Definizione e natura giuridica
Le disposizioni testamentarie sanzionatorie e destitutive, anche dette poenae nomine, sono disposizioni testamentarie tipiche con cui il testatore intende esercitare una coazione psicologica sull’istituito per indurre costui all’adempimento di una particolare volontà espressa dalla stesso nel testamento, dietro comminatoria di un determinato svantaggio patrimoniale e/o di una pena per l’eventualità di una trasgressione di tale volontà.
Come è stato notato, la funzione coercitiva di codeste clausole testamentarie si attua in una duplice direzione: da un lato, assolvono ad una funzione preventiva, perché, con il prevedere un certo svantaggio, patrimonialmente valutabile, a carico dell’istituito, esercitano una pressione psicologica sulla volontà di quest’ultimo; dall’altro, svolgono una funzione repressiva e sanzionatoria per l’ipotesi in cui l’istituito non si adegui e quindi non esegua quanto voluto dal de cuius.
Tuttavia, non sembra essersi presa in considerazione una concezione ancora più lata di dette disposizioni. In altre parole, la tesi tradizionale ricollega l’effetto svantaggioso/punitivo ad una mancata attuazione della volontà del testatore. Volendo analizzare il fenomeno in una portata più ampia, tuttavia, si dovrebbe ricomprendere in tale definizione anche disposizioni che hanno come scopo esclusivo quello sanzionatorio di un determinato soggetto.
Dunque, nel suo significato più ampio, le disposizioni punitive ricomprendono sia quelle con cui si vuole esercitare una pressione psicologica affinché il beneficiario della disposizione faccia/non faccia qualcosa, sia quelle puramente e semplicemente punitive (si pensi alla diseredazione).
Singole disposizioni testamentarie sanzionatorie e destitutive
Poste queste considerazioni di carattere generale, si passa adesso ad una rassegna delle ipotesi più rilevanti di poenae nomine, senza pretesa di esaustività.
Legato in sostituzione di legittima
Una tra le più classiche disposizioni che può perseguire un intento latamente sanzionatorio è il legato in sostituzione di legittima. Con esso, ai sensi dell’art 551 del Codice civile, il testatore attribuisce a titolo di legato un bene ad un legittimario in luogo della quota a quest’ultimo riservata dalla legge.
Stante l’automaticità del legato all’apertura della successione (e salvo il potere del legatario di rinunciare al legato e di agire in riduzione) è evidente come il lascito in esame ben può prestarsi ad un intento punitivo (non fare acquistare al legittimario la qualità di erede), senza contare che lo stesso può legittimamente essere gravato da un onere o da una condizione (e in generale da uno strumento sanzionatorio in senso tecnico, come quelli infra analizzati), non operando in relazione al legato in sostituzione di legittima il divieto di cui all’art. 549 del Codice civile.
Inoltre, è discusso (anche se negato dalla dottrina forse maggioritaria) se l’acquisto del legato sostitutivo comporti un effetto diseredativo, con la conseguenza che il legatario in sostituzione non possa beneficiare di un eventuale chiamata all’eredità come erede legittimo.
Penale testamentaria
Benché sia discussa in dottrina l’ammissibilità e la corretta definizione di penale testamentaria, la stessa sembra essere accolta dalla tesi prevalente, sulla scorta di diverse argomentazioni. Riguardo, poi, ai mezzi tecnici con cui realizzare una disposizione del genere, si noti quanto segue.
Anzitutto, la penale potrebbe accedere a disposizioni testamentarie come onere o legato di contratto (ad esempio, lego in favore di Tizio la somma di euro 10.000, sublego a carico di Tizio e a favore di Caio il diritto di pretendere la somma di euro __ per il caso in cui non concluda i lavori ristrutturazione entro __). In tale ultimo caso, il meccanismo contrattuale viene recuperato dalla struttura stessa del legato, stante l’automaticità degli effetti dello stesso. Inoltre, si ammette come il testamento possa essere fonte idonea ex art. 1173 del Codice civile di obbligazioni contrattuali.
