Skip to main content

L’inquadramento generale del fenomeno

Si definiscono sopravvenienze tutti gli elementi dell’attivo o del passivo di una società, erroneamente non contemplati nel bilancio finale di liquidazione, ma esistenti al momento dell’estinzione della società.

Sul punto si precisa, invece, che, secondo la giurisprudenza, se al momento dello scioglimento della società vi era un credito azionato o azionabile, che il liquidatore ha scientemente deciso di non inserire nel bilancio finale di liquidazione, tale scelta equivale ad una rinuncia al credito, non applicandosi dunque il regime delle sopravvenienze attive.

Ciò posto, si osserva che il Codice civile non contiene una disciplina analitica delle sopravvenienze attive e passive, il cui regime giuridico è stato, pertanto, ricostruito dalla dottrina e dalla giurisprudenza; in tal senso, il punto di partenza da cui deve prendere le mosse la presente analisi non può che essere una nota pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. Sez. Un. sent. 12 marzo 2013, n. 6071), che hanno osservato che, dopo la cancellazione della società dal Registro delle Imprese e conseguente estinzione della stessa, si determina un fenomeno di tipo successorio e, nella specie, si verifica l’unica ipotesi di successione a titolo universale inter vivos, in forza del quale gli ex soci succedono alla società estinta, “in qualità di soci”.

Da ciò discende che il principio generale secondo cui regolare la materia delle sopravvenienze è quello in forza del quale tutte le sopravvenienze della società, attive e passive, si trasferiscono in capo agli ex soci, in ragione delle rispettive quote di partecipazione.

Le sopravvenienze passive

Alle sopravvenienze passive è dedicato l’art. 2495 comma 3 del Codice civile, ai sensi del quale “ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società”.

La norma citata, dunque, individua due categorie di soggetti responsabili delle sopravvenienze passive, cioè gli ex soci ed il liquidatore, ma quest’ultimo solo nel caso in cui il mancato pagamento del debito da parte della società prima dell’estinzione sia dipesa da sua colpa.

La lettera dell’articolo, tuttavia, deve essere integrata in relazione al limite della responsabilità degli ex soci, in quanto l’indicato limite quantitativo della somma da ciascuno riscossa in base al bilancio finale di liquidazione opera per i soli soci che, manente societate, godevano del regime di responsabilità limitata per le obbligazioni sociali; viceversa, coloro i quali erano soci a responsabilità illimitata rispondono delle sopravvenienze attive anche oltre quanto riscosso in forza al bilancio finale di liquidazione.

La dottrina si è, poi, interrogata in merito al regime di solidarietà o di parziarietà della responsabilità degli ex soci per i debiti in esame.

In altre parole, se, da un lato, è pacifico che gli ex soci rispondono nei rapporti interni solo pro quota, dall’altro lato, ci si è chiesti se verso i creditori sociali rispondano pro quota, in forza di un’applicazione analogica del principio dettato ex art. 754 del Codice civile in materia di debiti ereditari, ovvero solidalmente (salvo regresso verso gli altri dopo aver adempiuto l’intero), in forza del principio generale di cui all’art. 1294 del Codice civile.

Sul punto, l’opinione prevalente e preferibile sostiene l’applicabilità del principio generale della solidarietà passiva ex art. 1294 del Codice civile, in quanto si può parlare di successione solo in senso atecnico, come, tra l’altro, confermato dalla previsione della responsabilità dei liquidatori, che di certo non sono successori della società.

Le sopravvenienze attive

Coerentemente con il principio di diritto sopra esposto, le richiamate Sezioni Unite del 2013 hanno affermato che le sopravvenienze attive si trasferiscono in capo agli ex soci in regime di contitolarità o di comunione indivisa.

Pertanto, l’automatismo dell’acquisto, che prescinde da un formale atto di assegnazione ai soci, fa sì che nel caso in cui la sopravvenienza attiva consista in un diritto reale immobiliare, nel momento in cui gli ex soci volessero poi disporre del bene, si verificherebbe un’ipotesi di disallineamento catastale fisiologico, in quanto l’immobile, seppur di titolarità degli ex soci, risulterebbe in Catasto ancora intestato alla società estinta.

Tale disallineamento soggettivo potrebbe, tuttavia, essere sanato tramite un atto ricognitivo (precedente all’atto dispositivo), con il quale i soci “si danno reciprocamente atto” dell’avvenuto acquisto in regime di comunione ordinaria, ciascuno in una quota di diritto pari alla quota di partecipazione spettante nella società estinta.

In tale negozio, tra l’altro, non dovrebbero essere inserite le menzioni richieste ai fini dei trasferimenti immobiliari, sia in quanto avrebbe natura di mero accertamento di un effetto traslativo già verificatosi in forza del fenomeno successorio, sia perché il soggetto “trasferente”, che dovrebbe quindi rendere le menzioni, cioè la società, oggi non esiste più.

