposizioni del testatore, e produce effetti soltanto dopo la sua morte. Ne consegue che la nomina del trustee e la descrizione del patrimonio destinato devono risultare chiaramente dal testamento, il quale costituisce l’atto istitutivo del trust o, quanto meno, l’atto di conferimento dei beni al trustee designato.
Struttura e soggetti del trust testamentario.
Il trust testamentario, come ogni trust, si articola intorno a quattro figure fondamentali: il disponente (settlor) o testatore, il trustee, i beneficiari e, in alcuni casi, il guardiano.
Il testatore, nell’istituire il trust, individua i beni da trasferire e le regole di amministrazione e destinazione che dovranno essere osservate.
Il trustee è la persona fisica o giuridica che riceve la titolarità dei beni e ne diventa proprietario, ma con obbligo di gestirli nell’interesse dei beneficiari o per il perseguimento di uno scopo determinato.
I beneficiari sono i soggetti a favore dei quali il trust è istituito; possono essere determinati o determinabili, e possono godere dei beni immediatamente o solo a seguito di determinate condizioni.
Il guardiano, infine, è una figura facoltativa ma di grande utilità pratica, in quanto esercita un potere di controllo sull’operato del trustee, con facoltà di approvarne o meno le decisioni più rilevanti. In molti trust testamentari, il guardiano è scelto tra persone di fiducia del testatore o tra professionisti di comprovata esperienza, in modo da garantire un equilibrio tra potere di gestione e tutela degli interessi beneficiari.
La caratteristica principale del trust testamentario è che il trasferimento dei beni al trustee avviene mortis causa: il testatore non perde il controllo sui beni in vita, ma ne stabilisce il destino futuro. Solo alla sua morte si perfeziona il trasferimento, e da quel momento il trustee subentra nella titolarità dei beni, dando esecuzione alle volontà testamentarie secondo le regole del trust.
Funzionamento del trust testamentario e differenze rispetto al trust inter vivos.
La differenza fondamentale tra il trust testamentario e il trust inter vivos consiste nel momento di efficacia e nella funzione dell’atto istitutivo.
Nel trust inter vivos, l’effetto traslativo e la segregazione patrimoniale si producono immediatamente al momento della costituzione: il disponente trasferisce i beni al trustee già in vita, e questi ne assume l’amministrazione secondo le regole stabilite.
Nel trust testamentario, invece, l’effetto è posticipato alla morte del disponente. Il testamento funge da strumento di istituzione e da atto dispositivo, e il trustee acquisisce la titolarità dei beni soltanto quando la successione si apre. Da ciò discende che il trust testamentario non è soggetto alla disciplina dei contratti, ma a quella delle disposizioni testamentarie, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di capacità, forma e revocabilità.
Un ulteriore elemento di distinzione riguarda il controllo sulla gestione. Nel trust inter vivos, il disponente può riservarsi alcune facoltà di vigilanza o di indirizzo, mantenendo un ruolo attivo nella vita del trust; nel trust testamentario, tale controllo non è possibile, e la tutela delle volontà del testatore è demandata al guardiano o al giudice competente, secondo la legge regolatrice scelta.
Focus – Il trust testamentario e il trust in funzione successoria.
Accanto al trust testamentario, la prassi conosce una figura affine ma concettualmente distinta: il trust in funzione successoria, oggetto anche di un importante studio del Consiglio Nazionale del Notariato (n. 219 del 2019). Tale tipologia di trust si configura come un trust costituito inter vivos, quindi efficace sin dalla sua istituzione, ma con la particolarità che l’attuazione delle finalità per cui il trust è istituito si producono soltanto dopo la morte del disponente.
A prima vista, il trust in funzione successoria potrebbe far sorgere il sospetto di violazione del divieto dei patti successori di cui all’art. 458 del Codice civile, in quanto sembrerebbe un atto destinato a produrre effetti mortis causa in assenza delle forme testamentarie. Tuttavia, secondo il Consiglio Nazionale del Notariato, tale sospetto non regge a un’analisi approfondita, poiché la struttura del trust in funzione successoria si distingue nettamente dal patto successorio e ne rispetta i limiti sistematici.
Le ragioni principali di questa compatibilità sono due. In primo luogo, il trust in funzione successoria realizza una segregazione patrimoniale, non un’attribuzione mortis causa: esso non determina un trasferimento postumo dei beni, ma soltanto una loro destinazione vincolata, che incide sull’efficacia del principio di responsabilità patrimoniale generale sancito dall’art. 2740 del Codice civile, e non sulle norme che regolano la devoluzione ereditaria. In altre parole, il disponente, istituendo il trust, non dispone del proprio patrimonio per il tempo successivo alla morte, ma si limita a sottrarre determinati beni alla garanzia generica dei creditori, costituendoli in un patrimonio separato.
In secondo luogo, nel trust in funzione successoria il trasferimento dei beni e la creazione delle posizioni giuridiche dei soggetti coinvolti avvengono immediatamente al momento dell’istituzione del trust, e non mortis causa, all’apertura della successione (come avviene nel trust testamentario): ciò che avviene successivamente è soltanto l’esecuzione di finalità già giuridicamente perfezionate in vita.
