SUCCESSIONE MORTIS CAUSA E PATRIMONI IMPRENDITORIALI:
STRUMENTI PER LA CONTINUITÀ DELL’IMPRESA ALLA MORTE DELL’IMPRENDITORE
La morte dell’imprenditore individuale o del socio di una società pone, da sempre, rilevanti problemi giuridici ed economici in ordine alla continuità dell’attività produttiva. L’ordinamento civile italiano, imperniato sui principi di tutela della famiglia e di garanzia delle quote di legittima, infatti, si confronta con l’esigenza – di matrice economica e sociale – di non disperdere il patrimonio imprenditoriale del defunto e di consentire all’impresa di proseguire la propria attività, evitando che la successione determini frammentazioni o conflitti tali da comprometterne la sopravvivenza.
Il Notaio, in tale contesto, assume un ruolo di primaria importanza, non solo quale pubblico ufficiale rogante gli atti che consentono di pianificare e regolare la successione, ma anche quale consulente giuridico delle famiglie imprenditoriali, chiamato a bilanciare gli interessi dei legittimari con la necessità di garantire la stabilità e la continuità aziendale.
La successione legittima e testamentaria: rischi di frammentazione del patrimonio imprenditoriale.
Il Codice civile disciplina la successione mortis causa agli artt. 456 e seguenti, prevedendo la devoluzione del patrimonio ereditario secondo le regole della successione legittima (artt. 565 ss. del Codice civile) o testamentaria (artt. 587 ss. del Codice civile).
Nell’ambito dei patrimoni imprenditoriali, l’applicazione rigida delle regole ordinarie comporta tuttavia un elevato rischio di frammentazione. L’azienda, intesa come complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa (cos, l’art. 2555 del Codice civile), può infatti essere divisa tra coeredi in natura o attribuita pro quota, con conseguente necessità di gestione comune che genera facilmente conflitti e inefficienze.
L’art. 2561 del Codice civile consente all’erede che prosegue l’impresa di subentrare nei contratti stipulati dall’imprenditore defunto, ma non elimina i problemi derivanti dalla comunione ereditaria sull’azienda. La disciplina della divisione ereditaria (artt. 713 ss. del Codice civile) non assicura da sola la funzionalità dell’impresa, potendo determinare la sua disgregazione o la cessione a terzi.
L’imprenditore individuale e l’azienda nella successione.
Particolare attenzione merita, poi, la figura dell’imprenditore individuale. Alla sua morte, l’azienda entra a far parte del compendio ereditario e segue le regole generali della successione. In caso di pluralità di eredi, si forma una comunione ereditaria sull’azienda, con conseguente necessità di decisioni collegiali per la sua gestione. Tale situazione è spesso incompatibile con le esigenze di rapidità e unitarietà tipiche della gestione imprenditoriale.
L’art. 720 del Codice civile ammette, nella divisione ereditaria, l’assegnazione preferenziale dell’azienda a uno degli eredi che già vi partecipava stabilmente, con conguagli in denaro a favore degli altri coeredi. Tale norma costituisce un primo strumento per favorire la continuità, ma risulta spesso insufficiente, sia per le difficoltà finanziarie dell’erede assegnatario nel versare i conguagli, sia per il rischio di contestazioni sulla stima dell’azienda.
Il problema della continuità dell’impresa individuale si pone dunque in termini acuti e richiede strumenti ulteriori rispetto a quelli tradizionalmente previsti dal Codice civile.
La successione nelle società: continuità e clausole statutarie.
Quando l’attività imprenditoriale è svolta in forma societaria, la sorte dell’impresa deve tenere conto della disciplina dettata dal Codice civile in materia di successione nelle partecipazioni sociali.
Nelle società di persone, la morte del socio determina, salvo patto contrario, lo scioglimento della società nei confronti del defunto e l’obbligo dei soci superstiti di liquidarne la quota agli eredi (art. 2284 del Codice civile). Tuttavia, il contratto sociale può tuttavia prevedere clausole di continuazione con gli eredi, o di consolidazione delle quote in capo ai soci superstiti, con liquidazione agli eredi del valore della quota (a tali clausole di continuazione automatica, obbligatoria e facoltativa, è dedicato un apposito contributo pubblicato su questo sito, a cui si rinvia).
Nelle società di capitali, invece, le partecipazioni (azioni o quote) sono liberamente trasmissibili mortis causa, salvo diversa previsione statutaria. Il rischio di frammentazione si sposta dunque sul piano della proprietà delle partecipazioni, potendo l’azienda trovarsi gestita da una pluralità di eredi privi di coesione.
Particolare rilevanza assumono le clausole statutarie volte a garantire la continuità:
- le clausole di gradimento, che subordinano l’ingresso degli eredi all’approvazione degli altri soci;
- le clausole di consolidazione, che attribuiscono automaticamente le partecipazioni agli altri soci, con obbligo di liquidazione agli eredi;
- le clausole di continuazione, che dispongono l’ingresso automatico degli eredi nella compagine.
Il Notaio, in sede di redazione o modifica dello statuto, svolge un ruolo centrale nell’individuare le clausole più idonee a bilanciare la continuità con la tutela dei diritti successori.
