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Trasmissione

La trasmissione è un istituto disciplinato dall’art 479 c.c. che opera nell’ipotesi in cui il chiamato non rinuncia all’eredità o non l’accetti ed, in caso di premorte dello stesso, il diritto di accettare l’eredità si trasmette in favore dei suoi eredi.

La trasmissione consiste in un’eccezione al principio di indisponibilità della delazione ed opera solo per le successioni a titolo universale (erede legittimo o universale e per la dottrina anche istituito tramite institutio ex re certa).

Nel caso in cui il chiamato muore senza aver accettato l’eredità di un terzo, il diritto di accettare si trasmette agli eredi del delato, i quali diventano titolari dell’intera posizione giuridica del chiamato.

Affinché possa operare la trasmissione devono sussistere i seguenti presupposti:

– Il chiamato deve morire senza aver accettato l’eredità e non deve aver perso il diritto di accettazione per prescrizione decennale;

– Il trasmissario deve essere capace e degno nei confronti del trasmittente suo dante causa, il quale, a sua volta, deve essere capace e degno verso l’originario de cuius.

Gli effetti della trasmissione si sostanziano come segue:

– Prescrizione del diritto di accettare dalla morte del primo de cuius;

– Il trasmissario si trova ad essere destinatario di due distinte delazioni quella del trasmittente e quella del primo de cuius.

Per poter acquistare l’eredità di quest’ultimo, il trasmissario deve fare due cose:

– Compiere due atti di accettazione, poiché l’accettazione dell’eredità del trasmittente non implica automaticamente l’accettazione dell’eredità del primo de cuius:

– Accettare l’eredità del primo de cuius con la conseguente accettazione tacita dell’eredità del trasmittente.

La rinuncia all’eredità del trasmittente comprende anche la rinuncia all’eredità dell’originario de cuius, mentre la rinuncia all’eredità trasmessa comporta accettazione tacita dell’eredità del trasmittente.

In caso di pluralità di trasmissari, qualora alcuni non vogliano partecipare all’eredità dell’originario de cuius, si verifica una sorta di accrescimento atecnico, acquistando colui che accetta l’eredità trasmessa tutti i diritti dei pesi in essa contenuti, come asserito dal 2° comma dell’art 479 c.c.

La trasmissione prevale sulla sostituzione, sulla rappresentazione e sull’accrescimento, poiché il trasmittente morendo non perde la delazione, che risulta essere il presupposto essenziale per l’operare della sostituzione.

E’ possibile far prevalere la sostituzione sulla trasmissione per volontà testamentaria?

In dottrina diversi autori si sono chiesti se il testatore possa derogare alla disciplina prevista dalla legge e sul punto si sono formati due orientamenti:

Tesi 1> Secondo un primo orientamento non si potrebbe derogare, perché il presupposto della sostituzione è la caducazione della delazione per rinuncia o premorienza, quindi se non cade la delazione non può operare la sostituzione, ma si configurerebbe una sorta di fedecommesso. Pertanto, secondo questi autori tra cui Bonilini, la delazione è indisponibile e il meccanismo della trasmissione non è derogabile.

Tesi 2> Secondo un secondo orientamento, invece, si può intervenire sulla delazione tramite meccanismo condizionale, sottoponendo la delazione dell’istituito alla condizione risolutiva della mancata accettazione personale dell’eredità da parte di quest’ultimo. Di conseguenza, secondo i fautori di questa tesi tra cui spicca Salamanca, ove l’istituito muoia senza aver accettato l’eredità, la delazione non potrà essere trasmessa ai suoi eredi.

Tuttavia, tale tesi non sarebbe preferibile, poiché la sostituzione presuppone la caduta della delazione, ma è altrettanto vero che la sostituzione presuppone una prima istituzione “pura”, altrimenti si tratterebbe di una sostituzione impropria.

Rappresentazione

Dalla trasmissione del diritto di accettazione dell’eredità distinguiamo un altro istituto che è quello della rappresentazione, disciplinato dagli artt. 467 ss c.c.

