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INSTITUTIO EX RE CERTA: LA SORTE DEI BENI NON CONTEMPLATI O SOPRAVVENUTI DOPO LA TESTAMENTI FACTIO

 

BENI NON CONTEMPLATI O SOPRAVVENUTI RISPETTO AL MOMENTO DELLA TESTAMENTI FACTIO

In materia di institutio ex re certa, uno dei problemi maggiormente dibattuti attiene alla destinazione dei cespiti dei quali il testatore non abbia espressamente disposto, o perché da lui non contemplati o perché sopravvenuti al momento della redazione del testamento.

 

IN CASO DI DISPOSIZIONI A TITOLO DI LEGATO

Se le disposizioni testamentarie sono tutte fatte a titolo di legato e non vi sono dubbi in ordine alla qualifica dei beneficiari in termini di legatari, per i beni sopravvenuti si apre senz’altro la successione legittima. Il legato, infatti, non ha alcuna capacità espansiva.

 

NELL’IPOTESI DI INSTITUTIO EX RE CERTA

Non si è, invece, raggiunta una soluzione condivisa per la diversa ipotesi di qualificazione della fattispecie in termini di institutio ex re certa. In tal caso, si pone la questione della vis expansiva o meno della delazione realizzata attraverso l’attribuzione di beni determinati.

Su questa tematica in dottrina e in giurisprudenza si sono formate diverse opinioni, spesso del tutto divergenti tra loro:

  1. Una parte della dottrina ritiene che in conformità al principio ex secondo comma art. 457 codice civile, si debba aprire la successione legittima, con esclusione però dei parenti che siano già stati istituiti eredi ex re certa, in quanto la disposizione testamentaria costituirebbe per loro anche un limite all’istituzione di erede. Infatti, i loro diritti successori non potrebbero andare oltre a quelli espressamente menzionati dal testatore;
  2. Altri autori e parte della giurisprudenza, invece, pervengono alla soluzione diametralmente opposta, secondo cui gli eredi istituiti ex re certa dovrebbero subentrare, oltre che nei diritti espressamente loro attribuiti dal testatore, anche e nella stessa proporzione in tutti i diritti sui beni sopravvenuti. La misura di tale diritto sugli altri beni andrebbe quindi ricavata dal valore attribuibile alla res ricevuta per testamento. Pertanto, quando la disposizione testamentaria è a titolo universale, sia pur in forma di istituzione ex re certanon vi sarebbe luogo alla successione legittima agli effetti dell’art. 457, 2° comma, codice civile, tenuto conto della forza espansiva della stessa per i beni ignorati dal testatore o sopravvenuti. Andrebbe quindi negata la possibilità del concorso fra l’erede legittimo e l’istituito ex re, dal momento che l’istituito ex re sarebbe l’unico erede in virtù della forza espansiva, implicita nel riconoscimento della qualifica ereditaria;
  3. Infine, una tesi intermedia propone l’apertura della successione legittima per i beni non considerati nel testamento, ma con una possibilità di concorso con quella testamentaria. Secondo parte degli interpreti, soccorre, in tal senso, l’art. 734 codice civile, che dopo aver riconosciuto al testatore, al primo comma, la facoltà di « dividere i suoi beni tra gli eredi comprendendo nella divisione anche la parte non disponibile », al 2° comma chiarisce che se, nella divisione disposta dal testatore, non sono compresi tutti i beni lasciati al tempo della morte, quelli non compresi sono attribuiti conformemente alla legge, sempre che non risulti una diversa volontà del testatore (c.d. divisione oggettivamente parziale). Pertanto, occorre dapprima indagare se la scheda testamentaria sia interpretabile nel senso di una proporzionale attribuzione, anche dei beni in essa non contemplati, a coloro che il testatore ha istituito eredi; se non è possibile desumere tale volontà, occorrerà concludere che il testatore abbia consapevolmente assegnato ai coeredi soltanto alcuni dei suoi beni a titolo di quote ereditarie, mentre sui beni non compresi nella divisione si aprirà la successione intestata.

