AMMISSIBILITÀ DEGLI ACCORDI PREMATRIMONIALI:
LA NUOVA APERTURA DELLA CORTE DI CASSAZIONE (SENT. N. 20415/2025)
Premessa.
Nel sistema del diritto di famiglia italiano, la questione dell’ammissibilità degli accordi prematrimoniali ha a lungo suscitato un vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale. Tradizionalmente, tali accordi – ossia le convenzioni con cui i futuri coniugi intendono predeterminare, in vista di una possibile crisi coniugale, le conseguenze patrimoniali della separazione o del divorzio – sono stati considerati contrari al principio della indisponibilità dei diritti che derivano dal matrimonio, sancito dall’art. 160 del Codice civile.
Secondo l’impostazione prevalente, infatti, i diritti e i doveri coniugali sono espressione di uno status, e dunque non liberamente negoziabili dalle parti, né prima, né durante il matrimonio. Tale orientamento, ribadito in più occasioni dalla giurisprudenza di legittimità, ha comportato per lungo tempo la radicale nullità di ogni patto che, in via preventiva, disciplinasse gli aspetti economici di un’eventuale crisi matrimoniale.
Negli ultimi anni, tuttavia, si è progressivamente affermata una tendenza interpretativa più aperta, volta a riconoscere un margine di autonomia negoziale anche in ambito familiare, purché non vengano incisi i diritti fondamentali e le tutele inderogabili.
In questa prospettiva si colloca la recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione I civile, n. 20415 del 21 luglio 2025, la quale segna un significativo punto di svolta: per la prima volta, la Corte ammette la validità di un accordo stipulato tra coniugi in previsione di una futura separazione, purché esso sia espressione di un equilibrio effettivo e non contrasti con principi di ordine pubblico o con la tutela del coniuge economicamente più debole.
Il caso concreto e la decisione della Corte.
Il caso all’esame della Corte traeva origine da un accordo stipulato tra due coniugi durante il matrimonio, con il quale il marito si impegnava, in caso di separazione, a corrispondere alla moglie la somma di euro 146.400, a titolo di compensazione per il contributo economico fornito da quest’ultima alla ristrutturazione della casa familiare.
In cambio, la moglie si obbligava a trasferire al marito alcuni beni mobili di valore, nell’ottica di una complessiva regolazione dei reciproci rapporti patrimoniali.
A seguito della separazione, il marito contestava la validità dell’accordo, sostenendo che si trattasse di un patto nullo in quanto volto a predeterminare gli effetti economici della crisi coniugale, e dunque contrario al principio della indisponibilità dei diritti derivanti dal matrimonio.
Le corti di merito avevano accolto la tesi della nullità, richiamandosi all’orientamento tradizionale della Cassazione (tra le altre, Cass. n. 2224/2006 e Cass. n. 23713/2012), secondo cui gli accordi stipulati in previsione della futura separazione o del divorzio sarebbero radicalmente nulli per violazione dell’art. 160 del Codice civile e per contrarietà all’ordine pubblico familiare.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20415/2025, ha invece ribaltato l’impostazione, riconoscendo la validità dell’accordo in questione. Secondo la Corte, l’autonomia negoziale dei coniugi non può essere esclusa in via assoluta, ma deve essere valutata caso per caso, alla luce dei principi di solidarietà, proporzionalità e tutela del coniuge debole.
L’accordo, nel caso di specie, non costituiva un patto volto a disciplinare il futuro scioglimento del matrimonio in termini generali, ma un contratto atipico avente ad oggetto la regolamentazione di specifici rapporti patrimoniali tra coniugi, in relazione a un contributo economico effettivamente fornito da uno di essi.
I principi affermati dalla Cassazione.
La sentenza n. 20415/2025 rappresenta una vera e propria apertura di sistema, introducendo principi di grande rilievo, sia sotto il profilo sostanziale che operativo.
a) Superamento del divieto assoluto di patti in previsione della crisi coniugale
La Corte afferma che non può più ritenersi sussistente un divieto assoluto di stipulare accordi tra coniugi o futuri coniugi in previsione di una crisi matrimoniale. Tale divieto, di origine giurisprudenziale, non trova un espresso fondamento normativo e deve essere letto alla luce del principio costituzionale di autonomia privata (art. 2 e 41 Cost.) e del generale favor per l’autonomia contrattuale sancito dall’art. 1322 del Codice civile.
Secondo la Cassazione, il limite all’autonomia negoziale non è rappresentato dal mero oggetto dell’accordo (la crisi coniugale futura), bensì dalla sua compatibilità con l’ordine pubblico e con i principi di solidarietà familiare. Ne consegue che un accordo volto a disciplinare, in modo equilibrato e non pregiudizievole, i rapporti economici tra coniugi, non può ritenersi di per sé nullo.
b) La distinzione tra patti “patrimoniali” e patti “personali”
La Corte distingue poi tra patti aventi ad oggetto diritti patrimoniali – che possono rientrare nell’ambito dell’autonomia negoziale – e patti aventi ad oggetto diritti personali e indisponibili, come il diritto al mantenimento, alla convivenza o all’assistenza morale, che restano sottratti alla libera disponibilità delle parti.
Pertanto, restano inammissibili gli accordi che subordinano la separazione o il divorzio a determinate condizioni o che incidono su diritti fondamentali della persona.
Sono invece ammissibili, entro certi limiti, gli accordi economici che mirano a regolare conseguenze patrimoniali di una crisi, purché non ledano la dignità o la libertà di uno dei coniugi.
c) Il controllo di meritevolezza e il ruolo del giudice
La Corte attribuisce al giudice il compito di verificare la meritevolezza dell’interesse perseguito dalle parti ai sensi dell’art. 1322, comma 2, del Codice civile.
