I CONTRATTI DI JOINT VENTURE: PROFILI LEGALI E OPERATIVI
Il panorama economico contemporaneo è caratterizzato da una crescente complessità e da un’intensificazione delle relazioni transnazionali e intersettoriali.
In tale contesto, le imprese ricorrono sempre più frequentemente a strumenti di collaborazione che consentano di condividere risorse, know-how e rischi, senza necessariamente procedere a operazioni di fusione o acquisizione. Tra tali strumenti, il contratto di joint venture assume una posizione di rilievo, rappresentando una forma flessibile ed efficace di cooperazione imprenditoriale.
Dal punto di vista giuridico, il contratto di joint venture non trova una disciplina specifica nel Codice civile italiano, collocandosi nell’ambito dell’autonomia contrattuale riconosciuta dall’art. 1322 del Codice civile. Esso rientra tra i cosiddetti contratti atipici, ossia non tipizzati dal legislatore, ma pienamente validi purché diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Tale carattere di atipicità rende necessario un attento lavoro di costruzione delle clausole, nonché un adeguato inquadramento nei principi generali del diritto civile e commerciale.
Definizione e funzione economico-giuridica.
Quando si parla di joint venture si fa riferimento a un accordo di cooperazione imprenditoriale che nasce dall’esigenza, sempre più diffusa nel mercato globale, di unire forze e competenze per affrontare progetti che un singolo operatore economico difficilmente riuscirebbe a realizzare da solo. Due o più imprese, che rimangono pienamente autonome e indipendenti dal punto di vista giuridico e organizzativo, scelgono consapevolmente di collaborare per il perseguimento di uno scopo comune, il quale può assumere le forme più diverse: l’introduzione di un nuovo prodotto, l’espansione verso mercati esteri, la gestione di grandi opere infrastrutturali, o ancora la condivisione di tecnologie e know-how.
L’elemento qualificante della joint venture non è dunque la fusione o l’integrazione totale delle imprese partecipanti, bensì la scelta di intraprendere un percorso condiviso che mantenga intatte le singole identità, pur dando vita a un nuovo modello organizzativo. In tal modo, la joint venture rappresenta un equilibrio fra esigenze opposte: da un lato, la necessità di collaborazione e di ripartizione dei rischi e degli investimenti; dall’altro, la volontà di preservare autonomia gestionale e patrimoniale.
Sul piano giuridico, la joint venture si caratterizza come un contratto atipico, costruito caso per caso in base agli interessi delle parti, e proprio tale elasticità ne spiega il successo nella prassi commerciale internazionale. Sul piano economico, invece, essa svolge la funzione di strumento competitivo, capace di favorire l’accesso a risorse altrimenti precluse e di generare sinergie che rafforzano la posizione di mercato dei partner.
Tipologie di joint venture.
La prassi distingue due principali forme di joint venture: la corporate joint venture e la contractual joint venture.
La corporate joint venture si realizza mediante la costituzione di una nuova società partecipata dai partner, la quale diviene il centro di imputazione dei rapporti giuridici e patrimoniali connessi all’iniziativa comune. In tal caso, il contratto di joint venture si traduce nello statuto e nei patti parasociali della nuova entità, disciplinando i rapporti tra i soci, le modalità di governance, la ripartizione degli utili e le cause di scioglimento.
La contractual joint venture, invece, si basa su un contratto tra le imprese partecipanti, senza la creazione di un nuovo soggetto giuridico. In tale ipotesi, le parti disciplinano nel contratto i reciproci diritti e obblighi, la ripartizione dei costi e dei ricavi, i criteri di gestione comune e le modalità di risoluzione delle controversie.
La scelta tra le due forme dipende da diversi fattori, quali la durata del progetto, la necessità di una struttura patrimoniale autonoma, la complessità dell’iniziativa e il grado di coinvolgimento reciproco dei partner.
Inquadramento normativo e autonomia contrattuale.
L’assenza di una disciplina codicistica specifica impone di fare riferimento ai principi generali del diritto civile e commerciale.