Da notare, tuttavia, come, ove una penale sia apposta a carico di un legatario, la stessa sarebbe snaturata dalla propria funzione punitiva a causa degli anzidetti limiti che governano la materia, in quanto non potrebbe comunque superare il valore della cosa legata.
Discorso diverso sarebbe da fare in caso di penale testamentaria che accede ad una istituzione di erede. In questo ultimo caso, salvi i limiti della quota di riserva e la possibilità di accettare con beneficio di inventario, l’erede risponderebbe anche oltre al valore della sua quota di eredità.
Si precisa, poi, che lo strumento della clausola penale è sovente usato anche per attribuire rilevanza patrimoniale ad un onere che ne sarebbe primo (ad esempio, “lego in favore di Tizio il mio orologio Longines in argento modello __ con l’onere di indossarlo ogni giorno, prevedendo il pagamento di una penale di euro cento per ogni giorno in cui non lo indosserà”).
Da ultimo, si perché che, ancorché sia discusso, deve ritenersi ammissibile anche la previsione di un a penale in natura, perché l’art. 1382 del Codice civile in relazione all’oggetto della penale parla di “prestazione” non di somma di denaro; in secondo luogo, perché la previsione di una penale in natura non comporterebbe la violazione del divieto di patto commissorio ex art. 2744 del Codice civile, in quanto tale divieto ha ragion d’essere solo nei negozi inter vivos, non anche in quelli a causa di morte, in cui non può esserci alcun approfittamento.
Diseredazione come penale
Ipotesi peculiare di penale è quella che prevede, in caso di inadempimento dell’obbligo, non il pagamento di una determinata somma di denaro, non l’esecuzione di una determinata prestazione, ma la diseredazione di colui che ha lasciato inadempiuta la penale.
In questo caso è discusso che l’esclusione valga solo con riferimento alla successione legittima, o anche a quella testamentaria: al fine di evitare tale incertezza, è altamente consigliabile che sia il Notaio rogante a prendere espressamente posizione sul punto in conformità della volontà del testatore.
La liceità della diseredazione come penale è stata oggetto di dibattito in dottrina ed in giurisprudenza, ma la si finisce per ammettere, nei soli limiti dei diritti disponibili (riguarda cioè solo azioni a contenuto privatistico) e dunque non può riguardare azioni concernenti: la successione necessaria, la capacità di testare, la capacità di ricevere per testamento e la nullità per vizi di forma.
Sotto il profilo strutturale, la diseredazione come penale si realizza con lo strumento della condizione sospensiva: ad esempio, “escludo Tizio dalla mia successione, a condizione sospensiva che impugni il presente testamento entro il __, fatte salve le azioni concernenti diritti indisponibili”.
Clausola di decadenza e termine ex voluntate testatoris
Funzione latamente sanzionatoria hanno anche la cosiddetta clausola di decadenza ed il cosiddetto termine ex voluntate testatoris.
La prima è la disposizione con cui si fa decadere il beneficiario dalla disposizione, solitamente con il mezzo tecnico della condizione risolutiva o dell’onere risolutivo o determinante ex art 648, comma 2 del Codice civile, che l’istituito impugni il testamento o singole disposizioni nello stesso contenute.
Una clausola di tale contenuto è ritenuta ammissibile se fatta nei limiti dei diritti disponibili, da intendersi nei medesimi termini in cui tale limite è stato esposto con riferimento alla diseredazione come penale.
Con riguardo al termine ex voluntate testatoris, lo stesso consiste nella disposizione con cui il testatore appone un termine più breve di quello legale per l’accettazione del lascito. È evidente la funzione coartante di tale termine, in quanto il chiamato è costretto a compiere una scelta in un tempo più breve di quello che gli assegna la legge, soprattutto, qualora il chiamato sia messo nella situazione di dovere scegliere una disposizione piuttosto che un’altra.
