Nozione di eredità giacente
Quando una persona muore, si apre la successione mortis causa, in altre parole, il suo patrimonio viene trasmesso agli eredi. Gli eredi sono i soggetti espressamente indicati dal de cuius nelle disposizioni di ultima volontà (successori testamentari); oppure, in mancanza di testamento, sono considerati eredi i successori legittimi, detti anche successibili.
Rientrano in tale categoria il coniuge, i discendenti, gli ascendenti, i collaterali e gli altri parenti sino al sesto grado ai sensi dell’art 565 codice civile.
I soggetti suindicati, possono essere:
a) gli eredi testamentari (in caso di successione testamentaria);
b) gli eredi legittimi (in caso di successione legittima o ab intestato).
Questi soggetti sono definiti “chiamati” o “vocati” all’eredità, in quanto destinatari della vocazione, sia essa testamentaria o legittima. Essi divengono eredi unicamente mediante l’adizione di eredità, anche detta accettazione ex art 469 codice civile.
L’accettazione può avvenire in due forme: “puramente e semplicemente” o con “beneficio di inventario”. In estrema sintesi, se gli eredi hanno optato per l’accettazione pura e semplice rispondono dei debiti ereditari con tutto il loro patrimonio.
Per contro, con il beneficio di inventario, i chiamati rispondono nei limiti dei beni contenuti nel compendio ereditario.
In tutti i suindicati casi, stante la situazione di incertezza, l’asse ereditario giace senza titolare e si parla di eredità giacente. Tale istituto offre una soluzione provvisoria volta a soddisfare le esigenze dell’eredità e dei terzi, come sostenuto da autorevole dottrina. Infatti, nella maggior parte dei casi, sono i creditori del de cuius ad avere interesse a che il suo patrimonio sia gestito al fine di recuperare il proprio credito.
Definizione generale di curatore dell’eredità giacente
La figura del curatore dell’eredità giacente è disciplinata dagli artt 528 ss codice civile e viene in rilievo ogni qual volta viene aperta una successione e i chiamati a succedere non accettano ancora l’eredità del de cuius.
Il curatore dell’eredità giacente ricopre un ufficio di diritto privato non rappresentativo, in quanto non essendoci un soggetto giuridico in essere, non si può definire come una rappresentante dell’eredità.
La dottrina prevalente ritiene che tale ufficio è incompatibile con quello dell’esecutore testamentario, per le ragioni che andremo a spiegare più avanti.
Il curatore dell’eredità giacente ha, infatti, una funzione gestoria che gli viene direttamente attribuita dal legislatore e, quindi, agisce sempre per conto di chi spetta, ovvero del futuro erede.
La giacenza pro quota
Nel caso in cui vi siano più chiamati all’eredità e solo alcuni abbiano accettato, secondo la giurisprudenza più recente, non è configurabile un’eredità giacente pro quota (es. Nevio muore, i chiamati all’eredità sono i figli, Tizio, Caio e Sempronio; i primi due accettano, mentre il terzo non accetta né rinuncia. La sua quota rimane giacente).
Non è ammissibile la nomina di un curatore solo per una porzione dell’asse ereditario, giacché la funzione dell’istituto riguarda l’amministrazione e la conservazione dell’intero patrimonio nell’attesa che venga devoluto a chi ne abbia titolo (Cass.2611/2001; Cass. 7076/1990 contra Cass. 3087/1987; Cass. 1841/1982).
In buona sostanza, per ricorrere alla nomina del curatore è necessaria la mancata accettazione dell’eredità da parte:
a) dell’unico chiamato;
b) di tutti i chiamati.
Nomina e funzioni del curatore dell’eredità giacente
Il curatore dell’eredità giacente deve sempre essere autorizzato ai sensi degli artt 782 e 783 codice di procedura civile, in quanto, essendo nominato del giudice e non dal testatore, come accade per l’esecutore testamentario, il suo operato deve essere sempre sottoposto al controllo giudiziale.
