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La circolazione dei diritti in generale e la ratio della pubblicità sanante

La circolazione dei diritti è generalmente retta dal principio generale in forza del quale “nemo plus iuris ad alium transferre potest quam ipse habet” (nessuno può trasferire un diritto maggiore di quanto lui stesso ha), pertanto, di norma, presupposto perché il beneficiario del trasferimento acquisti validamente è che il cedente fosse titolare del diritto di cui ha disposto.

Tuttavia, una stretta applicazione di tale principio si scontrerebbe con altre due esigenze sociali di cui il diritto non può disinteressarsi, cioè, la certezza (e stabilità) dei trasferimenti e la tutela della buona fede dell’acquirente.

Queste due esigenze vengono tutelate dal legislatore in modo più o meno attenuato in base alla natura dei beni del cui trasferimento si tratta, dovendosi, sul punto, porre una netta scissione tra il regime circolatorio dei beni mobili e quello dei beni immobili.

Con riferimento ai beni mobili, l’art. 1153 del Codice civile pone il principio generale secondo cui “possesso vale titolo”, in forza del quale è sempre fatto salvo l’acquisto fatto a non domino (cioè, da un soggetto non titolare del diritto di cui ha disposto) in forza di un titolo idoneo al trasferimento della proprietà se l’acquirente era in buona fede (cioè, ignorava che il proprio dante causa non era proprietario) al momento dell’acquisto, a nulla rilevando la mala fede sopravvenuta.

Principio del tutto diverso vale, invece, per quanto riguarda la circolazione dei diritti reali su beni immobili, in quanto gli atti che costituiscono, trasferiscono o estinguono questi diritti sono soggetti, ai fini dell’opponibilità ai terzi (cosiddetta funzione dichiarativa della trascrizione), al regime di pubblicità legale consistente nella trascrizione presso i registri immobiliari contro il dante causa ed a favore dell’avente causa, tale per cui l’alienante garantisce all’acquirente la sua qualità di titolare del diritto di cui dispone appunto tramite una serie continua di trascrizioni.

Di conseguenza, il principio di continuità delle trascrizioni fa sì che la dichiarazione di invalidità di un atto trascritto comporta l’invalidità a catena di tutti gli atti successivi che trovano fonte nel primo, travolgendoli, in forza del principio per cui “resoluto iure dantis, resolvitur et ius accipientis” (risolto il diritto del dante causa, si risolve anche il diritto dell’avente causa).

Tuttavia, appunto al fine di tutelare le due esigenze sopra ricordate, il legislatore prevede alcune tassative ipotesi in cui, in deroga al principio di continuità delle trascrizioni, l’acquisto del terzo avente causa di buona fede rimane fermo (è, appunto, “sanato”), nonostante l’invalidità per qualsiasi causa, o la radicale assenza, del titolo di acquisto del suo dante causa e ciò avviene proprio per il tramite della trascrizione dell’atto di acquisto del terzo avente causa, nei modi e nei tempi infra esposti: è proprio il ragione del ruolo centrale che svolge la trascrizione all’interno di questo fenomeno, che si parla di pubblicità sanate.

Pubblicità sanante e acquisti inter vivos

La prima ipotesi di pubblicità sanante è prevista dall’art. 2652 n. 6 del Codice civile e ha ad oggetto gli atti tra vivi. In particolare, la norma così recita: “Si devono trascrivere, qualora si riferiscano ai diritti menzionati nell’art. 2643, le domande giudiziali indicate dai numeri seguenti, agli effetti per ciascuna di esse previsti:

[…]

6) le domande dirette a far dichiarare la nullità o a far pronunziare l’annullamento di atti soggetti a trascrizione e le domande dirette a impugnare la validità della trascrizione.

Se la domanda è trascritta dopo cinque anni dalla data della trascrizione dell’atto impugnato, la sentenza che l’accoglie non pregiudica i diritti acquistati a qualunque titolo dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda. Se però la domanda è diretta a far pronunziare l’annullamento per una causa diversa dall’incapacità legale, la sentenza che raccoglie non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda, anche se questa è stata trascritta prima che siano decorsi cinque anni dalla data della trascrizione dell’atto impugnato, purché in questo caso i terzi abbiano acquistato a titolo oneroso”.

