La dematerializzazione è un fenomeno che tradizionalmente ha riguardato, per i motivi infra evidenziati, le sole società azionarie, ma che è stato da ultimo previsto anche per le s.r.l. (solo se p.m.i.), alle condizioni e con le modalità che saranno esposte. Tuttavia, le differenze strutturali tra la partecipazione azionaria e quella costituita da una quota sono tali per cui, anche oggi, il concetto di dematerializzazione acquista connotati differenti in base al fatto che si rivolga ad una società azionaria, o ad una s.r.l.: per questo, il fenomeno sarà oggetto di due trattazioni separate.
La dematerializzazione delle azioni
Nell’ambito delle società azionaria, con “dematerializzazione” si intende un procedimento per mezzo del quale i titoli non sono più rappresentati in cartaceo ma con un’iscrizione elettronica presso una banca (o un intermediario finanziario che sia legalmente autorizzato): scompaiono, dunque, i classici titoli di credito a letteralità incompleta, solitamente nominativi ed occasionalmente al portatore (come per le azioni di risparmio), che costituiscono le azioni e dunque incorporano la partecipazione al capitale sociale.
Ciò comporta, inevitabilmente, la necessità di ridisegnare integralmente la legge di circolazione delle azioni, essendo inapplicabili le forme ordinarie del transfer e della girata previste per i titoli di credito e riportate dall’art. 2355 del Codice civile. Invero, la dematerializzazione comporta che tra l’acquirente ed il venditore non avviene un passaggio “fisico” del titolo azionario in formato cartaceo.
La disciplina della dematerializzazione è stata introdotta con il cd. Decreto Euro, d.l. n. 213/1998, l’art. 28 del quale prevede tre tipi di dematerializzazione:
1. Dematerializzazione per legge (comma 1): gli strumenti negoziali destinati alla negoziazione sui mercati regolamentari non possono essere rappresentati da titoli;
2. Dematerializzazione obbligatoria per regolamento della Consob (comma 2): prevede quali siano gli strumenti finanziari che, seppur non quotati in borsa, sono molto diffusi tra il pubblico e da assoggettare obbligatoriamente alla presente disciplina;
3. Dematerializzazione volontaria (comma 3): sostanzialmente ammissibile per tutte le s.p.a.
Ad ogni modo, in tutti i casi di dematerializzazione, la circolazione avviene per mezzo di una gestione accentrata, esercitata da una società di gestione accentrata costituita secondo le norme del T.U.F. (d.lgs. n. 58/1998) e dei regolamenti Consob, che apre un conto per ciascuna società emittente che successivamente viene suddiviso in tanti sotto-conti quante sono le azioni emesse: a tale società di gestione la s.p.a. è legata da un rapporto contrattuale di somministrazione di servizi.
Per quanto riguarda il trasferimento delle azioni dematerializzate, in sostanza non c’è molta differenza tra azioni nominative e quelle al portatore, se non per quanto riguarda la legittimazione nei confronti della società, che presuppone, per le azioni nominative, l’iscrizione nel libro dei soci (che avviene su comunicazione dell’intermediario).
Vengono, poi, altresì, in rilievo gli artt. 2354, commi 6 e 7 e 2355 del Codice civile, che prevedono espressamente la dematerializzazione volontaria, che deriva da una libera scelta della società, incardinata in un’apposita previsione statutaria.
In particolare, l’art. 2355, ultimo comma del Codice civile prevede che il trasferimento si opera “mediante scritturazione sui conti destinati a registrare i movimenti degli strumenti finanziari” e la scritturazione nei conti equivale a girata e da ciò consegue l’applicazione della stessa disciplina: dunque, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2355 del Codice civile l’intestatario del conto può esercitare i diritti sociali anche prima dell’iscrizione nel libro soci (ma fermi restano ovviamente l’obbligo per la società di fare l’aggiornamento del libro dei soci).
Si precisa, infine, che nel caso di conflitto fra più acquirenti nel caso delle azioni dematerializzate, prevale colui che per primo ha conseguito la registrazione in accredito sul proprio conto, stante l’impossibilità di attribuire efficacia risolutiva del conflitto al materiale conseguimento del possesso (in buona fede), come avviene in caso di conflitto tra acquirenti di azioni incorporate in titoli di credito.
La dematerializzazione delle quote
Come detto inizialmente, la dematerializzazione è sempre stata un fenomeno che ha riguardato le sole società azionaria, in quanto solo in queste ultime la partecipazione è rappresentata da azioni, cioè titoli di credito, documenti cartacei, laddove l’art. 2468 del Codice civile prevede che “le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni”, con la conseguenza che la quota di s.r.l. è sempre, necessariamente un bene immateriale (ma non per questo si parla di quota dematerializzata).
La dematerializzazione delle quote di s.r.l., invero, oggi prevista dalla c.d. Legge Capitali (l. n. 21/2024) prevede una dematerializzazione che consiste, in realtà, nella sola previsione di un sistema di gestione accentrata delle quote. Ma vi è di più: la dematerializzazione delle quote è oggi ammissibile solo al ricorrere di due presupposti cumulativi:
1. La s.r.l. in oggetto deve essere una p.m.i. (cioè la s.r.l. che non supera almeno due dei tre parametri previsti dal Reg. UE 1129/2017): restano dunque escluse dalla Riforma le s.r.l. di grandi dimensioni;
2. Le quote oggetto di dematerializzazione devono avere tutte uguale valore, attribuire tutte gli stessi diritti ed essere indivisibili: in altre parole, le uniche quote suscettibili di dematerializzazione sono le quote standardizzate, sulla cui possibilità di emissione (comunque già prima della Riforma affermata dalla dottrina notarile, nonché dal Consiglio Notarile di Milano con la Massima n. 205) da parte delle s.r.l. p.m.i. non resta dunque oggi alcun dubbio. Invero, non sarebbe possibile affidare ad una società di gestione accentrata la circolazione di quota non standardizzate, il cui valore, numero e diritti attribuiti dipendano dunque dal titolare della quota stessa.
Dunque, in presenza di questi requisiti, è possibile che le quote di p.m.i. abbiano accesso allo stesso regime di gestione accentrata previsto per le società azionarie, come sopra esposto.
Conclusivamente, si noti come, accanto alla forma di dematerializzazione introdotta dalla Legge Capitali, detta anche “dematerializzazione forte”, esistesse già prima, ed in particolare con l’introduzione dell’art. 26 del d.l. n. 179/2012, una forma di dematerializzazione, definita “dematerializzazione impropria” per le s.r.l. p.m.i. che avessero promosso una raccolta di capitali tramite piattaforme di equity crowdfunding, in quanto, all’interno di queste operazioni di raccolta di capitale di rischio, le quote di nuova emissione già potevano essere sottoscritte tramite intermediari abilitati ad effettuare servizi di investimento e la circolazione delle quote così sottoscritte già poteva avvenire, in via alternativa alle modalità “ordinarie”, mediante annotazione del loro trasferimento nei registri tenuti da tali intermediari.
