LE CONTROVERSIE CONDOMINIALI PIÙ COMUNI E LA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA
Il condominio negli edifici rappresenta una delle realtà più diffuse e al contempo più complesse della vita giuridica quotidiana.
La coesistenza, all’interno di uno stesso immobile, di una pluralità di soggetti titolari di diritti esclusivi sulle singole unità e di diritti comuni sulle parti e sui servizi condivisi genera inevitabilmente occasioni di conflitto, che si traducono in controversie tanto frequenti quanto delicate.
La disciplina di riferimento, contenuta negli artt. 1117 e seguenti del Codice civile, nonché nelle disposizioni di attuazione e nella legislazione speciale, cerca di bilanciare l’interesse individuale dei singoli condomini con quello collettivo della compagine, dettando regole di convivenza che, tuttavia, non sempre riescono a prevenire il sorgere di liti.
A fronte dell’elevata litigiosità in materia condominiale, il legislatore ha ritenuto necessario introdurre un filtro di natura conciliativa, imponendo l’esperimento del procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale. La mediazione obbligatoria, disciplinata dal d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, si pone dunque come strumento privilegiato per ridurre il contenzioso, favorire la ricerca di soluzioni condivise e alleggerire il carico della giustizia ordinaria.
Inquadramento del condominio e fonti normative.
Il condominio trova la propria disciplina primaria negli artt. 1117 e seguenti del Codice civile, che individuano le parti comuni, stabiliscono i criteri di ripartizione delle spese, disciplinano le innovazioni e dettano le regole di funzionamento dell’assemblea e dell’amministratore.
La riforma del condominio del 2012 (legge 11 dicembre 2012, n. 220) ha inciso in modo significativo sulla disciplina, ampliando i poteri e i doveri dell’amministratore, introducendo nuove regole sulle assemblee e precisando le modalità di ripartizione delle spese.
Il condominio, pur privo di soggettività giuridica in senso stretto (secondo l’impostazione ancora oggi forse prevalente, rispetto alla teoria di chi invece, a seguito della menzionata riforma del 2012 vede nel condominio un vero e proprio soggetto di diritto), è considerato dal legislatore come un ente di gestione, dotato di una propria autonomia patrimoniale imperfetta e di una capacità di agire funzionale al perseguimento degli interessi comuni.
È in questo quadro che si collocano le controversie condominiali, le quali attengono per lo più al riparto delle spese, all’uso delle parti comuni, alle decisioni assembleari e ai rapporti tra condomini.
Le controversie condominiali più comuni.
Come accennato, le liti che insorgono in ambito condominiale possono essere raggruppate in alcune categorie tipiche, emerse con frequenza costante nella prassi giudiziaria.
Un primo nucleo riguarda le liti concernenti la ripartizione delle spese comuni, questione che rappresenta la causa più frequente di conflitti. La determinazione delle quote dovute da ciascun condomino, il criterio di imputazione (millesimi di proprietà, uso differenziato, spese straordinarie) e l’eventuale morosità di alcuni partecipanti alimentano contenziosi sia tra i vari condomini, sia tra il condominio e i terzi creditori.
Un secondo ambito ricorrente di controversie riguarda l’uso delle parti comuni: il cortile, il vano scala, l’androne, i lastrici solari, gli impianti centralizzati costituiscono oggetto di dispute circa le modalità di utilizzo, i limiti al godimento esclusivo, le servitù a favore di singole unità immobiliari. Le innovazioni introdotte dall’assemblea, quali l’installazione di ascensori, impianti fotovoltaici o altri interventi che incidono sulla destinazione delle parti comuni, generano spesso opposizioni e contestazioni.
Altro terreno fertile per le liti condominiali è quello dei rapporti di vicinato interni al condominio, che si traducono in contestazioni relative a rumori, odori, immissioni o modifiche edilizie effettuate da singoli condomini senza l’assenso dell’assemblea. In tali ipotesi si innesta la disciplina delle immissioni di cui all’art. 844 del Codice civile, che impone un bilanciamento tra le esigenze produttive o abitative del singolo e il diritto degli altri condomini al rispetto della propria sfera di quiete, ponendo a carico dei proprietari delle unità abitative un obbligo di sopportare le immissioni che provengono dalle unità abitative vicine, a meno che tali immissioni non superino la normale tollerabilità.
Non meno rilevanti sono, da ultimo, le controversie aventi ad oggetto le delibere dell’assemblea condominiale, impugnabili dai condomini assenti o dissenzienti ai sensi dell’art. 1137 del Codice civile, per vizi di legittimità o di merito. Si pensi alle delibere che ripartiscono le spese in modo non conforme ai criteri legali, o che approvano innovazioni non consentite o adottate senza il raggiungimento della maggioranza necessaria.
La mediazione obbligatoria: disciplina generale.
La crescente litigiosità in materia condominiale ha indotto il legislatore a prevedere la mediazione quale strumento di risoluzione alternativa delle controversie.