L’art. 1322 del Codice civile consente ai privati di concludere contratti atipici, purché diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela. Tale norma costituisce il fondamento giuridico della joint venture, la quale deve rispettare i limiti posti dall’ordinamento in tema di causa, oggetto e forma.
Per le corporate joint venture, il riferimento principale è la disciplina societaria contenuta nel libro V del Codice civile, in particolare per quanto riguarda la costituzione di società di capitali, la governance, la responsabilità degli amministratori e la tutela dei soci di minoranza. Non di rado, la joint venture viene realizzata mediante la costituzione di una società a responsabilità limitata, per la maggiore flessibilità che tale modello offre rispetto alla società per azioni.
Per le contractual joint venture, invece, si fa ricorso alle regole generali sui contratti, con possibili richiami, a seconda dei casi, agli istituti della società semplice, dell’associazione in partecipazione, del consorzio o del contratto d’opera. È frequente, nella prassi, un innesto di clausole mutuato da tali modelli, che tuttavia non ne determina l’applicazione integrale.
Clausole tipiche e aspetti operativi.
La predisposizione di un contratto di joint venture costituisce un momento di straordinaria delicatezza, poiché dalla chiarezza e dalla completezza delle clausole dipende in larga misura la riuscita dell’operazione.
A differenza dei contratti tipici, la joint venture non beneficia di un apparato normativo di dettaglio che possa sopperire a eventuali lacune: sono quindi le parti stesse a dover regolare, con l’ausilio dei loro consulenti e del Notaio, ogni aspetto rilevante della futura collaborazione.
La prima clausola di rilievo riguarda l’individuazione dell’oggetto e dello scopo della joint venture. È necessario specificare con la massima precisione la natura del progetto comune, i limiti dell’attività da intraprendere e i risultati attesi, in modo da evitare incertezze interpretative che potrebbero degenerare in conflitto.
A ciò si collega la clausola relativa alla durata del rapporto, che deve essere calibrata sul tipo di iniziativa: nelle joint venture create per la realizzazione di un progetto specifico (ad esempio la costruzione di un’infrastruttura) è normale una durata a termine, mentre nelle joint venture di lungo respiro, mirate a una stabile collaborazione commerciale, si preferisce una durata indeterminata, con facoltà di recesso regolata da condizioni e preavvisi.
Altro elemento essenziale è rappresentato dai conferimenti. Le parti possono contribuire con capitali, beni materiali, risorse tecnologiche o personale qualificato: tutto deve essere puntualmente descritto e valutato, per chiarire non solo l’entità dell’apporto, ma anche le modalità di impiego all’interno della joint venture.
Grande attenzione merita poi la governance, ossia l’insieme delle regole che disciplinano le decisioni e la gestione del progetto. Nelle corporate joint venture, ciò si traduce nella definizione degli organi sociali della società veicolo e delle maggioranze richieste per le decisioni più rilevanti. Nelle contractual joint venture, invece, la governance prende la forma di comitati di gestione o di specifici meccanismi decisionali. È importante prevedere strumenti di superamento dei conflitti interni, per evitare situazioni di stallo che possano compromettere la continuità del progetto.
Tra le clausole tipiche rientrano, infine, quelle relative alla distribuzione degli utili e delle perdite, alle regole di riservatezza e di non concorrenza, nonché alle modalità di risoluzione delle controversie, spesso affidate all’arbitrato internazionale. Si tratta di previsioni che, pur essendo in apparenza di natura accessoria, in realtà costituiscono la spina dorsale del contratto, poiché regolano gli aspetti più delicati dei rapporti tra i partner e offrono le necessarie garanzie di tutela reciproca.
Profili di rischio e tutele giuridiche.
Se da un lato la joint venture rappresenta un’occasione preziosa per le imprese che desiderano ampliare i propri orizzonti, dall’altro essa comporta inevitabili rischi, derivanti dalla complessità della collaborazione e dalla pluralità di interessi coinvolti.
Non si tratta di rischi meramente teorici, ma di concrete possibilità di conflitto che, se non adeguatamente previste e regolate, possono portare al fallimento dell’iniziativa.