Con riferimento ai presupposti per la nomina del curatore, occorre che:
a) Il chiamato non ha accettato l’eredità;
b) Il chiamato non è possesso dei beni;
c) Non ci deve essere un esecutore testamentario che ha accettato l’incarico.
Compiti del curatore dell’eredità giacente
L’art 529 codice civile indica espressamente quali siano i compiti del curatore. Egli è tenuto a:
a) procedere all’inventario dell’eredità;
b) esercitarne e promuoverne le ragioni;
c) rispondere alle istanze proposte contro la medesima;
d) amministrarla;
e) depositare presso le casse postali o presso un istituto di credito designato dal tribunale il danaro che si trova nell’eredità o si ritrae dalla vendita dei mobili o degli immobili;
f) rendere conto della propria amministrazione.
Adempimenti fiscali del curatore dell’eredità giacente
In buona sostanza, il curatore può compiere gli atti utili alla conservazione e amministrazione dell’asse ereditario. Nondimeno, nello svolgimento della suddetta attività, egli non è libero, in quanto per il compimento degli atti di straordinaria amministrazione occorre la previa autorizzazione del tribunale e, inoltre, deve presentare il rendiconto della propria gestione (art 782 codice di procedura civile).
Infatti, per il compimento degli atti di straordinaria amministrazione, il curatore deve presentare un ricorso al tribunale in composizione collegiale che provvede in camera di consiglio (art 737 codice di procedura civile e art 50 bis comma 2° codice di procedura civile); inoltre, qualora tra i beni ereditari vi sia un’azienda, la continuazione dell’attività d’impresa deve essere autorizzata dal giudice. Per contro, l’ordinaria attività gestoria del patrimonio ereditario può avvenire senza previa autorizzazione giudiziale.
Inoltre, il curatore è titolare della legittimazione attiva volta a promuovere le azioni a difesa dell’eredità. Il curatore è legittimato ad esperire l’actio interrogatoria (art 481 codice civile), ossia a chiedere la fissazione di un termine entro cui il chiamato dichiari se accetta o rinuncia all’eredità.
Egli gode, altresì, della legittimazione passiva per resistere ad eventuali istanze rivolte contro il patrimonio ereditario.
Sul curatore dell’eredità gravano anche degli adempimenti fiscali, in particolare egli deve presentare:
a) la dichiarazione di successione entro 12 mesi dalla data in cui ha avuto notizia legale della nomina, se successiva all’apertura della successione,
b) la dichiarazione dei redditi,
c) gli adempimenti contabili e IVA per le operazioni svolte dal defunto titolare di Partita IVA.
Inoltre, deve adempiere agli obblighi contabili e quelli a carico dei sostituti d’imposta stabiliti nel DPR n. 600/1973.
Determinazione di un compenso
Il curatore ha diritto al compenso per l’attività svolta e al rimborso delle spese sostenute. Il giudice liquida l’importo con decreto.
In merito al quantum, la legge non detta alcun criterio e, nel tempo, si sono succeduti diversi orientamenti. Indubbiamente, il giudice deve valutare la natura, l’entità ed i risultati delle prestazioni svolte.
Nel silenzio della legge, pare opportuno fare applicazione dei criteri relativi all’ordine professionale di appartenenza. Ad esempio:
a) il DM n. 55/2014 per gli avvocati, ove all’art 26, rubricato “prestazione a compenso percentuale”, si prevede che: “Per le prestazioni in adempimento di un incarico di gestione amministrativa, giudiziaria o convenzionale, il compenso è di regola liquidato sulla base di una percentuale, fino a un massimo del 5%, computata sul valore dei beni amministrati, tenendo altresì conto della durata dell’incarico, della sua complessità e dell’impegno profuso”;
b) il DM n. 140/2012 per i commercialisti, ove all’art 19, rubricato “amministrazione e custodia”, è disposto che: “Il valore della pratica per la liquidazione relativa a incarichi di amministrazione e custodia di aziende è determinato dalla sommatoria dei componenti positivi di reddito lordo e delle attività, e il compenso è liquidato, di regola, in misura pari a quanto indicato dal riquadro 1 della tabella C – Dottori commercialisti ed esperti contabili”.
