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Nozione e natura giuridica

L’accrescimento è il fenomeno che ha luogo, in presenza dei presupposti infra indicati, laddove sussista una contitolarità di un diritto o di altra situazione giuridica soggettiva e determina, nel caso in cui venga meno il diritto di uno dei contitolari, l’espansione automatica della quota di diritto degli altri.

Il presupposto dell’accrescimento, dunque, è l’unitarietà del diritto in oggetto, che spetta, nella sua interezza, solidalmente, a tutti i contitolari, cosicché, qualora il diritto di uno venga meno l’altro contitolare non sarà destinatario di un “nuovo acquisto”, ma semplicemente dell’espansione di quello stesso diritto che aveva acquistato originariamente.

Posta questa premessa di ordine generale, si procederà all’analisi delle ipotesi, normative e non, configurabili nel nostro ordinamento.

Accrescimento nella successione a causa di morte

Nell’ambito nella successione mortis causa, l’accrescimento è previsto e disciplinato dagli artt. 674 e seguenti del Codice civile e costituisce uno degli istituti della devoluzione successiva, cioè quegli istituti (sostituzione, rappresentazione e accrescimento) volti ad individuare un successore a titolo universale del de cuius qualora il primo delato non possa, o non voglia, accettare l’eredità.

In particolare, in presenza dei presupposti infra esposti, all’apertura della successione sono individuati più soggetti che diventano destinatari di una delazione solidale ed elastica sotto il profilo dell’oggetto; per questo, come già sottolineato, l’accrescimento opera ipso iure, in quanto l’espansione del diritto promana dalla stessa delazione originaria, e l’effetto dell’accrescimento non è rinunciabile, poiché, viceversa, si configurerebbe una rinuncia parziale all’eredità, nulla ex art. 520 del Codice civile.

Il legislatore delinea una serie di presupposti, negativi e positivi, perché possa operare l’accrescimento. I presupposti negativi consistono nella circostanza che non vi sia una diversa volontà del testatore, cioè, che il testatore non abbia previsto una sostituzione testamentaria (così l’art. 674, comma 3, del Codice civile) e che non possa operare la rappresentazione, che prevale sull’accrescimento, ai sensi del quarto comma dell’art. 674 del Codice civile.

L’accrescimento, inoltre, per operare, richiede la congiunta presenza di tre presupposti positivi:
1. Uno degli istituti, per qualsiasi ragione, non può o non vuole accettare;

2. I plurimi delati sono stati istituiti con il medesimo testamento (cosiddetta coniunctio verbis): tale presupposto, tuttavia, secondo alcuni, non si applicherebbe in caso di accrescimento tra i collegatari, in quanto non espressamente riportato dall’art. 675 del Codice civile;

3. I plurimi delati sono stati istituiti nell’universalità dei beni senza determinazione di parti o in parti uguali, anche se determinate, ai sensi dell’art. 674 comma 1 del Codice civile, o in una sola quota, ai sensi dell’art. 674 comma 2 del Codice civile: in ciò consiste la cosiddetta coniunctio re.

Per fare degli esempi, dunque, se Tizio ha istituito suoi eredi universali, in quote uguali del suo intero patrimonio, i figli Primo, Secondo e Terzo, qualora uno qualsiasi dei tre rinunci all’eredità, l’accrescimento opererà in favore degli altri due, ai sensi del citato primo comma.

Viceversa, se Tizio ha istituito suoi eredi universali il figlio Primo nella quota di un terzo del suo patrimonio e i figli Secondo e Terzo nella quota di due terzi del suo patrimonio, qualora Primo rinunci all’eredità, l’accrescimento non potrà operare, in quanto il rinunciante non è né istituito nell’intero, né in una quota uguale o stessa quota rispetto agli altri due; se, invece, rinuncia all’eredità Secondo, l’accrescimento opererà in favore del solo Terzo, ai sensi del citato secondo comma.

La circostanza che l’accrescimento non abbia a che fare con un nuovo acquisto, bensì sia un corollario della delazione originaria comporta, tra l’altro, che nel caso i cui i presupposti dell’accrescimento si verifichino dopo che uno dei coeredi ha stipulato una vendita di eredità, gli effetti dell’accrescimento si producono in favore non dell’alienante, ma dell’acquirente, che ha acquistato l’intera quota, con tutte le vicende che possono successivamente investirla, inclusa l’espansione automatica per effetto dell’accrescimento.