Tale norma, dunque, prevede che sia salvo l’acquisto dell’avente causa anche qualora sia stato dichiarato invalido per causa diversa dall’incapacità legale delle parti l’atto di acquisto del suo dante causa, nel caso in cui ricorrano, cumulativamente, sei presupposti, che possono essere enumerati come segue:

1. Il terzo ha acquistato, a qualsiasi titolo, in forza di un atto valido soggetto a trascrizione (e regolarmente trascritto);

2. L’atto impugnato (cioè, l’atto di acquisto del dante causa) è stato anche questo regolarmente trascritto;

3. L’acquirente è terzo rispetto all’atto impugnato: dunque, l’acquirente il cui acquisto può essere fatto salvo deve essere soggetto totalmente estraneo rispetto all’atto impugnato;

4. L’acquirente, al momento della conclusione dell’atto di acquisto, era in buona fede, cioè, ignorava senza colpa l’invalidità del titolo di acquisto in favore del suo dante causa;

5. L’atto di acquisto del terzo è stato trascritto prima della trascrizione della domanda giudiziale volta a fare dichiarare l’invalidità dell’atto di acquisto del dante causa;

6. Sono decorsi cinque anni tra la trascrizione dell’atto invalido (atto di acquisto in favore del dante causa) e la trascrizione della domanda giudiziale volta a farne dichiarare l’invalidità.

Dunque, perché possa prodursi la pubblicità sanante, assumono rilevanza tre trascrizioni, che devono avvenire necessariamente in quest’ordine: quella dell’atto invalido (atto di acquisto del dante causa), quella dell’atto valido (atto di acquisto dell’avente causa) e quello della domanda giudiziale volta a dichiarare l’invalidità del primo atto. Ai fini della pubblicità sanante tra la prima e la terza trascrizione devono decorrere almeno cinque anni.

Ai fini di una migliore intellegibilità del fenomeno, si consideri il seguente esempio. Nel 2015 viene trascritto un atto di donazione (nullo, perché ricevuto in assenza di testimoni) di un appartamento in Milano donato da Tizio a Caio; nel 2017 viene trascritto un atto di vendita (valido ed efficace) del medesimo appartamento da Caio a Sempronio, ignaro della nullità della donazione.

Qualora Tizio, o uno qualsiasi dei legittimati attivi, intenda far dichiarare in giudizio la nullità del primo atto di donazione, si aprono due scenari, in base al momento in cui avviene la trascrizione della domanda giudiziale di nullità: se la domanda viene trascritta nel 2018 (o comunque prima che siano decorsi cinque anni dalla trascrizione della donazione) nel momento in cui viene trascritta la sentenza che dichiara la nullità della donazione, viene caducato anche l’atto di compravendita tra Caio e Sempronio; se la domanda viene trascritta nel 2021 (o comunque dopo che siano decorsi cinque anni dalla trascrizione della donazione) nel momento in cui viene trascritta la sentenza che dichiara la nullità della donazione, rimane valida (pubblicità sanante) l’atto di compravendita tra Caio e Sempronio.

Ipotesi diversa è, poi, quella prevista dall’art. 1445 del Codice civile, dettata in materia di azione di annullamento dei contratti, ai sensi del quale: “l’annullamento che non dipende da incapacità legale non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di annullamento”.

Tale norma, infatti, mutua con il citato art. 2652 n. 6 del Codice civile la ratio della tutela del terzo acquirente di buona fede, ma prevede, perché il suo acquisto sia fatto salvo che si tratti di un acquisto a titolo oneroso e che l’acquisto del dante causa sia stato annullato per causa diversa dall’incapacità: restano fuori, dunque, gli acquisti a titolo oneroso, nonché le ipotesi in cui l’acquisto del dante causa è stato dichiarato invalido per causa diversa (ad esempio, per nullità).

Non rileva, dunque, ai fini della presente norma che sia decorso un certo periodo di tempo tra la trascrizione dell’atto annullabile e la trascrizione della domanda giudiziale dell’annullamento.

