LE SOCIETÀ DI GESTIONE DEL RISPARMIO NEI CONTRATTI IMMOBILIARI: PROFILI TEORICI E PRATICI
Introduzione.
Nel panorama giuridico ed economico italiano le società di gestione del risparmio (di seguito, le SGR) occupano un ruolo peculiare e complesso, che si colloca all’intersezione tra il diritto societario, il diritto dei mercati finanziari e la prassi contrattuale, soprattutto immobiliare.
Se, da un lato, esse rappresentano il fulcro della gestione collettiva del risparmio, dall’altro lato, la loro presenza in sede di stipula di atti dispositivi — tipicamente atti di trasferimento di beni immobili appartenenti a fondi di investimento — solleva questioni non meramente teoriche, ma di immediata rilevanza per il notaio rogante.
Ad esempio, chi è, in concreto, il soggetto che presta il consenso alla vendita di un immobile intestato a un fondo comune di investimento? È la SGR, nella sua qualità di gestore, oppure il fondo stesso, inteso come autonomo soggetto a base patrimoniale?
È da questa domanda pratica che conviene muovere, ricostruendo dapprima il quadro normativo e concettuale di riferimento e approdando infine a una soluzione operativa.
Le SGR: definizione e inquadramento normativo.
Le SGR trovano la propria disciplina principalmente nel d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo Unico della Finanza, di seguito TUF), che all’art. 1, co. 1, lett. o), le definisce come “le società per azioni con sede legale e direzione generale in Italia, autorizzate a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio”.
Si tratta, dunque, di società per azioni a capitale variabile o fisso, costituite secondo le regole del Codice civile, ma sottoposte a un regime speciale di autorizzazione, vigilanza e controllo da parte della Banca d’Italia e della Consob, ciascuna per le proprie competenze.
La peculiarità delle SGR risiede nel fatto che esse non gestiscono un patrimonio proprio, bensì patrimoni altrui: in particolare, gestiscono patrimonio che fanno capo a fondi comuni di investimento, che costituiscono patrimoni autonomi e separati da quello della società e da quello degli altri fondi eventualmente gestiti.
È proprio questa “triangolazione” tra società, fondo e investitori a determinare la necessità di chiarire chi sia il soggetto che può validamente disporre dei beni facenti parte del fondo.
La natura del fondo e la titolarità dei beni.
Il fondo comune di investimento è definito dall’art. 1, co. 1, lett. j), TUF come “l’OICR (Organismo di Investimento Collettivo del Risparmio) costituito in forma di patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di titolarità di una pluralità di partecipanti, gestito in monte”.
Gli elementi qualificanti sono dunque:
- la natura di patrimonio autonomo e separato;
- la mancanza di personalità giuridica;
- la gestione affidata alla SGR;
- la titolarità diffusa tra i partecipanti (i quotisti).
Il fondo, pertanto, non è un soggetto di diritto distinto, ma un patrimonio privo di autonoma soggettività. I beni che ne fanno parte non appartengono né ai singoli quotisti, né alla SGR, bensì al fondo in sé, inteso come massa patrimoniale separata e soggetta a un regime giuridico di segregazione (art. 36 TUF).
Ne consegue che i beni del fondo — inclusi gli immobili — risultano intestati al fondo stesso, e non alla SGR. Tuttavia, la mancanza di personalità giuridica del fondo comporta che esso non possa manifestare una volontà propria negli atti giuridici: la volontà è quella della SGR, la quale opera in qualità di società di gestione del fondo.
Il potere di disposizione della SGR.
La funzione della SGR non è solo di amministrazione “neutrale”, ma comprende anche la possibilità di compiere atti dispositivi sui beni del fondo, purché conformi al regolamento di gestione e nell’interesse dei partecipanti.
Dal punto di vista normativo, l’art. 36 TUF stabilisce che:
- I patrimoni dei fondi gestiti sono autonomi e separati a tutti gli effetti da quello della SGR.
- Delle obbligazioni contratte per conto del fondo risponde esclusivamente il fondo stesso con il proprio patrimonio.
- La SGR esercita i diritti inerenti ai beni che compongono il fondo.
Quest’ultimo inciso è decisivo: la SGR è titolare dei poteri di disposizione e rappresentanza relativi ai beni del fondo.