Tutti gli esposti presupposti, tuttavia, possono essere derogati dal testatore, tramite la previsione di un accrescimento volontario, il quale, tra l’altro, presenta importanti punti d’incontro con il diverso istituto della sostituzione reciproca, al netto di tre importanti differenze: in primo luogo, è diversa la natura giuridica, in quanto la sostituzione reciproca è realizzata tramite due diverse istituzioni ereditarie, la prima pura, la seconda a condizione sospensiva che il primo istituito non voglia o non possa accettare, mentre l’accrescimento consiste in una sola chiamata solidale; in secondo luogo, la sostituzione reciproca prevale sulla rappresentazione, viceversa l’accrescimento soccombe di fronte all’operatività della rappresentazione; in terzo luogo, è diversa la disciplina della responsabilità per gli obblighi del sostituto o del beneficiario dell’accrescimento, rispettivamente disciplinata dagli artt. 690 e 677, comma 2, del Codice civile.

L’accrescimento può, poi, essere escluso dal testatore e tale esclusione, secondo l’opinione prevalente, non costituisce un “peso” sull’istituzione ereditaria, pertanto, l’esclusione è valida, non incorrendo nel divieto di cui all’art. 549 del Codice civile, anche qualora prevista con riferimento ad un legittimario istituito nella mera quota di riserva.

Inoltre, come accennato ed espressamente previsto dall’art. 675 del Codice civile, l’accrescimento opera non solo in relazione alle disposizioni testamentarie a titolo universale, ma anche rispetto ai legati, alle stesse condizioni sopra esposte. Un’ipotesi particolare, tuttavia, è quella dell’accrescimento nel legato di usufrutto, al quale è dedicato l’art. 678 del Codice civile, che, secondo opinione pacifica, si applica anche al legato di uso ed abitazione.

La peculiarità della disposizione in esame consiste nel fatto che l’accrescimento in oggetto non opera prima dell’acquisto, come l’accrescimento in generale, che è stato finora esposto, bensì opera dopo conseguito il possesso della cosa oggetto dell’usufrutto, comportando una deroga al principio della consolidazione della piena proprietà a causa dell’estinzione dell’usufrutto su quota.

Tale accrescimento postumo nei legati opera nel silenzio del testamento, ben potendo, tuttavia, essere espressamente escluso dal testatore.

In altri termini, se Tizio lega il diritto di usufrutto vitalizio sulla sua casa in Roma in favore di Primo e Secondo, nel silenzio del testamento, ex art 678 del Codice civile, alla morte di uno dei due usufruttuari non si avrà la consolidazione della piena proprietà sulla quota di un mezzo dell’immobile, ma l’accrescimento automatico dell’usufrutto in favore dell’usufruttuario più longevo, sull’intera casa in Roma.

Accrescimento negli atti tra vivi

Non è, viceversa, un’apposita disciplina dell’accrescimento relativa agli atti inter vivos, analoga a quella appena esposta in materia di atti di successioni ereditarie.

Invero, vi sono solo due norme che fanno espresso riferimento al fenomeno dell’accrescimento, dettate, rispettivamente, in materia di donazioni (art. 773, comma 2 del Codice civile) ed in materia di rendita vitalizia (art. 1874 del Codice civile).

La prima delle due norme citate, in particolare, si riferisce all’accrescimento precedente all’acquisto, prevedendone l’operatività solo in caso di espressa previsione contenuta nel contratto di donazione, sancendo, dunque, un principio opposto rispetto a quello che vige in relazione alle successioni a causa di morte.

L’art. 1874 del Codice civile, invece, guarda all’accrescimento successivo all’acquisto, disponendo che, in caso di rendita vitalizia costituita in favore di più persone, la morte di uno dei beneficiari comporta l’accrescimento in favore dell’altro nel silenzio del titolo, essendo invece necessario un espresso patto contrario per escluderne l’operatività.

È, invece, discusso se, ed a quali condizioni, siano ammissibili altre ipotesi di accrescimento negli atti tra vivi, al di fuori delle due normativamente previste, per volontà delle parti.

Sul punto, si distingue tra accrescimento precedente e successivo rispetto all’acquisto.

In relazione all’accrescimento precedente all’acquisto, si ritiene pacificamente ammissibile un’espressa previsione in tal senso, essendo, invece, discussa l’esatta natura giuridica di tale previsione: secondo alcuni, non si tratterebbe di un vero e proprio accrescimento e non avrebbe dunque effetto automatico, bensì configurerebbe di volta in volta una modifica contrattuale; secondo l’opinione prevalente, tuttavia, si tratterebbe di un vero e proprio accrescimento, che opera ipso iure, tramite una pluralità di proposte contrattuali, tutte riguardanti l’intero oggetto.

Si ritiene, infine, ammissibile altresì l’espressa previsione dell’accrescimento dopo l’acquisto, ma solo con esclusivo riferimento a diritti vincolati alla vita del titolare, che quindi non cadono nella di lui successione, quali i diritti di usufrutto, uso ed abitazione; viceversa, è inammissibile l’accrescimento post acquisto nel diritto di proprietà, in quanto alla morte del proprietario, il diritto è ricompreso nella sua successione ed un patto volto ad influire su ciò sarebbe radicalmente nullo per violazione del divieto di patti successori ex art. 458 del Codice civile.