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LE OBBLIGAZIONI PECUNIARIE E IL PRINCIPIO NOMINALISTICO: CERTEZZA, FLESSIBILITÀ E TUTELA DEI CONTRAENTI

 

Nel diritto delle obbligazioni, un ambito di particolare rilevanza pratica e teorica è quello delle obbligazioni pecuniarie, ossia le obbligazioni che hanno per oggetto una prestazione in denaro. Si tratta di una categoria trasversale di obbligazioni, onnipresente nella vita giuridica e commerciale di ogni operatore economico: basta pensare al pagamento del prezzo in un contratto di compravendita, alla corresponsione di una somma per risarcimento del danno, al pagamento del canone in un contratto di locazione, o ancora alla restituzione di un mutuo.

La disciplina delle obbligazioni pecuniarie ruota attorno ad un principio fondamentale: quello del valore nominale della moneta (cosiddetto principio nominalistico), sancito dall’art. 1277 del Codice civile. Tuttavia, le esigenze concrete dei rapporti contrattuali, l’evoluzione dei mercati e il rischio di inflazione hanno condotto dottrina, giurisprudenza e prassi contrattuale a sviluppare importanti strumenti di flessibilità e forme di tutela, che consentono di coniugare certezza giuridica e giustizia sostanziale.

 

Il principio nominalistico.

L’art. 1277 del Codice civile stabilisce che “i debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento, e per il suo valore nominale”. È la norma cardine delle obbligazioni in denaro e racchiude due elementi essenziali:

  1. Moneta avente corso legale: il debitore può liberarsi solo pagando con la valuta avente corso legale nel momento in cui l’adempimento avviene (in altre parole, non è possibile oggi adempiere un proprio debito pecuniario pagando una somma in Lire, piuttosto che in Euro);
  2. Valore nominale: la somma da pagare è quella indicata in cifra numerica, indipendentemente dal suo potere d’acquisto reale, non rilavando, dunque, che tra il momento il cui l’obbligazione è sorta e quello in cui è stata adempiuta si siano registrati fenomeni di inflazione o di deflazione).

Questo assetto garantisce certezza nei rapporti obbligatori: il debitore sa esattamente cosa deve e il creditore può esigere senza interpretazioni sul “valore effettivo” del denaro. 

Tuttavia, tale principio non è inderogabile, potendo le parti, entro certi limiti, convenire altrimenti, come sarà osservato infra.

 

La moneta: strumento giuridico e unità di misura.

La moneta, al centro della disciplina delle obbligazioni in oggetto, ha due funzioni principali:

  • unità di misura del valore (esprimere il valore dei beni e delle prestazioni);
  • mezzo di pagamento (estinguere le obbligazioni pecuniarie).

Il suo valore non è intrinseco, ma è determinato dal potere statale (tradizionalmente fissato dalla Banca d’Italia e, da quando l’Italia è entrata a far parte dell’Eurozona, attribuito alla BCE), che le attribuisce un valore nominale convenzionale. La fiducia collettiva nel sistema economico e l’obbligatorietà che sia accettata come mezzo di pagamento ne determinano la circolazione.

Proprio questo carattere convenzionale e “politico” del denaro rende cruciale la distinzione tra debiti di valuta e debiti di valore.

 

Debiti di valuta e debiti di valore: una distinzione sostanziale.

I debiti di valuta sono quelli in cui l’obbligazione nasce direttamente in denaro. L’esempio più semplice è il pagamento del prezzo in un contratto di vendita. 

A questi debiti, il principio nominalistico si applica in via diretta: se al momento della conclusione del contratto una parte si obbliga a pagare all’altra 500.000 euro quale prezzo di acquisto di un immobile, al momento del pagamento l’acquirente sarà tenuto a versare esattamente quella somma, senza tenere conto dell’eventuale inflazione o svalutazione.