Ne consegue che, nel caso di vendita di un immobile, la manifestazione di volontà avviene tramite la SGR, la quale firma l’atto non come proprietaria del bene, ma come gestore dei beni del fondo.
Il fondo, in quanto privo di soggettività, non compare mai come “parte contrattuale attiva”, se non per il tramite della società che lo amministra.
Profili pratici in sede notarile.
Le ricostruzioni teoriche sin qui delineate si traducono, nella prassi, in alcune accortezze che il notaio deve osservare al momento della redazione dell’atto.
Intestazione dell’immobile.
L’intestazione catastale e conservatoria dell’immobile è riferita al fondo. In Conservatoria, infatti, l’intestazione reca la formula: “Fondo Comune di Investimento Alfa, gestito da Società Beta SGR S.p.A.”.
È importante non confondere questo dato con la titolarità della SGR: in quanto, come già detto, la società non è proprietaria in proprio dell’immobile, ma compare in quanto gestore.
Parte contrattuale.
Nel contratto di vendita, la parte venditrice è formalmente indicata come:
“Società Beta SGR S.p.A., con sede in …, iscritta al registro delle imprese di …, capitale sociale …, autorizzata alla gestione collettiva del risparmio, in qualità di società di gestione del Fondo Comune di Investimento Alfa, quale proprietario dell’immobile sito in …”.
La volontà negoziale è dunque imputata alla SGR, ma in relazione al fondo gestito.
Poteri della SGR.
Il notaio deve verificare che la SGR abbia i poteri di disposizione previsti:
- dal regolamento del fondo, che può contenere limitazioni agli atti di straordinaria amministrazione;
- dall’organo competente della SGR (consiglio di amministrazione o delegati).
È possibile che, per taluni atti di particolare rilevanza (come alienazioni di valore rilevante), il regolamento del fondo o lo statuto della SGR richiedano specifiche autorizzazioni.
Tali profili devono essere oggetto di un controllo preventivo in sede di raccolta della documentazione.
Responsabilità.
Ai sensi dell’art. 36 TUF, delle obbligazioni assunte in relazione alla vendita dell’immobile risponde il fondo con il proprio patrimonio, e non la SGR con il proprio capitale sociale. La SGR, in quanto gestore, agisce nell’interesse dei quotisti, ma resta estranea — in termini patrimoniali — alle vicende del fondo.
Questioni interpretative.
La giurisprudenza e la prassi notarile hanno avuto modo di interrogarsi sulla corretta imputazione soggettiva degli atti compiuti dalla SGR.
Una prima tesi, oggi minoritaria, sosteneva la necessità di riconoscere al fondo una forma embrionale di soggettività, proprio in virtù della sua autonomia patrimoniale. Secondo tale impostazione, l’atto dispositivo dovrebbe essere inteso come proveniente dal fondo stesso, con la SGR quale mero rappresentante.
La tesi prevalente — e conforme al dato normativo — nega al fondo personalità o capacità giuridica autonoma, riconoscendogli soltanto la natura di patrimonio separato. Pertanto, la manifestazione di volontà è unicamente quella della SGR, la quale non si limita a rappresentare, ma esercita direttamente i diritti sui beni in virtù della legge.
Questa interpretazione si riflette nella formula contrattuale di uso comune, ove la parte è la SGR, con la spendita della qualità di gestore del fondo (non con la spendita del nome di rappresentante del fondo, come sarebbe, se quest’ultimo avesse autonoma soggettività).
Conclusioni operative.
Alla luce di quanto esposto, le coordinate pratiche per il notaio sono le seguenti:
- Individuazione del proprietario: il bene appartiene al fondo, non alla SGR.
- Parte contrattuale: la SGR è il soggetto che compare in atto e presta il consenso alla vendita, con indicazione della qualità di gestore del fondo.
- Verifica dei poteri: occorre controllare il regolamento del fondo e le delibere della SGR.
- Responsabilità: delle obbligazioni nascenti dal contratto risponde il fondo con il proprio patrimonio.
Ne risulta un quadro chiaro: la SGR, pur non essendo proprietaria, è l’unico soggetto abilitato a manifestare la volontà negoziale per la vendita dell’immobile. Il fondo non ha voce propria, ma la sua volontà si esprime attraverso l’organo gestore.
