Skip to main content

Debiti ereditari.

Per debiti ereditari si intendono quelli già esistenti in capo al de cuius al momento della morte, inclusi gli interessi maturati dopo l’apertura della successione.
Le norme che si occupano principalmente della disciplina dei debiti ereditari sono gli artt. 752 e 754 codice civile.

Differenza tra rapporti interni e rapporti esterni

Per quanto riguarda i rapporti interni, ai sensi dell’art. 752 codice civile:

– I coeredi contribuiscono ai debiti ereditari in proporzione alla loro quota, salvo che il testatore abbia disposto altrimenti. L’unica eccezione a questo principio la si può riscontrare nella solidarietà di cui all’art. 1294 codice civile, il quale stabilisce che i condebitori sono tenuti in solido, a meno che la legge o il titolo costitutivo non stabiliscono diversamente;

– I debiti ereditari si dividono tra gli eredi pro quota e quindi le passività del de cuius non entrano in comunione, ma si dividono automaticamente tra i coeredi in proporzione alle loro quote, sulla base dell’inciso: “debiti ipso iure dividuntur”.

Per quanto concerne, invece, i rapporti esterni, sempre l’art. 754 codice civile stabilisce che:

– Il creditore può esigere immediatamente da ciascun coerede solo la porzione su di lui gravante. Il creditore può pretendere da ogni coerede solo l’adempimento della prestazione divisibile in misura non eccedente la rispettiva quota e, quindi, per soddisfare il suo intero credito è costretto ad agire nei confronti di tutti i coeredi;

– In caso di insolvenza di un coerede, il creditore non potrà rivolgersi agli altri per la parte non soddisfatta;

– Se il credito è garantito da ipoteca, il coerede, che in sede di divisione diviene proprietario del bene ipotecato, può essere chiamato a pagare per l’intero e avrà diritto di rivalsa verso gli altri.

Deroghe alla disciplina ordinaria

La disciplina di cui all’art. 752 codice civile può essere soggetta a derogabilità, in quanto i debiti possono essere ripartiti diversamente, nelle seguenti modalità:

– Il testatore può stabilire che l’intero debito ereditario gravi soltanto su un coerede oppure cumulativamente solo su alcuni dei coeredi;

– Il testatore può, altresì, stabilire che alcuni coeredi debbano rispondere di determinati debiti in misura superiore o inferiore alla loro rispettiva quota;

– Si può stabilire che un coerede venga esonerato dal pagamento dei debiti ereditari.

In questa ultima ipotesi il coerede incaricato a sostenere il peso del debito non ha il diritto di regresso verso gli altri coeredi.

Al contrario, l’art. 754 codice civile deve considerarsi inderogabile e, quindi, ogni coerede è tenuto personalmente verso i creditori in proporzione ala sua quota.

L’art. 754 codice civile non può essere derogato in peius per il creditore, ma soltanto in melius, in quanto è possibile prevedere che un coerede venga incaricato di pagare interamente i debiti, ma il creditore conserva comunque il diritto di richiedere l’adempimento pro quota.

Tali effetti vengono raggiunti tramite lo strumento dell’onere ex art. 647 codice civile.

Con l’onere, infatti, si può derogare sia nei rapporti esterni, sia nei rapporti interni, perché così il creditore può andare a chiedere al coerede onerato tutto e non solo quanto gli spetta in proporzione alla quota ereditaria dello stesso.

Se, invece, si prevede una deroga soltanto all’art. 752 codice civile, fermo restando i diritti dell’art. 754 codice civile, il creditore non può chiedere tutto all’onerato, perché glielo deve chiedere pro quota e quindi dovrebbe chiedere l’adempimento anche agli altri coeredi, i quali avrebbero la rivalsa verso l’onerato.

L’incarico ex art. 1315 Codice Civile

L’incaricato può essere conferito anche per testamento o nell’originario contratto fra de cuius e creditore, e ciò costituisce un’eccezione al divieto dei patti successori ex art. 428 codice civile.

Le ipotesi che si possono configurare in questo caso sono le seguenti:

a) Se l’incarico viene conferito per testamento, il creditore può chiedere l’intero all’incaricato e, ai sensi 754 codice civile pro quota ai singoli coeredi;

b) Se l’incarico viene conferito nel contratto tra de cuius e creditore, si deve ritenere che, nei rapporti esterni, gli altri eredi siano completamente esonerati.

L’incarico per testamento, fino a prova contraria, influenza solo i rapporti esterni e, secondo la dottrina maggioritaria, l’incaricato ha il diritto di regresso.