I debiti di valore, al contrario, sorgono con riferimento a una prestazione che non è, originariamente, monetaria. È il caso classico del risarcimento del danno: la prestazione consiste nella reintegrazione patrimoniale, il cui valore monetario sarà quantificato solo successivamente. In questi casi, si tiene conto del valore reale della prestazione al momento della liquidazione, a prescindere dal valore che essa avrebbe potuto avere al momento dell’insorgenza dell’obbligazione.

Questa impostazione tutela il creditore da perdite legate alla svalutazione monetaria e consente una quantificazione “equa” del danno subito. Si applica anche in altri casi, come: la restituzione per indebito, i crediti da lavoro, le indennità per espropriazione, le obbligazioni restitutorie in seguito alla risoluzione di contratti. Ad ogni modo, una volta determinato l’importo dovuto, anche i debiti di valore diventano debiti di valuta e soggiacciono quindi al principio nominalistico.

 

Clausole di salvaguardia: derogare al nominalismo per tutelare il potere d’acquisto.

Come anticipato, il principio nominalistico è derogabile per volontà delle parti, le quali possono introdurre nei loro accordi delle clausole di adeguamento per proteggersi dal rischio di svalutazione monetaria

Le clausole di garanzia monetaria sono strumenti di autotutela che rinviano, per la determinazione dell’importo da versare, a parametri esterni e oggettivi:

  • il valore di una merce (es. oro, petrolio);
  • il valore di una valuta estera (es. dollaro USA, franco svizzero);
  • indici ISTAT che misurano il costo della vita.

Le clausole possono essere previste al momento del contratto, oppure aggiunte successivamente (in tale ultimo caso si parla di clausole di rivedibilità). Il classico esempio normativo è l’art. 71 della legge sull’equo canone (l. n. 392/1978), che prevede l’adeguamento annuale del canone locatizio secondo gli indici ISTAT.

È importante ricordare che queste clausole devono essere chiare, trasparenti e verificabili, pena l’invalidità o l’inapplicabilità per violazione della buona fede contrattuale o della disciplina sull’usura.

 

Mezzi di pagamento e quietanza liberatoria.

L’adempimento di un’obbligazione pecuniaria si considera perfezionato quando il creditore riceve una somma di denaro immediatamente disponibile

In tal caso, il creditore soddisfatto ha l’obbligo di rilasciare una quietanza liberatoria, ai sensi dell’art. 1199 del Codice civile.

Sono ritenuti mezzi di pagamento con effetto solutorio immediato:

  • contanti (nei limiti consentiti dalla legge: oggi il tetto all’utilizzo del contante è fissato ad euro 5.000);
  • assegni circolari;
  • bonifici istantanei.

Sono invece considerati strumenti non liberatori immediati:

  • assegni bancari, che potrebbero non essere coperti;
  • bonifici ordinari, soggetti ai tempi bancari;
  • cambiali, che sono strumenti di smobilizzo di un credito (cioè, strumenti che fanno sorgere un nuovo e diverso rapporto giuridico, quello cartolare, che si accosta al rapporto obbligatorio originario, che resta in piedi) e non di pagamento diretto.

Un caso interessante e sempre più attuale riguarda il pagamento in bitcoin o altre criptovalute. 

Se il debito è sorto in euro e viene estinto in bitcoin per accordo tra le parti, secondo l’opinione ad oggi prevalente, si tratta di prestazione in luogo dell’adempimento (ex art. 1197 del Codice civile), appunto perché la criptovaluta non è assimilabile al denaro, ma costituisce un bene “diverso” dal primo. 

Diversamente, se l’obbligazione nasce direttamente in criptovaluta, si è fuori dal campo delle obbligazioni pecuniarie: si tratta piuttosto di una permuta, non di una vendita, in quanto i termini dello scambio non sono un “bene” e un “prezzo” (compravendita, ma, appunto, due “beni”.

 

Il ruolo del notaio nei pagamenti e nelle clausole monetarie.

Nel contesto delle obbligazioni pecuniarie, il notaio svolge un ruolo di cruciale importanza, sia nella redazione di contratti che prevedano clausole di adeguamento monetario, sia nella ricezione di atti di pagamento.