Uno dei rischi più evidenti è quello dello squilibrio contrattuale: può accadere che uno dei partner, approfittando di una posizione di maggiore forza economica o tecnica, imponga condizioni che gli consentano di ottenere vantaggi sproporzionati rispetto all’altro, sia in termini di controllo sulle decisioni sia nella ripartizione degli utili. È per questo motivo che il contratto deve contenere clausole di bilanciamento eque e trasparenti.
Altro rischio frequente è quello del cosiddetto “deadlock”, ossia lo stallo decisionale. Nelle joint venture paritetiche, in cui i soci detengono quote identiche e pari diritti di voto, l’assenza di meccanismi di superamento delle divergenze può paralizzare l’attività. In tali casi, è opportuno prevedere procedure di risoluzione come il ricorso ad arbitri terzi, clausole di acquisto forzoso (shotgun clauses) o altri strumenti capaci di sbloccare la situazione.
Non meno rilevante è il rischio connesso alla protezione del know-how e delle informazioni riservate. La stretta collaborazione tra imprese implica inevitabilmente uno scambio di dati e competenze strategiche: senza adeguate clausole di riservatezza e di non concorrenza, si correrebbe il pericolo che uno dei partner utilizzi tali informazioni in modo scorretto o addirittura dannoso.
Infine, occorre considerare il rischio di responsabilità verso terzi, particolarmente significativo nelle contractual joint venture, in cui non esiste una società veicolo che faccia da filtro. In queste ipotesi, i partner rispondono personalmente e direttamente delle obbligazioni assunte nei confronti di terzi, con possibili ricadute sul loro patrimonio.
La tutela giuridica passa dunque attraverso una duplice via: da un lato, la previsione di clausole contrattuali dettagliate e ben calibrate; dall’altro, il ricorso ai principi generali dell’ordinamento in tema di obbligazioni, responsabilità e tutela della concorrenza.
Solo un’attenta combinazione di regole negoziali e norme di legge consente di ridurre al minimo i rischi e di garantire la stabilità del rapporto di joint venture.
Il ruolo del Notaio.
Il coinvolgimento del Notaio nella predisposizione e nella stipulazione di contratti di joint venture riveste un’importanza fondamentale, soprattutto in presenza di corporate joint venture.
In tali ipotesi, infatti, il Notaio interviene nella costituzione della società veicolo, garantendo il controllo di legalità sugli atti costitutivi, sugli statuti e sui patti parasociali.
Ma anche nelle contractual joint venture, il Notaio può offrire un contributo determinante nella fase di redazione, assicurando la coerenza del contratto con i principi generali dell’ordinamento e la chiarezza delle clausole, nonché verificando la meritevolezza degli interessi perseguiti. L’attività notarile si estende inoltre al piano internazionale, con riferimento alla legalizzazione degli atti e alla conformità alle normative straniere applicabili.
L’intervento notarile, lungi dall’essere un mero adempimento formale, costituisce una garanzia di certezza e stabilità, elementi imprescindibili per la buona riuscita di un’operazione complessa quale la joint venture.
Considerazioni conclusive.
I contratti di joint venture si configurano come strumenti di grande versatilità, capaci di rispondere alle esigenze delle imprese che intendano intraprendere progetti comuni mantenendo la propria autonomia. La loro atipicità impone una redazione accurata e una valutazione attenta dei profili giuridici e operativi, al fine di prevenire conflitti e di assicurare il successo dell’iniziativa.
In tale prospettiva, il Notaio svolge un ruolo centrale, sia nella fase costitutiva delle corporate joint venture, sia nella redazione delle contractual joint venture, contribuendo a garantire la legalità, la chiarezza e la certezza degli atti.
L’esperienza notarile si rivela, dunque, un valore aggiunto per gli operatori economici, che possono affrontare con maggiore sicurezza le sfide di un mercato sempre più competitivo e globalizzato.
La joint venture, correttamente inquadrata e strutturata, si presenta così non solo come uno strumento contrattuale, ma come una vera e propria strategia di sviluppo, in grado di coniugare cooperazione e autonomia, rischio condiviso e valorizzazione delle rispettive competenze.