Il patto di famiglia: strumento speciale per la continuità d’impresa.
La vera innovazione dell’ordinamento italiano è rappresentata dall’introduzione del patto di famiglia (artt. 768-bis e seguenti del Codice civile), concepito proprio per garantire il passaggio generazionale dell’impresa in vita dell’imprenditore, riducendo i rischi di conflitto alla sua morte.
Il patto di famiglia è un contratto, stipulato con atto pubblico notarile, con cui l’imprenditore trasferisce l’azienda o le partecipazioni societarie a uno o più discendenti, con il consenso degli altri legittimari, che possono essere soddisfatti mediante attribuzioni compensative.
La peculiarità di tale istituto è duplice:
- da un lato, consente un trasferimento immediato dell’azienda o delle partecipazioni, assicurando la continuità gestionale;
- dall’altro, vincola i legittimari a una preventiva regolazione dei propri diritti, evitando che alla morte dell’imprenditore sorgano azioni di riduzione o contestazioni sulla legittima.
Il patto di famiglia, tuttavia, non è esente da criticità: richiede il consenso di tutti i legittimari (anche solo potenziali), circostanza che spesso ne ostacola la stipula; inoltre, non può avere per oggetto beni diversi dall’azienda o dalle partecipazioni sociali.
Il ruolo del Notaio è determinante: egli deve non solo redigere l’atto, ma verificare la presenza e la capacità di tutti i legittimari, assicurare la chiarezza delle attribuzioni compensative e curare la pubblicità legale affinché il patto sia opponibile ai terzi.
Strumenti alternativi: trust, vincoli di destinazione, holding familiari.
Oltre al patto di famiglia, la prassi ha inoltre sviluppato ulteriori strumenti per pianificare la continuità dei patrimoni imprenditoriali.
- Trust: di origine anglosassone, ampiamente utilizzato anche in Italia grazie al riconoscimento della Convenzione dell’Aja del 1985, consente all’imprenditore di trasferire l’azienda o le partecipazioni a un trustee, con obbligo di amministrarle a beneficio di determinati soggetti (tipicamente gli eredi). Il trust permette di separare il patrimonio imprenditoriale dal resto dei beni, assicurandone la gestione unitaria. Tuttavia, non è esente da criticità in rapporto con la disciplina della legittima e con l’ammissibilità dei vincoli successori;
- Vincoli di destinazione ex art. 2645-ter del Codice civile: consentono di vincolare determinati beni a uno scopo, anche a favore di soggetti determinati, per una durata non superiore a novanta anni o alla vita del beneficiario. Applicati all’azienda o alle partecipazioni, possono garantire la destinazione stabile a finalità imprenditoriali;
- Holding familiari: spesso utilizzate nelle grandi famiglie imprenditoriali, le holding consentono di concentrare la proprietà delle partecipazioni societarie in una società veicolo, disciplinando in sede statutaria i rapporti tra i rami familiari e prevedendo clausole di governance idonee a preservare l’unità di indirizzo.
Tali strumenti, pur diversi per natura e disciplina, richiedono tutti l’intervento notarile per la loro costituzione o attuazione ed attribuiscono al Notaio il compito di verificarne la compatibilità con le norme inderogabili del diritto successorio.
Il ruolo del Notaio.
La pianificazione della successione imprenditoriale è, dunque, ambito privilegiato per la funzione notarile, che si esplica in più direzioni:
- consulenza preventiva, volta a individuare lo strumento più idoneo in relazione alla struttura familiare e all’assetto patrimoniale;
- redazione dell’atto pubblico, che, per patto di famiglia, trust autodichiarati, vincoli di destinazione e modifiche statutarie, costituisce requisito essenziale di validità dell’atto;
- garanzia di legalità, attraverso la verifica della compatibilità delle soluzioni prescelte con le norme sulla legittima e con la disciplina societaria;
- mediazione tra i soggetti coinvolti, per favorire il consenso e prevenire futuri contenziosi.
Il Notaio diviene così figura di equilibrio tra esigenze imprenditoriali e vincoli successori, tra continuità aziendale e tutela dei legittimari, svolgendo un ruolo insostituibile nella salvaguardia dell’interesse pubblico alla stabilità del tessuto economico.
Conclusioni.
La morte dell’imprenditore rappresenta un momento di crisi non solo per la famiglia, ma anche per l’impresa e per i lavoratori ad essa collegati. L’ordinamento italiano, pur fondato sul principio della tutela dei legittimari, ha introdotto strumenti specifici, come il patto di famiglia, per conciliare tali esigenze con la continuità dell’impresa.
La prassi notarile e le soluzioni giuridiche innovative (trust, vincoli di destinazione, holding) hanno ampliato le possibilità di pianificazione, consentendo di costruire assetti patrimoniali stabili e funzionali al passaggio generazionale.
In questo quadro, il ruolo del Notaio emerge in tutta la sua centralità: non semplice rogante, ma architetto di soluzioni giuridiche complesse, custode della legalità e mediatore tra interessi contrapposti. Solo attraverso un’attenta opera di consulenza e di formalizzazione è possibile garantire che la successione mortis causa non si traduca in frammentazione e conflitto, ma divenga occasione di continuità e di rinnovata stabilità dell’impresa familiare.