Invero, si sottolinea che, accogliendo la presente ricostruzione, non sarebbe in realtà necessaria la stipula di tale atto ricognitivo, in quanto, non solo, come detto, l’effetto traslativo prescindere da tale atto, ma soprattutto, il trasferimento dalla società estinta agli ex soci godrebbe comunque di un apposito regime pubblicitario, in quanto si devono a tal fine distinguere, da un lato, i registri immobiliari e catastali, nei quali il bene risulta ancora intestato alla società, dall’altro lato, le risultanze della visura camerale, dalla quale emerge che la società è stata cancellata e che soci della società erano quei soggetti: pertanto, il problema della continuità delle trascrizioni sarebbe di per sé risolto tramite la comparazione tra i registri.

Ebbene, se la ricostruzione finora esposta è quella che appare preferibile, in quanto maggiormente coerente con il principio di diritto statuito dalle Sezioni Unite, la dottrina ha elaborato e sostenuto altre impostazioni, che saranno brevemente esposte sulla natura giuridica delle sopravvenienze attive.

Secondo una prima ricostruzione, il fenomeno delle sopravvenienze attive sarebbe in qualche modo accostabile a quello dell’eredità giacente, ma tale ricostruzione si espone alla critica per cui, come detto sopra, la società si estingue con l’iscrizione della delibera di cancellazione al Registro delle imprese, non quando si chiude il bilancio di liquidazione.

Altri Autori hanno, poi, sostenuto che l’emersione di una sopravvenienza attiva comporterebbe una cancellazione della cancellazione della società, con conseguente reviviscenza della società medesima, tramite un’applicazione analogica di quanto previsto dall’art. 2191 del Codice civile, ma ciò è contestabile sotto due profili: in primo luogo, sopravvenienze attive e passive verrebbero irragionevolmente trattate in modo diverso tra loro, in secondo luogo, tra le condizioni per l’iscrizione al Registro delle Imprese della cancellazione si annovererebbe anche l’esaurimento della liquidazione dell’attivo, ma il Codice non lo richiede.

Ulteriormente, altra parte della dottrina ha ritenuto di ravvisare nelle sopravvenienze attive un fenomeno latamente equiparabile ad una trasformazione eterogenea (da società in comunione di azienda tra i soci), ma ciò si scontra con il rilievo secondo cui la trasformazione è alternativa rispetto alla liquidazione, quindi, è evidente che il legislatore le intende come due fattispecie diverse.

Altra parte della dottrina, poi, ha parlato di fenomeno successorio a titolo universale, ma a causa di morte (della società), affermando la trascrivibilità dell’atto ricognitivo dell’acquisto della sopravvenienza attiva ai sensi dell’art. 2648 del Codice civile. Tuttavia, tale ricostruzione non pare meritevole di accoglimento, in quanto si scontra con il principio di tassatività delle trascrizioni e, ancor prima, si stenta a comprendere quale esattamente sia il titolo dell’acquisto in capo ai soci, in quanto non può di certo parlarsi di acquisto di eredità o di legato.

Invero, l’unica ricostruzione teorica alternativa a quella accolta dalle Sezioni Unite che può essere, forse, meritevole di accoglimento e che è stata, tra l’altro sposata da uno studio del Consiglio Nazionale del Notariato (Studio CNN n. 38/2006), è quella che individua nelle sopravvenienze attive un fenomeno di acquisto a titolo traslativo-derivativo inter vivos.

Dall’accoglimento di questa impostazione derivano, si sottolinea, importanti conseguenze pratiche e redazionali, in quanto l’effetto acquisitivo-traslativo sarebbe da ricollegare proprio all’atto ricognitivo della sopravvenienza, che avrebbe, in questo caso, natura di atto integrativo del bilancio finale di liquidazione, trascrivibile ai sensi dell’art. 2643 comma 1, n. 1 del Codice civile e che deve, quindi, contenere, a pena di nullità, tutte le menzioni richieste per i trasferimenti immobiliari.

Sebbene questa impostazione sia stata autorevolmente sostenuta, tuttavia, non appare del tutto convincente, in quanto, da un lato, se il “trasferente” (società) non esiste più, non si capisce contro chi dovrebbe essere trascritto tale atto traslativo e, dall’altro lato, nelle ipotesi in cui il bilancio finale di liquidazione radicalmente manca (e non avrebbe quindi senso configurare un. atto “integrativo” di tale bilancio), come avviene, ad esempio, in caso di cancellazione d’ufficio della società dal Registro delle Imprese, si stenta a comprendere quale sia il titolo di acquisto in favore dei soci.