Pertanto, è prevista, sicuramente, una deroga nell’originario contratto inter vivos, dei rapporti interni, assegnando l’intero debito ad uno solo degli eredi. Tuttavia, per parte della dottrina tale disposizione violerebbe il divieto dei patti successori ex art. 428 codice civile e, pertanto, sarebbe da considerarsi nulla.

Se, invece, l’incarico per testamento ha ad oggetto la riscossione di un credito, secondo la dottrina prevalente si deve intendere che il testatore abbia voluto assegnare il credito alla proporzione concreta del coerede che ha effettuato la riscossione.

Successione oneri condominiali ex art. 63 disposizioni attuative del codice civile

Nell’ipotesi in cui un coerede subentra nella proprietà di un bene gravato da debiti condominiali, si applica l’art. 63 disposizioni attuative del codice civile, il quale al 3° comma prevede che chi subentra in tale diritto è obbligato con il pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente.

Tuttavia, tale previsione è assai discussa.

Uno studio del Consiglio Nazionale del Notariato nel 2013 si è occupato della questione ed è giunto alle seguenti conclusioni:

a) Se rimane la comunione tra eredi in caso di successione, l’art. 63 disposizioni attuative codice civile non trova applicazione;

b) Se, invece, il bene viene legato o assegnato ai sensi dell’art. 588 2° comma o dell’art. 734 codice civile, la suddetta norma trova applicazione, purché la successione si apra nei termini in esso previsti.

Quindi, in questo ultimo caso, il condominio può chiedere il credito a tutti gli eredi pro quota ai sensi dell’art. 734 codice civile o può domandargli al legatario/assegnatario del bene determinato.

Debiti del legatario

Ai sensi dell’art. 756 codice civile, si prevede che il legatario sia esente dal pagamento dei debiti ereditari, a differenza dell’erede.

Tuttavia, anche il legatario può essere chiamato a rispondervi se i creditori hanno il diritto di esercitare l’azione ipotecaria o il diritto di separazione.

Nell’ipotesi in cui, però, il legatario ha estinto il debito da cui era gravato il fondo oggetto del legato in suo favore, egli subentra nelle ragioni che il creditore aveva prima contro gli eredi.

Inoltre, per il caso in cui il legatario è tenuto all’adempimento di un legato obbligatorio o di qualsiasi onere che gli viene imposto dal testatore, egli ne risponde sempre nei limiti del valore della cosa legata, come previsto espressamente dall’art. 671 codice civile.

Quindi, mentre l’erede risponde illimitatamente dei debiti ereditari, il legatario, qualora è chiamato a pagare un debito ereditario, ne risponde sempre nei limiti del valore dell’oggetto del suo lascito.

Debiti e crediti aziendali nel legato di azienda

Altra importante questione riguarda la successione dei debiti aziendali in caso di legato di azienda a cui si applicano le disposizioni di cui agli artt. 2555 ss. codice civile.

Nel legato di azienda, infatti, è sempre opportuno disciplinare la sorte dei debiti aziendali, poiché, nel silenzio del testatore, è controverso il limite entro il quale il legatario risponde dei medesimi.

Infatti, vi è un difficile coordinamento tra l’esigenza di tutela dei creditori dell’impresa, dei creditori personali del defunto, di quelli degli eredi e dei successori a titolo particolare.

Oggetto di discussione è l’applicazione analogica o meno dell’art. 2560 codice civile, anche nei trasferimenti mortis causa.

Parte della dottrina esclude l’applicazione analogica dell’art. 2560 codice civile al legato di azienda, soprattutto in virtù del fatto che non ricorre la ratio legis che giustifica tale previsione.

Infatti, mentre in inter vivos potrebbe verificarsi che la garanzia dell’acquirente potrebbe essere pregiudicata dalla minore consistenza del patrimonio dell’acquirente rispetto a quello del venditore, in mortis causa l’azienda si trasferisce con tutto il patrimonio del defunto, per cui la ripartizione ipso iure dei debiti ereditari tra gli eredi in proporzione alle loro quote ereditarie non modifica la garanzia patrimoniale dei creditori del de cuius, i quali possono soddisfarsi sull’intero patrimonio ereditario e chiedere la separazione dei beni, evitando il concorso dei creditori personali dell’erede e del legatario. Quindi, per stabilire su chi gravino i debiti aziendali dei rapporti interni tra erede e legatario occorre avere riguardo della volontà del testatore, in mancanza si applica il limite di cui all’art. 671 codice civile ed il legatario risponde nei limiti del valore della cosa legata.