Differenze tra curatore dell’eredità giacente ed esecutore testamentario
Nel caso in cui il defunto abbia predisposto un testamento, può aver indicato un soggetto il cui compito è quello di dare esecuzione alle sue ultime volontà: si tratta dell’esecutore testamentario (art 700 codice civile). Egli è una persona nominata dal de cuius, la quale, al momento dell’apertura della successione, prende possesso dell’asse ereditario, lo amministra e compie gli atti conservativi necessari (art. 703 comma 2° codice civile).
Il possesso non può durare oltre un anno (art 703 comma 3° codice civile). Il soggetto designato può decidere se accettare o meno l’incarico (art 702 codice civile). Come il curatore, se l’esecutore decide di accettare l’incarico, deve rilasciare una dichiarazione presso la cancelleria del tribunale a cui deve seguire l’annotazione nel registro delle successioni.
La sua attività è simile a quella del curatore ma è diversa la natura, infatti, l’esecutore testamentario:
a) è nominato direttamente dal testatore;
b) deve curare che siano eseguite le sue disposizioni di ultima volontà.
La presenza dell’esecutore esclude il rischio della “giacenza” dell’eredità e non rende necessaria la nomina di un curatore dell’eredità giacente, secondo autorevole dottrina.
L’ufficio di esecutore testamentario è gratuito ex art 711 codice civile salvo che il testatore non abbia stabilito una retribuzione, mentre il curatore ha diritto al compenso per la propria attività professionale.
In ambo i casi, le spese sostenute sono a carico dell’eredità ex art 712 codice civile.
E’ possibile che venga nominato un esecutore testamentario durante la giacenza dell’eredità?
Su questa questione, in dottrina si sono formati due orientamenti:
-Tesi 1: sostenuta della dottrina minoritaria, secondo la quale l’esecutore non può esserci durante il periodo di giacenza perché deve sempre esistere un erede che abbia già accettato. L’art 703 comma 4° codice civile, infatti, nel prevedere che debbano essere sentiti gli eredi, sembra presupporre che l’esecutore testamentario può agire solo se l’eredità è già stata accettata e la vendita di un bene ereditario si trascrive sempre contro gli eredi. Pertanto, non c’è una vendita per conto di chi spetti da parte dell’esecutore e dovrebbe essere necessariamente nominato un curatore.
-Tesi 2: la dottrina maggioritaria, invece, sulla base del 5° comma dell’art 703 codice civile, ritiene che l’atto gestorio dell’esecutore testamentario non pregiudica il diritto del chiamato a rinunciare all’eredità, pertanto, l’esecutore testamentario può anche coesistere con una eredità ancora in giacenza. Quindi, se c’è l’esecutore che ha accettato l’incarico, non può essere nominato il curatore dell’eredità giacente.
In questo caso, infatti, durante la giacenza, l’esecutore svolgerà le mansioni che per legge spetterebbero al curatore, ai sensi dell’art 783 codice di procedura civile ed una eventuale vendita di beni ereditari verrà fatta per conto di chi spetta. Tale atto si trascriverà, pertanto, come la vendita effettuata dal curatore, ovvero, contro il de cuius e nel quadro D si specificherà che si tratta di una vendita fatta dall’esecutore.
Alla luce di quanto fin ora esposto, l’esecutore testamentario, per operare, deve avere l’autorizzazione ex art 747 codice di proceduta civile, rilasciata dal Tribunale delle successioni, e deve sempre sentire prima gli eredi del de cuius per poter compiere atti dispositivi aventi ad oggetto beni ereditari.
La fattispecie fisiologica è quella dell’azione dell’esecutore, una volta che gli eredi hanno acettato.
Pertanto, la trascrizione della vendita viene fatta contro gli eredi.