Ne consegue che il trust in funzione successoria, pur essendo destinato a operare dopo la morte del disponente, non viola il divieto di cui all’art. 458 del Codice civile, poiché non costituisce un atto di disposizione successoria, ma un meccanismo di segregazione patrimoniale e di regolazione preventiva degli effetti successori. Esso si distingue pertanto dal trust testamentario, nel quale la vicenda traslativa è integralmente mortis causa, e i beni entrano nel patrimonio del trustee solo dopo la morte del disponente.
Il confine tra le due figure non è soltanto teorico, ma ha rilevanti implicazioni operative: mentre nel trust testamentario è necessaria la forma e la disciplina del testamento, nel trust in funzione successoria la validità discende da un atto tra vivi, con effetti immediati sul piano patrimoniale e con la possibilità di un più ampio margine di intervento del Notaio nella fase costitutiva e nella regolazione delle attribuzioni future.
Utilità e finalità pratiche del trust testamentario.
Spostando nuovamente l’attenzione sul trust testamentario, oggetto del presente contributo, si osserva che lo stesso si rivela particolarmente utile in una pluralità di situazioni, in cui l’obiettivo del testatore è garantire una gestione ordinata e protetta dei beni dopo la propria morte.
Uno degli impieghi più frequenti è la tutela di soggetti incapaci o minori, per i quali il trust consente di destinare beni a beneficio del loro mantenimento, istruzione o cura, sotto la responsabilità del trustee, evitando il frazionamento del patrimonio e assicurandone una gestione professionale.
Un’altra finalità tipica è la pianificazione del passaggio generazionale. Il trust testamentario permette di evitare la frammentazione del patrimonio tra gli eredi, mantenendo un’unità gestionale e assicurando la continuità di un’impresa familiare o di un bene di particolare valore storico o affettivo. Il testatore può, ad esempio, disporre che i beni aziendali siano trasferiti in trust e gestiti dal trustee nell’interesse dei discendenti, garantendo la prosecuzione dell’attività economica secondo criteri predeterminati.
Il trust testamentario trova applicazione anche nelle ipotesi di protezione patrimoniale, poiché realizza una vera e propria segregazione dei beni conferiti: questi diventano autonomi rispetto al patrimonio personale del trustee e dei beneficiari, rimanendo vincolati esclusivamente allo scopo del trust. Tale effetto di separazione patrimoniale è riconosciuto anche nel nostro ordinamento, in virtù della Convenzione dell’Aja, e costituisce uno dei principali motivi per cui il trust è impiegato in ambito successorio.
Non va trascurato, infine, l’aspetto della flessibilità insita al trust testamentario. Quest’ultimo, infatti, può essere strutturato in modo da prevedere distribuzioni condizionate o graduali, attribuzioni differite o vincoli a favore di più generazioni, permettendo al testatore di perseguire finalità complesse che l’ordinario testamento o il legato difficilmente consentirebbero di realizzare.
Profili giuridici di interesse notarile.
Sotto il profilo giuridico, il trust testamentario solleva delicate questioni di coordinamento con la disciplina italiana delle successioni. È necessario che il testamento contenga tutti gli elementi essenziali dell’istituzione del trust, e che la legge regolatrice sia chiaramente individuata. In mancanza, il trust potrebbe risultare inattuabile o, peggio, considerato nullo per indeterminatezza dell’oggetto o dell’ente beneficiario.
Il Notaio, nella redazione o pubblicazione del testamento contenente un trust, deve quindi assicurarsi che la volontà del testatore sia espressa in modo chiaro e che la designazione del trustee sia inequivocabile. In molti casi, la prassi prevede la predisposizione di un trust deed separato, redatto secondo la legge straniera prescelta, richiamato nel testamento mediante clausola di rinvio.
Il ruolo del Notaio.
Il ruolo del Notaio nella costituzione di un trust testamentario è di primaria importanza. Egli non solo garantisce la validità formale e sostanziale dell’atto, ma assicura che la volontà del testatore sia tradotta in disposizioni giuridiche chiare, coerenti e conformi alla legge scelta. L’intervento notarile si estende anche alla fase successiva, quella dell’esecuzione, in cui il Notaio può essere chiamato a pubblicare il testamento, a verificare la designazione del trustee e a curare la trascrizione dei beni immobili trasferiti al trust.
La funzione notarile assume qui la sua dimensione più alta di garante della certezza e della legalità: in un ambito come quello del trust testamentario, in cui si intrecciano elementi di diritto interno e di diritto straniero, l’esperienza del Notaio è essenziale per evitare errori di forma o di contenuto che potrebbero compromettere l’efficacia del trust.
Considerazioni conclusive.
Il trust testamentario costituisce, dunque, uno strumento di grande modernità, capace di coniugare la flessibilità del diritto anglosassone con la sicurezza giuridica propria della tradizione civilistica italiana. Esso consente al testatore di pianificare la destinazione del proprio patrimonio con un grado di dettaglio e di tutela che va oltre le possibilità offerte dal testamento ordinario, offrendo soluzioni personalizzate per la protezione dei propri cari, la continuità dell’impresa e la gestione responsabile dei beni.
Affidato a un corretto disegno giuridico e alla sapiente guida del Notaio, il trust testamentario si rivela, dunque, uno strumento di straordinaria efficacia, capace di tradurre la volontà del testatore in un progetto patrimoniale durevole, ordinato e coerente, che sopravvive nel tempo e garantisce stabilità ai rapporti giuridici che da esso derivano.