Nel primo caso, è compito del notaio verificare che la clausola:

  • sia lecita e non elusiva della normativa sull’usura;
  • sia formulata in modo comprensibile e non ambiguo;
  • richiami parametri oggettivi, pubblici e verificabili (es. indice FOI ISTAT, fixing giornaliero dell’oro, tasso di cambio ufficiale BCE, etc.).

Nel secondo caso, quando il pagamento avviene contestualmente all’atto (es. trasferimenti immobiliari), il notaio verifica la tracciabilità e l’efficacia liberatoria della somma versata, dando menzione delle modalità nel rogito ai sensi della normativa antiriciclaggio.

 

Gli interessi: funzione, natura e disciplina.

Le obbligazioni pecuniarie sono frequentemente accompagnate da una previsione di interessi, che possono avere diverse funzioni:

  1. Interessi corrispettivi: costituiscono il corrispettivo per l’uso del denaro, tipici di mutui e finanziamenti. Decorrono dalla data di esigibilità della prestazione.
  2. Interessi moratori: scattano in caso di ritardo nel pagamento, hanno natura risarcitoria e possono cumularsi con il danno ulteriore (salvo patto contrario).
  3. Interessi compensativi: secondo parte della dottrina, servono a compensare il creditore per il mancato godimento della somma durante un periodo in cui la prestazione non era ancora esigibile ma già dovuta.

Il tasso degli interessi può essere:

  • legale, determinato ex art. 1284 c.c.;
  • convenzionale, purché pattuito per iscritto e non usurario (verificato ai sensi della legge n. 108/1996).

 

Il divieto di anatocismo e le eccezioni.

Uno dei pochi divieti assoluti previsti dal Codice civile è contenuto nell’art. 1283, che vieta in via generale la capitalizzazione degli interessi: non si possono produrre interessi sugli interessi. In altre parole, se Tizio ha un debito di 100 verso Caio ed è previsto un tasso d’interessi del 2% al mese, questo 2% dovrà essere calcolato sempre sull’importo iniziale di 100, non essendo ammissibile un calcolo di questo genere: 2% di 100 (primo mese), 2% di 102 (secondo mese), 2% di 104,4 (terzo mese), etc.

Sono però previste due eccezioni:

  • anatocismo giudiziale: ammesso quando vi sia domanda giudiziale e la somma sia liquida e esigibile;
  • anatocismo convenzionale: ammesso solo per interessi già scaduti da almeno sei mesi, e solo se il patto è successivo alla scadenza.

 

I modelli di ammortamento: come si ripaga il debito.

In ambito bancario e finanziario, l’obbligazione pecuniaria può essere regolata da piani di ammortamento. I principali sono:

  • Ammortamento alla francese: rata fissa, quota capitale crescente e quota interessi decrescente.
  • Ammortamento all’italiana: quota capitale fissa, quota interessi decrescente, rata variabile.
  • Ammortamento tedesco: simile al francese, ma calcolo interessi effettuato anticipatamente.
  • Ammortamento anglosassone: prevede il pagamento solo degli interessi durante la vita del contratto, con restituzione del capitale in un’unica soluzione.

Ognuno di questi modelli ha un impatto economico diverso per il debitore e deve essere scelto con attenzione in base alle esigenze finanziarie del contraente.

 

Conclusione.

Come finora osservato, dunque, le obbligazioni pecuniarie sono al tempo stesso semplici nella forma e complesse nella sostanza. 

Il principio nominalistico, pur nella sua chiarezza, deve oggi misurarsi con esigenze sempre più articolate: proteggere il creditore dal rischio di svalutazione, garantire al debitore una disciplina chiara e stabile, rispettare l’equilibrio contrattuale.

Il ruolo del notaio, in questo contesto, è quello di costruire con precisione giuridica le clausole, di accertare la regolarità dei pagamenti, e soprattutto di offrire sicurezza e trasparenza nei rapporti economici, anche in un’epoca di monete digitali, clausole indicizzate e modelli di ammortamento complessi.