Il d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, attuativo della delega contenuta nella legge n. 69/2009, ha introdotto nel nostro ordinamento la disciplina della mediazione civile e commerciale, ispirandosi ai principi comunitari e internazionali in tema di ADR (Alternative Dispute Resolution).
La mediazione consiste nell’attività, svolta da un terzo imparziale, finalizzata ad assistere le parti nella ricerca di un accordo amichevole che ponga fine alla lite, evitando il ricorso all’autorità giudiziaria. Essa non si limita a un tentativo di conciliazione formale, ma mira a favorire la comunicazione tra le parti, a esplorare soluzioni creative e a ricomporre il rapporto giuridico, personale e professionale tra i soggetti coinvolti.
Il procedimento è caratterizzato da snellezza e informalità, con costi e tempi notevolmente inferiori rispetto al processo ordinario. La partecipazione personale delle parti è obbligatoria e il mediatore, pur non potendo imporre una decisione, può formulare una proposta di accordo che, se accettata, ha gli effetti del contratto ex art. 1372 del Codice civile e, se omologata dal giudice, acquista efficacia di titolo esecutivo e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
La mediazione obbligatoria in materia condominiale.
Particolare rilievo assume la previsione di cui all’art. 5, co. 1-bis, del d.lgs. 28/2010, secondo cui per alcune materie, tra cui le controversie condominiali, l’esperimento del procedimento di mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Ciò significa che la parte che intende promuovere un giudizio è tenuta, preliminarmente, a tentare la via della mediazione; solo in caso di esito negativo, potrà adire l’autorità giudiziaria.
La ratio della disposizione risiede nella volontà di deflazionare il contenzioso e di promuovere la composizione bonaria delle liti che, per la loro natura, si prestano particolarmente a una soluzione consensuale. Nel condominio, infatti, la persistenza dei rapporti tra i partecipanti rende la ricerca di un accordo non solo auspicabile, ma spesso necessaria per garantire la convivenza futura.
Il procedimento di mediazione obbligatoria è avviato con la presentazione di un’istanza presso un organismo di mediazione iscritto nel registro tenuto dal Ministero della Giustizia. Le parti sono convocate dinanzi al mediatore, il quale tenta la conciliazione. In caso di esito positivo della mediazione, l’accordo viene redatto per iscritto e può essere omologato dal tribunale, acquisendo efficacia esecutiva.
Conseguenze processuali e vantaggi pratici.
La mancata partecipazione al procedimento di mediazione comporta rilevanti conseguenze sul piano processuale.
Il giudice, ove accerti la mancata attivazione della procedura o la mancata partecipazione senza giustificato motivo, deve dichiarare l’improcedibilità della domanda. Inoltre, può condannare la parte che non ha preso parte al procedimento al pagamento di una somma corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.
Dal punto di vista pratico, la mediazione consente alle parti di risparmiare tempi e costi, di mantenere il controllo sull’esito della lite e di preservare rapporti che, in ambito condominiale, non possono essere facilmente recisi. Essa costituisce, dunque, un’opportunità non solo per ridurre il carico dei tribunali, ma soprattutto per restituire centralità alla volontà delle parti e alla ricerca di soluzioni condivise.
Il ruolo del Notaio.
Anche in materia condominiale, il Notaio può svolgere un ruolo significativo, sia in funzione preventiva sia nell’ambito della mediazione.
In sede di redazione dei regolamenti condominiali, di tabelle millesimali o di atti di divisione di edifici, il Notaio contribuisce a definire in modo chiaro i diritti e gli obblighi dei singoli condomini, riducendo il rischio di future controversie. In occasione di operazioni straordinarie, quali la costituzione di supercondomini o la realizzazione di innovazioni particolarmente rilevanti, la consulenza notarile consente di inquadrare correttamente gli aspetti giuridici e di predisporre atti idonei a prevenire conflitti.
Nell’ambito della mediazione, il Notaio, pur non rivestendo la qualifica di mediatore, può assistere le parti nella predisposizione e nella valutazione delle proposte conciliative, garantendo la conformità dell’accordo alla normativa vigente e la sua idoneità a essere trascritto o iscritto nei pubblici registri, ove necessario. In tal modo, la funzione notarile si integra con quella conciliativa, concorrendo a dare stabilità e certezza agli esiti della mediazione.
Conclusioni.
Le controversie condominiali rappresentano una delle principali fonti di litigiosità nella vita quotidiana, con importanti effetti non solo giuridici, ma anche relazionali ed economici. La previsione della mediazione obbligatoria, lungi dall’essere un mero adempimento formale, si configura come un’occasione privilegiata per restituire alle parti la responsabilità della gestione del conflitto e per favorire soluzioni rispettose degli interessi di tutti i partecipanti.
In tale prospettiva, il ruolo del Notaio si affianca a quello del mediatore, rafforzando la funzione di prevenzione e di garanzia che l’ordinamento attribuisce alla sua attività. La combinazione di regole giuridiche chiare, di strumenti conciliativi efficaci e di consulenza notarile qualificata rappresenta la strada più idonea per trasformare il condominio da terreno di conflitti a luogo di convivenza ordinata e responsabile.
