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Nozione di eredità

L’eredità si può comunemente definire come una universitas composta sia da beni mobili o immobili e sia di situazioni giuridiche attive e passive di carattere patrimoniale e non patrimoniale facenti capo ad un soggetto detto de cuius, il quale può liberamente disporne, a patto che non si tratti di diritti personalissimi e, come tali, indisponibili.

Pertanto, anche l’eredità, così come le altre universalità di beni (es. l’azienda), può costituire oggetto di trasferimenti sia per atti tra vivi, sia per successione.

Andiamo ad esaminare nel dettaglio la disciplina relativa ai trasferimenti di eredità.

La vendita dell’eredità

La forma più diffusa di trasferimento per atto tra vivi dell’eredità è rappresentata dalla vendita di eredità.

Nozione

La vendita di eredità trova la sua disciplina specifica nell’art. 1542 codice civile, il quale prevede che: «Chi vende un’eredità senza specificarne gli oggetti non è tenuto a garantire che la propria qualità di erede».

In altri termini, la vendita di eredità è il trasferimento di un’eredità senza la specificazione dei singoli beni che la compongono, verso corrispettivo di un prezzo. Per fare in modo che si possa prevedere una vendita di eredità, la successione deve essere già aperta, in quanto la vendita di un’eredità futura è nulla ex art. 458 codice civile, in materia di patti successori dispositivi aventi ad oggetto una successione non ancora aperta.

L’eredità può essere ceduta sia da colui che è già erede ovvero dal semplice chiamato, in tal caso la vendita implica l’accettazione tacita dell’eredità ai sensi dell’art. 477 codice civile.

In dottrina si discute tuttora sulla seguente questione di diritto: nel caso di accettazione beneficiata la vendita deve essere autorizzata ex art. 747 codice di procedura civile per evitare la decadenza dal beneficio di inventario?
Sul punto si sono formati due orientamenti, ma tutt’ora in dottrina non vi è una tesi prevalente:

Tesi 1: No, in quanto la vendita di eredità non implica la fuoriuscita dei beni dal compendio ereditario;

Tesi 2: Sì, ma è comunque necessaria l’autorizzazione così da evitare con certezza la decadenza dal beneficio di inventario.

Natura giuridica

Anche con riferimento alla natura giuridica, attualmente in dottrina si contendono il campo due tesi:

Tesi 1: la vendita di eredità costituisce un contratto commutativo, pur in assenza della determinazione dei singoli beni ereditari;

Tesi 2: la vendita di eredità costituisce un contratto aleatorio, in quanto è obiettivamente incerta la res oggetto del contratto, ossia la consistenza del compendio ereditario.

Oggetto della vendita di eredità

Un’altra questione importante sulla quale si è disquisito in dottrina riguarda l’oggetto della vendita di eredità, ovvero se si può qualificare come un’universitas iuris o come un complesso di rapporti distinti. Sul punto si sono formati due orientamenti, senza che però uno prevalga rispetto all’altro:

Tesi 1: l’oggetto è un complesso di rapporti distinti identificati per relationem in tutto ciò che l’erede-venditore ha acquistato per successionem.

Tesi 2: la vendita di eredità ha ad oggetto una universitas iuris, in quanto:
a) il trasferimento dei debiti ereditari;
b) la reviviscenza in capo all’acquirente dei rapporti che si sono estinti per confusione al momento dell’accettazione dell’eredità;
c) l’obbligo per il compratore, salvo patto contrario, di rimborsare al venditore quanto questi ha pagato per debiti e pesi ereditari. Sono esclusi i rapporti personali e familiari.

Tuttavia, in dottrina si è discusso sulla seguente questione: l’eventuale accrescimento successivo alla conclusione del contratto spetta all’erede- venditore o all’acquirente?
Anche in questo caso si sono formate due tesi:

Tesi 1: L’accrescimento è un diritto personale dell’erede e, pertanto, è escluso dal trasferimento;

Tesi 2: Attualmente prevalente in dottrina, secondo la quale anche l’accrescimento è compreso nel trasferimento, pertanto opera a favore dell’acquirente.

Alla luce di quanto esposto ci si chiede: l’acquirente può agire in riduzione? La dottrina prevalente sembra propendere per una risposta affermativa, purché specifichi i beni acquistati su cui opererà l’accrescimento.