L’accordo deve perseguire uno scopo lecito e socialmente apprezzabile, coerente con i valori costituzionali di solidarietà e parità tra coniugi. Il controllo giudiziale dovrà dunque valutare non solo la validità formale del patto, ma anche il suo contenuto sostanziale, in particolare quanto all’equilibrio delle prestazioni e all’assenza di situazioni di prevaricazione o di debolezza contrattuale.
d) La natura degli accordi: contratti atipici con causa patrimoniale
Gli accordi in previsione della crisi coniugale vengono qualificati come contratti atipici con causa patrimoniale, riconducibili all’art. 1322 del Codice civile, e non come patti di natura familiare in senso stretto.
Essi si fondano su una causa meritevole di tutela, consistente nella preventiva regolazione dei rapporti economici in modo equo e razionale, con funzione di prevenzione del contenzioso e di tutela reciproca.
In questa prospettiva, la Cassazione sottolinea come l’autonomia privata, opportunamente bilanciata, possa contribuire a realizzare la finalità solidaristica del diritto di famiglia, riducendo il conflitto e favorendo soluzioni concordate.
Profili di diritto comparato e tendenze evolutive.
La sentenza in commento si inserisce nel più ampio dibattito europeo sul riconoscimento degli accordi prematrimoniali.
In molti ordinamenti di civil law e di common law, tali accordi sono pacificamente ammessi, con il solo limite del rispetto dei diritti fondamentali e dell’equità.
In Francia, ad esempio, il contrat de mariage consente ai futuri sposi di scegliere liberamente il regime patrimoniale e di inserire clausole in vista di una eventuale separazione.
In Germania, il Ehevertrag è pienamente riconosciuto, pur soggetto a un controllo di equità da parte del giudice. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, i prenuptial agreements trovano ormai costante applicazione, con un controllo sostanziale di ragionevolezza.
La giurisprudenza italiana, con la pronuncia in commento, sembra quindi allinearsi – seppur parzialmente – a questa tendenza, superando la tradizionale concezione “pubblicistica” del matrimonio e riconoscendo agli sposi una più ampia autonomia negoziale.
Implicazioni pratiche e riflessi per la prassi notarile.
L’apertura della Cassazione alla validità degli accordi prematrimoniali e degli accordi in costanza di matrimonio comporta rilevanti conseguenze operative per l’attività notarile.
a) Forma e contenuto degli accordi
Pur in assenza di una disciplina legislativa specifica, la forma dell’atto notarile appare la più idonea a garantire la validità e la certezza dell’accordo, non solo per la funzione di pubblica fede, ma anche per la possibilità di assicurare la consapevolezza delle parti e la corretta informazione sui limiti e sugli effetti del patto.
Il notaio potrà quindi ricevere atti di natura patrimoniale che prevedano, ad esempio, trasferimenti immobiliari, donazioni modali, patti di compensazione o liquidazioni patrimoniali collegate a una eventuale crisi coniugale, purché le clausole siano formulate in modo equilibrato e rispettoso della dignità di entrambi i coniugi.
b) Controllo di liceità e meritevolezza
Compete al notaio verificare che l’accordo persegua uno scopo lecito e meritevole di tutela, secondo quanto disposto dall’art. 1322 del Codice civile, e che non presenti profili di abuso o di compressione della libertà personale.
In tale ottica, il notaio dovrà astenersi dal ricevere atti che contengano clausole lesive della parità tra i coniugi, come patti penalizzanti o premiali legati alla condotta personale o alla decisione di porre fine al matrimonio.
c) Rilevanza ai fini della successiva omologazione o del giudizio di separazione
È prevedibile che, in caso di crisi coniugale, gli accordi prematrimoniali o patrimoniali possano essere sottoposti al vaglio del giudice in sede di separazione o divorzio. Il giudice potrà verificarne la validità, la proporzionalità e la coerenza con le circostanze sopravvenute.
La stipula per atto pubblico e la chiarezza delle clausole costituiranno elementi essenziali per garantirne l’efficacia e la resistenza in giudizio.
Considerazioni conclusive.
La sentenza n. 20415/2025 della Corte di Cassazione segna un passaggio decisivo verso il riconoscimento degli accordi prematrimoniali nel diritto italiano.
Pur senza introdurre un pieno modello di prenuptial agreement come in altri ordinamenti, la Corte afferma un principio di apertura fondato sulla meritevolezza della causa e sul rispetto dei valori costituzionali di libertà e solidarietà.
Il matrimonio, pur restando istituzione di rilievo pubblico, non è più concepito come ambito impermeabile all’autonomia privata: i coniugi possono, in misura ragionevole, autoregolare i propri rapporti patrimoniali, purché ciò non comporti compressione dei diritti fondamentali né alterazione dell’equilibrio tra le parti.
Per la prassi notarile si apre un nuovo spazio di operatività, che richiede tuttavia prudenza e rigore: il notaio, quale garante della legalità e dell’equità sostanziale del contratto, dovrà assicurare che l’accordo sia redatto in forma chiara, proporzionata e consapevole, con particolare attenzione ai limiti posti dall’ordine pubblico familiare.
La pronuncia della Cassazione rappresenta, in definitiva, un passo importante verso un diritto di famiglia più moderno e più attento all’autonomia dei coniugi, nel solco di un equilibrio tra libertà negoziale e tutela delle relazioni affettive.