Pubblicità sanante e acquisti mortis causa

La seconda ipotesi di pubblicità sanante è volta a fare salvi acquisti del terzo acquirente di colui che ha acquistato in forza di un atto a causa di morte invalido ed è prevista dal medesimo art. 2652 del Codice civile, al n. 7, ai sensi del quale “si devono trascrivere, qualora si riferiscano ai diritti menzionati nell’art. 2643, le domande giudiziali indicate dai numeri seguenti, agli effetti per ciascuna di esse previsti:

[…]

7) le domande con le quali si contesta il fondamento di un acquisto a causa di morte. Salvo quanto è disposto dal secondo e dal terzo comma dell’art. 534, se la trascrizione della domanda è eseguita dopo cinque anni dalla data della trascrizione dell’acquisto, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi di buona fede che, in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda, hanno a qualunque titolo acquistato diritti da chi appare erede o legatario”.

L’acquisto del terzo avente causa, dunque, è fatto salvo qualora siano verificati, cumulativamente, i seguenti quattro presupposti:
1. La trascrizione della domanda giudiziale di invalidità avviene dopo cinque anni dalla trascrizione dell’acquisto a causa di morte;

2. Il terzo ha acquistato in buona fede, a qualsiasi titolo, in forza di un atto validamente trascritto;

3. Il dante causa dell’acquisto valido “appare” erede o legatario;

4. La trascrizione dell’atto di acquisto del terzo è avvenuta anteriormente alla trascrizione della domanda giudiziale.

Si tratta, dunque, di una ipotesi di pubblicità sanante pressoché assimilabile alla prima commentata (art. 2652 n. 6 del Codice civile) con la sola peculiarità che il titolo di acquisto del dante causa deve necessariamente essere un acquisto mortis causa: dunque, valga l’esempio sopra esposta, immaginando che il trasferimento dell’appartamento in Milano da Tizio in favore di Caio non sia avvenuto a titolo di donazione nulla (perché ricevuta in assenza dei testimoni), ma a titolo di legato contenuto in testamento olografo nullo (perché, ad esempio, scritto da persona diversa dal testatore).

In conclusione, si osserva che, come evidenziato dal medesimo art. 2652, n. 7 del Codice civile (“…Salvo quanto è disposto dal secondo e dal terzo comma dell’art. 534…”), la pubblicità sanante deve essere tenuta distinta dal fenomeno dell’erede apparente, previsto e disciplinato dall’art. 534 del Codice civile, ai sensi del quale “[…] Sono salvi i diritti acquistati, per effetto di convenzioni a titolo oneroso con l’erede apparente, dai terzi, i quali provino di avere contrattato in buona fede.

La disposizione del comma precedente non si applica ai beni immobili e ai beni mobili iscritti nei pubblici registri, se l’acquisto a titolo di erede e l’acquisto dall’erede apparente non sono stati trascritti anteriormente alla trascrizione dell’acquisto da parte dell’erede o del legatario vero, o alla trascrizione della domanda giudiziale contro l’erede apparente”.

Tra le due ipotesi, invero, sussistono quattro differenze:

1. Applicabilità all’acquisto a titolo di legato: si applica l’art. 2652 n. 7 del Codice civile, non invece l’art. 534 del Codice civile;

2. Termine di cinque anni tra la trascrizione dell’atto di acquisto a causa di morte e trascrizione della domanda giudiziale volta ad invalidarlo: serve ai fini della pubblicità sanante, non ai fini dell’art. 534 del Codice civile (in questo caso, infatti, è sufficiente la trascrizione dell’acquisto dell’erede apparente e la trascrizione dell’acquisto del terzo avente causa dall’erede apparente siano avvenute prima, anche solo di un giorno, della trascrizione dell’atto di acquisto dell’erede vero o della trascrizione della domanda giudiziale);

3. Atto (valido) di acquisto del terzo avente causa: possibile a qualsiasi titolo ai fini della pubblicità sanante, necessariamente a titolo oneroso ai fini dell’art. 534 del Codice civile;

4. Buona fede del terzo acquirente: è richiesta dall’art. 2652 n. 7 del Codice civile, non invece dall’art. 534 del Codice civile.