Nel caso di eredità giacente, senza accettazione, l’esecutore testamentario può effettuare una vendita per conto di chi spetta.
In questo caso, dottrina e giurisprudenza sono conformi nel ritenere che in caso di giacenza in presenza di esecutore, quest’ultimo svolge le stesse funzioni del curatore. Però, gli eredi non possono essere previamente sentiti perché non c’è stata ancora accettazione e, dunque, sono meri chiamati all’eredità, come è consuetudine nella fase della giacenza.
Quindi, l’esecutore in caso di eredità non accettata non può effettuare una vendita ai sensi dell’art 703 codice civile, perché non può sentire prima gli eredi, essendo questo un presupposto necessario e prodromico al compimento di tale atto dispositivo.
Pertanto, egli deve effettuare la vendita come se fosse un curatore dell’eredità giacente ai sensi dell’art 783 codice di procedura civile, senza sentire prima gli eredi.
Per tutte queste ragioni, il curatore dell’eredità giacente non può essere nominato se c’è gia un esecutore testamentario, in quanto le due figure sono incompatibili e non possono coesistere.
La vendita in caso di giacenza è sempre fatta per conto di chi spetta, anche se nel caso dell’esecutore avviene sempre per conto degli eredi che hanno già accettato.
Principio dell’apparenza titolata
In dottrina e nella prassi notarile si è affermato il principio secondo cui dove non può arrivare l’art 534 codice civile arriva l’art 742 codice di procedura civile, ovvero il cd. principio dell’apparenza titolata.
In questo caso viene in rilievo la tutela dell’affidamento del terzo in buona fede, nell’ipotesi in cui il decreto di nomina venga revocato in presenza di un testamento successivo oppure quando viene fatta l’accettazione da parte degli eredi prima della vendita del curatore.
In questi casi si tratta di acquisiti effettuati dall’erede apparente e i terzi, se si trovano in buona fede, vengono sempre tutelati, in quanto gli effetti derivanti dai suddetti acquisti vengono sempre fatti salvi.
La nomina del curatore dell’eredità giacente può essere effettuata dal testatore?
In dottrina e in giurisprudenza ci si è chiesto se fosse possibile la nomina testamentaria del curatore dell’eredità giacente, ma la risposta a tale quesito è stata all’unanimità negativa, in quanto assolutamente contra legem.
In altre parole, la nomina del curatore dell’eredità giacente può essere fatta solo e soltanto dal giudice ai sensi dell’art 528 codice civile.
Il testatore può, al massimo, effettuare una designazione nel proprio testamento, la quale non deve, però, essere assolutamente vincolante per il giudice che deve sempre decidere secondo il proprio arbitrio.
Documentazione necessaria per la nomina del curatore
Per la nomina del curatore dell’eredità giacente, oltre al ricorso da presentare all’autorità giudiziaria, occorre la documentazione necessaria a corroborare l’istanza.
Sono richiesti:
a) il certificato di morte;
b) il certificato storico anagrafico del defunto.
Il certificato di morte viene rilasciato dall’Ufficio di Stato Civile del Comune di residenza del defunto o del Comune in cui è avvenuto il decesso. Il certificato contiene la data, il luogo del decesso e l’indicazione dell’ultima residenza. Il certificato storico anagrafico, a differenza dello stato di famiglia, non fotografa la situazione attuale, ma quella precedente; in particolare, indica la composizione della famiglia in una specifica data.
La richiesta del certificato deve provenire da un soggetto che:
a) vi abbia interesse (nel caso di specie, l’interesse consiste nell’individuazione degli eredi del de cuius);
b) conosca i dati anagrafici della persona residente nel Comune.
Unitamente ai documenti di cui sopra, nel fascicolo devono essere inseriti:
a) la nota di iscrizione a ruolo;
b) il ricorso;
c) il contributo unificato e l’anticipazione forfettaria delle spese.