 

ULTIMI ORIENTAMENTI DELLA CASSAZIONE

La medesima soluzione, si afferma, sarebbe applicabile nell’ipotesi di institutio ex re certa   sui beni non indicati nel testamento. In questa ipotesi si costituirebbe una comunione tra gli eredi legittimi e gli istituiti ex certis rebus. Qualora gli eredi già istituiti ex re certa siano anche eredi legittimi, i beni non assegnati spetteranno agli eredi legittimi, compresi, tra questi, gli istituiti ex re.

Proprio argomentando ex art. 734 codice civile, questa possibilità del concorso fra l’istituito ex re e l’erede legittimo è stata riconosciuta dalla Suprema Corte anche in tempi recenti. In mancanza di una manifestazione contraria all’apertura della successione legittima, i beni consapevolmente esclusi sono attribuiti al chiamato ex lege. La quota dell’istituito ex re è determinata, perciò, in base al rapporto fra le cose attribuite e il valore globale dei beni che il testatore sapeva di possedere in quel dato momento, tenuto conto anche di quelli non contemplati nel testamento.

Ciò significa che l’institutio ex re certa, quando non comprende la totalità dei beni, non importerebbe attribuzione anche di tutti gli altri beni, che non formarono oggetto di disposizione, come asserito dalle sentenze della Cassazione del 5 agosto 2022, n. 24310 e del 31 dicembre 2021, n. 42121. Al contrario, detti beni si devolverebbero secondo le norme della successione legittima, destinata ad aprirsi ai sensi dell’art. 457, 2° comma, codice civile ogni qual volta le disposizioni a titolo universale, sia ai sensi del primo comma sia ai sensi del 2° comma dell’art. 588 codice civile, non ricostituiscono l’unità, come sostenuto dalla Cassazione con sentenza del 3 luglio 2019, n. 17868.

 

PRINCIPIO DELLA VIS ESPANSIVA IN TEMA DI INSTITUTIO EX RE CERTA

Che ne è, allora, del principio secondo il quale la forza espansiva della vocazione a titolo universale opera anche in favore dell’istituito ex re certa? Esso non andrebbe inteso nel senso di escludere la delazione legittima ma, più limitatamente, nel senso di un concorso, di questa, con la successione testamentaria realizzata attraverso la institutio ex re certa.

Secondo tale principio, infatti, l’acquisto dell’istituito ex re non è limitato in ogni caso alla singola cosa attribuita come quota, ma si estende proporzionalmente ai beni ignorati dal testatore o sopravvenuti; in tali beni, egli concorrerà con in successori legittimi. Quindi, l’institutio ex re certa vale a determinare la quota dell’istituito. Le ceterae res sono attribuite agli eredi legittimi, con inclusione, se vi sia concorso di delazioni, anche degli istituiti ex re certa. Nella quota differenziale, formata dalle altre cose dell’asse, succede l’erede legittimo; nella stessa proporzione, in forza della virtù espansiva che costituisce connotato essenziale della vocazione a titolo universale, si ripartiranno fra erede testamentario e legittimo i beni ignorati dal testatore o sopravvenuti dopo la confezione della scheda.

 

CONCLUSIONI

In definitiva, secondo la recente giurisprudenza della Cassazione, l’institutio ex re certa vale a determinare la quota dell’istituito, non già ad attribuirgli la qualità di unico erede in guisa da escludere a priori l’apertura della successione legittima sui beni non attribuiti. Il connotato essenziale della istituzione ex re certa, infatti, non è nella implicita volontà del testatore di attribuire all’istituito la totalità dei beni di cui egli avrebbe potuto disporre al momento della confezione del testamento, ma nell’assegnazione del bene determinato o del complesso di beni come quota del suo patrimonio. Ciò che è essenziale ai fini del riconoscimento del carattere universale della disposizione, piuttosto, è la possibilità di una partecipazione dell’erede istituito ex re anche all’acquisto di altri beni e quindi la sua attitudine a raccoglierli in proporzione della sua quota, da determinarsi in concreto attraverso il rapporto proporzionale tra il valore delle res certae attribuite e il valore dell’intero asse. Se non vi è quella attitudine, ma l’acquisto è limitato esclusivamente a beni determinati, il chiamato, anche se designato erede, non può che essere considerato legatario.