La Cassazione con la sentenza n. 1720 del 2016 ha asserito che nel legato di azienda, ove non risulti una diversa specificazione del testatore, ha ad oggetto il complesso dei beni organizzati per l’esercizio dell’impresa, comprese le attività e le passività. Pertanto, i debiti aziendali non possono essere identificati come debiti ereditari ex art. 756 codice civile, che il legatario non è tenuto a pagare, bensì costituiscono una componente del bene attribuito e, come tali, incombono sul legatario, cosi come ex art. 668 codice civile, se la cosa legata è gravata da servitù o altro onere, il peso viene sopportato dal legatario. L’unica tutela è il limite di cui all’art. 671 codice civile, che limita intra vires la responsabilità del legatario.

Con riguardo ai crediti aziendali, invece, la dottrina prevalente ritiene applicabile analogicamente l’art. 2559 codice civile.

Obbligazioni naturali e debiti di gioco

Le obbligazioni naturali sono disciplinate dall’art. 2034 codice civile e si configurano come un mero obbligo morale e sociale.

Pertanto, alla luce della natura giuridica di tali obbligazioni, esse non cadono in successione, come hanno stabilito sia la dottrina sia la giurisprudenza della Cassazione.

Se il testatore era debitore di gioco, un suo erede può anche pagare il debito, ma il creditore non ha la soluti retentio.

Tuttavia, la dottrina e la giurisprudenza hanno stabilito la possibilità per il testatore di fare comunque un legato in favore del creditore di gioco a titolo di mera liberalità, disponendo un legato cd. secco, facendo degradare il debito di gioco a motivo. Non si può fare, invece, un legato tacitativo del debito di gioco perché tale causa tacitativa non sussiste.

Se, però, a cadere in successione non è il debito, bensì il credito di gioco, ci si chiede se cada o meno in successione.

Secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, anche il questo caso, come per il debito, l’obbligazione non cade in successione.

Tuttavia, secondo una parte della dottrina e della prassi notarile, il testatore potrebbe disporre lo stesso un legato atipico di posizione contrattuale, avente per oggetto la posizione di creditore naturale al quale viene legata la soluti retentio, che altrimenti, spetterebbe agli eredi del de cuius.

Multe e sanzioni amministrative

Gli eredi non devono pagare le multe del defunto, lo stabilisce la legge a chiare lettere.

Con il termine colloquiale “multa” si intende, in questo caso, la sanzione amministrativa che viene comminata in caso di violazione del Codice della strada.

Il termine, è bene chiarire, nel gergo colloquiale è usato impropriamente, poiché nel diritto con il termine “multa” si fa riferimento alla pena pecuniaria comminata in caso di commissione di un delitto.
Il principio di intrasmissibilità agli eredi delle sanzioni amministrative è stabilito a chiare lettere dallo stesso Codice della strada (d.lgs. n. 285/1992) all’art. 199: “L’obbligazione di pagamento a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria non si trasmette agli eredi”.

Lo stesso principio è tracciato dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, all’art. 7, ove è stabilito che “L’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi” e dal decreto legislativo n. 472 del 1997, in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie ove è stabilito, all’art.8, che: “L’obbligazione al pagamento della sanzione non si trasmette agli eredi”.

Pertanto, gli eredi non devono pagare le multe stradali di una persona deceduta e lo chiarisce lo stesso Codice della strada.

Le sanzioni amministrative comminate in caso di violazione del Codice della strada, infatti, costituiscono una delle ipotesi in cui i debiti non si trasmettono agli eredi.

Lo stesso discorso vale, ad esempio, per l’assegno di mantenimento, al cui pagamento non possono essere tenuti gli eredi dell’ex coniuge.

Gli eredi non sono tenuti, inoltre, al pagamento di cifre che derivano da impegni assunti contrattualmente dal defunto a titolo personale.

Ci si chiede, inoltre, se un’auto è in comproprietà con il defunto, l’erede deve pagare le multe?

Se l’erede ha un’ auto in comproprietà con il defunto deve pagare la multa ricevuta, in quanto responsabile in solido con l’autore dell’infrazione.

Lo stabilisce il Codice della strada, all’art. 196: “Per le violazioni punibili con la sanzione amministrativa pecuniaria il proprietario del veicolo ovvero del rimorchio, nel caso di complesso di veicoli, o, in sua vece, l’usufruttuario, l’acquirente con patto di riservato dominio o l’utilizzatore a titolo di locazione finanziaria, è obbligato in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questi dovuta, se non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà”.