Costi della procedura di nomina
Il procedimento di nomina del curatore dell’eredità giacente rientra nella Volontaria Giurisdizione.
I costi si sostanziano nel pagamento del contributo unificato e dell’anticipazione forfettaria. Attualmente:
a) 98,00 euro di contributo unificato;
b) 27,00 euro di anticipazione forfettaria.
Il contributo unificato è dovuto in misura fissa ai sensi dell’art. 13 c. 1 lett. b n. DPR 115/2002 (vedasi la guida sul contributo unificato, paragrafo 12):
a) se l’istanza è presentata da un privato, gli compete il pagamento del CU;
b) se la richiesta avviene d’ufficio, il CU è prenotato a debito (art 148 DPR n. 115/2002).
In particolare, nella procedura sull’eredità giacente avviata d’ufficio, sono spese prenotate a debito:
a) il contributo unificato;
b) i diritti di copia.
Invece, sono spese anticipate dall’Erario:
a) le spese di spedizione o l’indennità di trasferta degli ufficiali giudiziari per le notificazioni a richiesta d’ufficio;
b) le indennità e le spese di viaggio spettanti a magistrati e ad appartenenti agli uffici per il compimento di atti del processo fuori della sede in cui si svolge;
c) le spese per gli strumenti di pubblicità dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria.
Nel caso di ricorso presentato dalla parte privata, se il ricorrente si affida ad un legale per la redazione del ricorso, occorre il pagamento delle competenze professionali, il cui importo può variare.
Si segnala che, nella prassi, può venire chiesto un fondo spese a carico della parte privata. Le spese relative alla procedura sono affrontate
a) attingendo alle liquidità dell’eredità giacente;
b) in difetto di liquidità, le spese sono anticipate dal ricorrente, il quale ha diritto alla ripetizione di quanto versato all’esito della liquidazione dei beni;
c) se la procedura viene chiusa senza attivo, le spese rimangono definitivamente a carico del ricorrente.
Tra le altre spese, si segnalano:
a) il pagamento delle copie;
b) il pagamento dell’imposta di registro sui verbali d’inventario, in misura fissa, attualmente pari a 200,00 euro, oltre 16,00 euro di imposta di bollo.
Infine, si ricorda che i ricorsi depositati dal curatore, ad esempio, per l’autorizzazione alla vendita dei beni immobili (art 783 comma 2° codice di procedura civile), danno luogo a procedimenti autonomi, per i quali è competente il Tribunale, in composizione collegiale, che decide in camera di consiglio con decreto motivato, pertanto, è dovuto il pagamento del Contributo Unificato.
Chiusura della giacenza ed eventuale devoluzione dell’eredità allo stato
La curatela viene a cessare nel caso di:
a) accettazione dell’eredità da parte di uno dei chiamati (accettazione espressa o tacita),
b) prescrizione del diritto ad accettare (ossia decorsi 10 anni dall’apertura della successione) con devoluzione dell’eredità allo Stato;
c) nel caso di esaurimento dell’attivo ereditario, giacché non residuano beni da conservare e amministrare.
Quando il curatore è edotto di una delle cause di chiusura della curatela, provvede a rendere il conto della amministrazione, chiedendo la chiusura della procedura al tribunale ed indicandone la ragione (artt. 496 e 531 codice civile). Quindi, il curatore nell’istanza di chiusura deve chiedere:
a) l’approvazione del rendiconto finale;
b) la liquidazione del compenso unitamente al rimborso delle spese anticipate.
Come abbiamo visto, la curatela viene chiusa anche nel caso di devoluzione dell’eredità allo Stato.
L’eredità si devolve allo Stato nel caso in cui:
a) non vi siano altri successibili;
b) vi siano altri successibili ma abbiano rinunciato e sia decorso il termine per revocare la rinuncia (art 525 codice civile),
c) sia prescritto il termine per accettare (dieci anni ai sensi dell’art 480 codice civile) o il soggetto sia decaduto al diritto di accettare (si pensi all’indegnità art 463 codice civile).