Prelazione e retratto successorio

Anche nell’ambito della vendita di eredità opera il diritto di prelazione ex art. 732 codice civile spettante ai coeredi nel caso in cui uno di essi voglia alienare ad un estraneo la propria quota o parte di essa. In dottrina ci si è posti il seguente interrogativo: quali sono i soggetti legittimati all’esercizio della prelazione? Anche su questo argomento di dibattito si sono formati due orientamenti:

Tesi 1: La prelazione opera anche in favore dei chiamati. Tuttavia, si tratta di una tesi minoritaria;

Tesi 2: Sostenuta dalla dottrina maggioritaria secondo la quale la prelazione, stante il tenore letterale della norma, opera soltanto in favore dei coeredi, ossia di coloro che abbiano accettato l’eredità.

Anche sulla natura giuridica della prelazione vi sono due tesi:

Tesi 1: secondo cui risulta impropria stante l’utilizzo del termine “alienazione”;

Tesi 2: Attualmente prevalente che, invece, la qualifica come propria, in quanto nonostante il riferimento letterale all’alienazione, il successivo riferimento al prezzo fa ritenere che si tratti di una prelazione propria.

Il retratto successorio non si applica alla cd. vendita dell’esito divisionale ovvero alla vendita ad un altro coerede.
E’, invece, discusso se si applica alla vendita di quotina:

Tesi 1: Sì, perché la quotina è considerata come “parte di quota”, ma si tratta di un’impostazione minoritaria;

Tesi 2: No, in quanto la quotina non è una parte della quota ma la quota su un determinato bene, per cui la ratio dell’art. 732 codice civile è quella di evitare che l’estraneo entri nella comunione ereditaria cosa che non accade nell’ipotesi di vendita di quotina, stante il suo effetto obbligatorio. Questa impostazione attualmente prevale in dottrina.

Con riferimento alle modalità di esercizio, il coerede, che intende alienare la propria quota o parte di essa, deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno diritto di prelazione. Questo diritto deve essere esercitato nel termine di due mesi dall’ultima delle notificazioni. In mancanza della notificazione, i coeredi hanno diritto di riscattare la quota dall’acquirente e da ogni successivo avente causa, finché dura lo stato di comunione ereditaria.

Con riferimento alla natura giuridica della denuntiatio, essa viene qualificata come un “invito ad offrire”.

In dottrina ci si è chiesti: in quale momento è rinunciabile il diritto di prelazione? Anche su questa questione non vi è un pensiero unitario in dottrina ed in giurisprudenza:

Tesi 1: Oggi minoritaria, si può rinunciare solo in concreto dopo la denuntiatio;

Tesi 2: Prevalente in dottrina e sostenuta anche dalla giurisprudenza della Cassazione, secondo la quale è possibile la rinuncia anche prima della denuntiatio, in quanto il diritto di prelazione matura in capo al coerede in quanto tale e quindi già dal momento dell’accettazione dell’eredità.

Infatti, la sentenza della Cassazione Civile n. 16314 del 2016 ha asserito che: “Il coerede, che vuol alienare a un estraneo la sua quota o parte di essa, deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno diritto di prelazione.

Questo diritto deve essere esercitato nel termine di due mesi dall’ultima delle notificazioni. In mancanza della notificazione, i coeredi hanno diritto di riscattare la quota dall’acquirente e da ogni successivo avente causa, finché dura lo stato di comunione ereditaria. Se i coeredi che intendono esercitare il diritto di riscatto sono più, la quota è assegnata a tutti in parti uguali”.

Forma e trascrizione

Con riguardo alla forma con cui deve essere concluso il contratto di vendita di eredità e la relativa trascrizione, occorre seguire la disciplina di cui all’art. 1543 codice civile, secondo cui la vendita di eredità deve farsi per atto scritto a pena di nullità, a prescindere dalla natura giuridica dei beni ereditari. Quindi la forma scritta è richiesta anche nel caso in cui nell’eredità non sono presenti beni immobili.

La natura dei singoli beni e diritti incide, invece, incide sull’opponibilità dell’alienazione; pertanto, è necessaria l’individuazione dei beni e le relative menzioni.

Gli obblighi del venditore

Il venditore nella vendita di eredità deve, innanzitutto, osservare l’obbligo di prestare garanzia.

Per il caso in cui i beni non siano specificati si osserva la disciplina di cui all’art. 1542 codice civile, il quale prevde che: “Chi vende un’eredità senza specificarne gli oggetti non è tenuto a garantire che la propria qualità di erede”.