La questione dell’ammissibilità del termine ex voluntate testatoris, è risolto dalla dottrina ad oggi maggioritaria, che considera il termine decennale per l’accettazione dell’eredità ex art. 480 del Codice civile come un termine di decadenza (dunque derogabile dalle parti, in quanto posto a presidio di interessi privatistici), e non di prescrizione (che sarebbe invece inderogabile): ad ogni modo, a prescindere che tale termine legale sia ricostruito in termini di prescrizione o di decadenza, il termine ex voluntate testatoris può comunque essere legittimamente previsto tramite l’apposizione all’istituzione ereditaria di una condizione risolutiva (ad esempio, “istituisco mio erede universale Tizio, nella quota di un mezzo del mio patrimonio a condizione risolutiva che non accetti l’eredità entro un anno dall’apertura della mia successione”).
Si precisa, tuttavia, che l’ammissibilità del termine in discorso è sempre subordinata alla circostanza che il termine in concreto previsto non sia comunque tanto breve da costituire in concreto un ostacolo alla possibilità del chiamato di esercitare il diritto di accettare l’eredità.
Onere e condizione
A ben vedere, il medesimo risultato perseguito con la clausola di decadenza può essere raggiunto con i mezzi tecnici ora dell’onere ora della condizione.
In relazione all’onere, lo stesso è un negozio che accede ad una disposizione costituisce fonte di una vera e propria obbligazione giuridica ex art. 1173 del Codice civile; inoltre, la volontà del testatore può spingersi fino a rendere l’onere determinante (o risolutivo) con conseguente decadenza dal lascito del beneficiario istituito (sempre fermi i limiti di legittima), ove l’onerato non adempia.
Particolare attenzione merita l’ambulatorietà dell’onere, espressa dagli articoli 676 e 577 del Codice civile, in base ai quali lo stesso “transita” da un chiamato ad un altro: si precisa, tuttavia, che tale ambulatorietà può essere esclusa dal testatore, con apposita sua manifestazione di volontà in senso contrario.
Con riguardo alla condizione apposta ad una istituzione di erede, la stessa, ai fini della sua ammissibilità, sconta il limite, già visto, della intangibilità della quota di riserva (ove gravi su un soggetto legittimario).
In relazione alla problematica della condizione coartante, la stessa sembra essere un rilevante confine alla volontà testamentaria in genere, ed in particolare ove tale volontà abbia connotazioni punitive: infatti, ai sensi degli artt. 634 e 626 del Codice civile, la condizione si ha come non apposta, salvo che sia stata la sola che ha determinato il testatore a disporre (sul punto, si rinvia al contributo sugli elementi accidentali del testamento presente su questo stesso sito).
Si noti, inoltre, come l’apposizione dell’onere o della condizione trovi dei limiti intrinseci in relazione all’art. 671 del Codice civile in tema di legato, ed all’articolo 484 del Codice civile, in tema di accettazione beneficiata, senza tacere i più volte ricordati limiti di intangibilità della quota di riserva. (artt. 549 e 563 del Codice civile).
Conclusioni
In conclusione, il testatore può avvalersi di ampi strumenti per attuare una volontà punitivo/sanzionatoria, nel senso più lato ed omnicomprensivo del termine, ciascuno dei quali sconta dei propri limiti.
Tra questi limiti, i principali sono quelli di intangibilità della quota di riserva, nonché quelli strutturali del valore della cosa legata e dell’accettazione beneficiata.
Ipotesi di lascito economicamente svantaggioso è qualora nell’asse ereditario vi siano solo poste passive.
In tali casi, il soggetto chiamato, anche qualora voglia rinunziare all’eredità, accettare con beneficio o far decorrere il termine di accettare la stessa, verrebbe ad essere messo in una condizione pregiudizievole, vuoi per le formalità connesse all’attività di rinunzia e di accettazione beneficiata, vuoi per il potenziale pericolo di compiere azioni che siano considerabili alla stregua di accettazione tacita di eredità.