Nel caso in cui l’auto sia cointestata, dunque, per l’erede non sarà possibile contestare la multa ricevuta.

Per chiedere l’annullamento della multa intestata a un defunto si può fare apposita istanza in autotutela all’amministrazione e allegare copia del certificato di morte o autocertificazione relativa, e il verbale di cui si chiede l’annullamento.

Cartelle esattoriali, debiti tributari e sanzioni penali del defunto

Gli eredi devono pagare le cartelle esattoriali relative a debiti tributari del defunto, ma non sono tenuti, invece, al pagamento delle sanzioni.

La Corte di cassazione sez. tributaria, con ordinanza del 20 ottobre 2022 n. 31013 ha infatti chiarito che “Tale regola appare espressiva del principio della responsabilità personale, specificamente codificato nel Decreto Legislativo n. 472 del 1997, articolo 2; e, a tale riguardo, questa Corte ha ripetutamente affermato che essa afferma un principio di ordine generale, che opera indipendentemente dal fatto che la sanzione sia stata già irrogata con provvedimento definitivo, avendo il legislatore stabilito in modo chiaro che il credito erariale nascente da una violazione delle leggi tributarie riferibile a persona fisica si estingue con la morte dell’autore della violazione, alla quale consegue il venir meno dell’interesse dell’Amministrazione finanziaria a resistere all’eventuale ricorso proposto sul punto dal contribuente”.

Se l’eredità è accettata, dunque, i debiti tributari, a differenza delle sanzioni, vanno pagati.

Per ciò che concerne la responsabilità per i debiti tributari degli eredi, la Corte di cassazione, sez. tributaria con sentenza del 22 ottobre 2014 n. 22426 ha chiarito che: “in tema di responsabilità per i debiti ereditari tributari, in mancanza di norme speciali che vi deroghino, si applica la disciplina comune di cui agli artt. 752 e 1295 cod. civ., in base alla quale gli eredi rispondono dei debiti in proporzione delle loro rispettive quote ereditarie”.

Quando sono presenti più eredi, dunque, ciascuno risponde dei debiti tributari in proporzione della rispettiva quota.

Il Tribunale di Modena, con sentenza del 23 gennaio 2023 n. 107 ha asserito che chi accetta l’eredità con beneficio d’inventario, è erede ma il patrimonio del defunto è tenuto distinto da quello dell’erede.

Per questo motivo, l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, non determina, in automatico, il venir meno della responsabilità patrimoniale dell’erede per i debiti, anche tributari, ma fa solo sorgere il diritto di questo a non rispondere ultra vires hereditatis, ovvero al di là dei beni lasciati dal de cuius.

L’erede è tenuto al pagamento solo con i beni ereditari: pertanto, succede nei debiti ereditari, ma ne risponde, non solo nei limiti dei beni a lui pervenuti, ma altresì solo con gli stessi e non anche con i suoi beni personali.

Colui che rinuncia all’eredità, dunque, non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari.

La Corte di cassazione sez. tributaria con sentenza del 19 dicembre 2022 n. 37064 ha inoltre precisato che chi rinunzia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato con la conseguenza che, per effetto della rinuncia, viene impedita retroattivamente l’assunzione di responsabilità per i debiti facenti parte del compendio ereditario.

Inoltre, ha continuato la Cassazione: “non è sostenibile che la notifica di un avviso di accertamento al chiamato all’eredità, che, non avendo ancora accettato l’eredità, è ancora legittimato a rinunciarvi, possa avere l’effetto di precludergli questa possibilità che gli è riconosciuta direttamente dalla legge. La notifica dell’avviso di accertamento costituisce pur sempre un atto amministrativo, inidoneo ad incidere sul presupposto impositivo, che quindi non può acquistare il valore vincolante tipico della definitività nei confronti di un soggetto, solo potenzialmente legittimato passivo dell’imposta, nel momento in cui venga accertato che tale potenzialità sia rimasta tale ed anzi sia definitivamente venuta meno”.

Altra questione riguarda il pagamento o meno, da parte degli eredi, delle sanzioni penali del defunto.

Dottrina e giurisprudenza hanno stabilito che gli eredi non devono pagare le sanzioni penali del defunto.

Principio cardine nel nostro ordinamento, infatti, è quello della personalità della responsabilità penale, per cui un soggetto diverso dal reo non può rispondere delle conseguenze derivanti dal reato commesso da altri.