La rappresentazione è un fenomeno in base al quale un soggetto detto rappresentante, al verificrsi di determinati eventi che impediscono al suo ascendente detto rappresentarto di succedere, subentra in luogo di quest’ultimo nella successione ereditaria e nell’acquisto del legato.

Essa si pone come eccezione al principio generale della successione ereditaria secondo cui il parente più prossimo esclude quello più remoto.

La ratio di questo fenomeno risiede nella presunta volontà del testatore che avrebbe disposto in favore dei discendenti del chiamato ove questi non avesse potuto o voluto accettare l’eredità e nella tutela della famiglia del de cuius, poiché se l’erede fosse un estraneo non opererebbe la rappresentazione in favore dei suoi discendenti.

Per quanto concerne l’ambito applicativo, la rappresentazione si applica sia alla successione legittima, sia alla successione testamentaria.

Anche in caso di rappresentazione nella successione testamentaria, la successione del rappresentante è sempre una successione legittima, perché la sua chiamata non ha fonte nella volontà del de cuius, bensì nella legge, altrimenti si dovrebbe parlare di sostituzione.

Natura giuridica

Con riferimento alla natura giuridica della rappresentazione sono state elaborate diverse teorie. Tuttavia, attualmente in dottrina sembrerebbe prevalere la tesi della cd. delazione indiretta sia a livello soggettivo, in quanto il rappresentante viene alla successione subordinatamente al fatto che il suo ascendente non possa o non voglia accettare; sia oggettivamente, in quanto il contenuto della successione è determinato per relationem, con riferimento a quella del primo chiamato.

La delazione può essere sia immediata, per premorienza o assenza del rappresentato, sia differita, a causa di indegnità, rinuncia o perdita del diritto di accettare.

Soggetti della successione per rappresentazione

I soggetti che fanno parte del meccanismo della rappresentazione sono i rappresentanti e i rappresentati.

a) Rappresentanti: ai sensi dell’art 467 c.c. possono subentrare per rappresentazione solo i discendenti, mentre prima della riforma sul diritto di famiglia del 1975 potevano subentrare per rappresentazione solo i discendenti legittimi, mentre dopo tale disciplina è stata estesa anche ai figli naturali, prima della soppressione di tale distinzione.

Inoltre, la rappresentazione opera solo nei riguardi degli adottati di minore età, poiché ex art 27 della L. 184/1983 l’adottato acquista lo stato di figlio legittimo ed instaura rapporti di parentela con gli ascendenti dell’adottante, mentre è esclusa nei confronti degli adottati di maggiore età ex artt. 291 ss, 300 2° comma e 74 c.c., in quanto non si instaura alcun rapporto di parentela tra adottato e parenti dell’adottante, come previsto dall’art 567 2° comma c.c.

I soggetti rappresentanti devono essere capaci, data l’efficacia retroattiva dell’accettazione e i requisiti della capacità di succedere devono sussistere all’apertura della successione e non solo al momento in cui il precedente chiamato non possa o non voglia accettare. Di conseguenza, non possono subentrare per rappresentazione i nascituri non concepiti alla morte del de cuius.

In riferimento ai casi di indegnità nei confronti del rappresentato, essa è una sanzione civile di carattere personale, non rilevando quindi nei confronti dello stesso trattandosi di una nuova delazione, a differenza della trasmissione dove la delazione non cade e quindi rileva l’indegnità del trasmittente.

b) Rappresentati: ai sensi dell’art 468 c.c. essi sono i figli, anche adottivi ex art 291 c.c., nonché i fratelli e le sorelle del defunto.

In riferimento ai fratelli naturali, prima della riforma sulla filiazione, era prevalente la tesi dell’esclusione della rappresentazione per i discendenti di fratelli e sorelle naturali.

Dopo la riforma, sorgendo ex art 74 c.c. un vincolo di parentela tra i discendenti di uno stesso stipite, anche se nati fuori dal matrimonio, è caducata la distinzione tra figli naturali e figli legittimi, dunque si è fatta strada la tesi secondo cui la rappresentazione opera anche nei confronti dei discendenti di fratelli e sorelle naturali del defunto.