Ove, invece, i beni siano specificati il venditore deve prestare garanzia per vizi ed evizione, ai sensi dei seguenti articoli:

Art. 1543 comma 2 codice civile: “Il venditore è tenuto a prestarsi agli atti che sono necessari da parte sua per rendere efficace, di fronte ai terzi, la trasmissione di ciascuno dei diritti compresi nell’eredità”;

Art. 1544 codice civile: “Se il venditore ha percepito i frutti di qualche bene o riscosso qualche credito ereditario, ovvero ha venduto qualche bene dell’eredità, è tenuto a rimborsarne il compratore, salvo patto contrario”.

Responsabilità per i debiti ereditari

In tema di responsabilità per i debiti ereditari nella vendita di eredità, occorre fare la seguente distinzione a seconda che ci si trovi in ambito di:

Rapporti interni: si osserva l’art. 1545 codice civile, il quale dispone che: “Il compratore deve rimborsare il venditore di quanto questi ha pagato per debiti e pesi dell’eredità, e deve corrispondergli quanto gli sarebbe dovuto dall’eredità medesima, salvo che sia convenuto diversamente”;

Rapporti esterni: si applica l’art. 1546 codice civile: “Il compratore, se non vi è patto contrario, è obbligato in solido col venditore a pagare i debiti ereditari”.

Il patto contrario può escludere o limitare la responsabilità del compratore nei confronti del creditore, ma non può incidere sulla responsabilità del venditore. Pertanto, in dottrina ci si è posti il seguente problema: tra chi deve intervenire il patto contrario?

Tesi 1: minoritaria, secondo la quale interviene tra compratore e creditori ereditari;

Tesi 2: prevalente, secondo cui è sufficiente che intervenga tar compratore e venditore.

Legato di eredità

In mortis causa l’eredità può essere trasferita per testamento, non solo con disposizioni a titolo universale, ma anche a titolo particolare tramite lo strumento del legato di eredità.

Nozione e disciplina

Il legato di eredità è un legato atipico che non trova una propria specifica disciplina nel codice civile, ma è ammissibile in dottrina e nella prassi notarile e per analogia è possibile applicarvi la disciplina sulla vendita di eredità ex artt. 1542 ss. codice civile.

Il testatore può disporre per legato di un’eredità alla quale è stato chiamato, ma occorre distinguere due ipotesi:

1) Eredità non ancora accettata: in questo caso si parla atecnicamente di legato di eredità quando il testatore vuole disporre di una successione altrui già aperta che egli non ha ancora accettato, ma che ha ancora diritto di accettare.
Infatti, tecnicamente non si potrebbe legare il diritto di eredità.

Tuttavia, quando leghiamo un’eredità non ancora accettata, una disposizione di tal fatta comporta l’accettazione tacita dell’eredità ex 477 codice civile, che si verificherà al momento dell’apertura della successione del testatore.

Quindi, non si trasferisce il mero diritto di accettare (esercitato tacitamente dal testatore con atto di accettazione tacita), bensì il complesso dei beni e delle posizioni giuridiche che compongono l’eredità.

Il vulnus della soluzione in esame è che se la successione non si apre entro dieci anni, c’è il rischio che nelle more il diritto di accettare si prescrive e quindi al “legatario dell’eredità” non vada nulla. Pertanto, in tale ipotesi è opportuno applicare l’art 479 codice civile, in quanto tale diritto si trasmette agli eredi;

2) Eredità già accettata: in tal caso il patrimonio dell’erede (testatore che ha già accettato) e quello del de cuius si sono già confusi, quindi quando si lega l’eredita già accettata si opera una sorta di “relatio formale”, con cui si individuano i rapporti giuridici che vengono attribuiti al legatario.

Debiti ereditari

Si discute sulla sorte dei debiti ereditari. La dottrina dominante (Capozzi) ritiene che l’eredità sia una universitas iuris e, quindi, comprende sia crediti che debiti, trovando applicazione per il legato la medesima disciplina della vendita di eredità ex art. 1545 e 1546 codice civile; pertanto, nei rapporti esterni con i creditori si avrà la responsabilità solidale tra eredi e legatario, nei rapporti interni il legatario risponderà nei limiti dell’art. 671 codice civile e gli eredi solo per l’eventuale eccedenza.

Accrescimento dell’eredità oggetto di legato

Si discute, infine, se l’accrescimento dell’eredità oggetto di legato vada a favore del legatario o degli eredi del testatore. Secondo l’impostazione dominante che vede l’eredità come una universitas iuris deve preferirsi la prima soluzione: il legatario acquista una universitas che comprende l’intera posizione del delato, di cui l’accrescimento rappresenta un’espansione.