Per quanto riguarda i nipoti ex filio o ex fratre vi sono due impostazioni:

-una positiva basata sulla ratio legis;

– l’altra, attualmente prevalente, negativa, in quanto la rappresentazione è un istituto eccezionale e quini è tassativa l’indicazione dei soggetti di cui all’art 468 c.c.

Per quanto riguarda in coniuge, anche la Corte Costituzionale ha dichiarato legittima l’esclusione del coniuge del de cuius dal novero dei rappresentanti.

Presupposti oggettivi

La rappresentazione opera quando il rappresentato non può o non vuole accettare l’eredità.

Questo fenomeno si può verificare per:

a) Premorienza: morte naturale o presunta accertata precedentemente all’apertura della successione del successibile rispetto al de cuius. Alla premorienza è equiparata la commorienza;

b) Assenza: l’art 70 c.c. fa espressamente salvo il diritto di rappresentazione;

c) Indegnità: l’indegnità del rappresentato non si estende al rappresentante poiché egli succede iure proprio e poiché per la dottrina prevalente l’indegnità non opera ipso iure, ma affinché si abbia rappresentazione occorre che passi in giudicato la sentenza di esclusione;

d) Perdita del diritto di accettare l’eredità: il diritto di accettare l’eredità si perde per prescrizione ex art 480 c.c. o per decadenza a seguito dell’actio interrogatoria ex art. 481 c.c. Quanto alla prescrizione, normalmente il diritto di accettare si prescrive anche per il rappresentante, poiché ex art 480 3° comma c.c., il termine non corre per i chiamati ulteriori solo se vi è stata accettazione del chiamato precedente. L’unica eccezione si ha quando la prescrizione viene sospesa limitatamente al rappresentante per la sua condizione ex art 2942 c.c., quindi potrà accettare l’eredità nonostante si sia già prescritto il relativo diritto per il rappresentato;

e) Rinuncia:
è l’ipotesi in cui l’ascendente “non vuole” accettare, ma è un’innovazione del codice del 1942, in quanto prima si considerava sol l’impossibilità di accettare;

f) Diseredazione: esplica i propri effetti solo nei confronti di colui che viene diseredato e non anche nei confronti dei suoi discendenti. La diseredazione non esclude dall’eredità i successibili del diseredato per rappresentazione, salva un’espressa manifestazione di volontà in tal senso;

g) Incapacità a succedere: esclude l’applicabilità della rappresentazione.

In riferimento agli effetti della rappresentazione, il rappresentante subentra nel luogo e nel grado dell’ascendente, succedendo direttamente al de cuius. Il rappresentato è, pertanto, fuori dal fenomeno successorio, ma ha rilievo solo come punto di riferimento per determinare l’entità dei beni da devolvere al rappresentante, al quale gli è devoluta l’eredità nella stessa misura che sarebbe spettata al rappresentato.

Il rappresentante succede al de cuius iure proprio e non iure successionis.

Rapporti con altri istituti

La rappresentazione prevale sull’accrescimento ai sensi dell’art 674 ultimo comma c.c., ad eccezione nel caso in cui il chiamato lascia decorrere inutilmente il termine per accettare ed il termine si prescrive anche per i chiamati ulteriori, operando in tale ipotesi l’accrescimento.

A sua volta, però, la rappresentazione cede il passo alla sostituzione che prevale sullo stesso e alla trasmissione che, a sua volta, prevale sulla sostituzione.

Un caso particolare, infine, si ha quando ai sensi del 2° comma dell’art 467 c.c. viene disposto che la rappresentazione debba operare nella successione testamentaria quando il testatore non ha provveduto per il caso in cui l’istituito non possa o non voglia accettare l’eredità o il legato.

Secondo parte della dottrina, l’unica soluzione per evitare l’operare della rappresentazione è prevedere espressamente una sostituzione.

Secondo altra parte della dottrina, invece, non è necessaria la sostituzione, ma si può semplicemente escludere la rappresentazione.