I diritti edificatori in generale.
La cubatura è il diritto edificatorio probabilmente di maggiore importanza, consistente nella capacità edificatoria di un terreno o di un fabbricato, sulla base del Piano Regolatore Generale.
Tuttavia, oltre alla cubatura, si possono distinguere almeno altri tre tipi di diritti edificatori:
– Diritti edificatori perequativi: si tratta di diritti previsti dal Piano Regolatore Generale, attribuiti dalla Pubblica Amministrazione al proprietario di un fondo non edificabile per compensare il vantaggio ricevuto da un altro fondo dichiarato edificabile;
– Diritti edificatori compensativi: si tratta di diritti edificatori non previsti dal Piano Regolatore Generale, ma attribuiti con uno specifico provvedimento della Pubblica Amministrazione, aventi funzione di indennizzo a fronte di un vincolo espropriativo disposto dalla P.A. a carico di un terreno;
– Diritti edificatori incentivanti: si tratta di diritti edificatori non previsti dal Piano Regolatore Generale, ma attribuiti aventi fonte in uno specifico contratto tra Pubblica Amministrazione e privato, a fronte di un obbligo di quest’ultimo di realizzare opere sul terreno.
Posta questa distinzione contenutistica, si precisa fin d’ora che gli atti costitutivi, traslativi o modificativi di tutti i diritti edificatori devono essere trascritti ex art. 2643 n. 2-bis c.c., introdotto con D.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito in L. 12 novembre 2011, n. 106., il quale fa riferimento proprio agli atti aventi ad oggetti “diritti edificatori comunque denominati”.
Il fondamento del diritto di cubatura e requisiti per la cessione.
La cessione del diritto di cubatura comporta la possibilità di limitare l’esercizio del proprio ius aedificandi in favore di un altro terreno, che si trova all’interno di una zona edificatoria omogenea rispetto al terreno di partenza, il che garantisce comunque l’interesse pubblico al rispetto della pianificazione territoriale.
Sotto questo profilo, ciò che rileva è infatti unicamente la distribuzione del carico edilizio sul territorio, rimanendo, di contro, irrilevante la distribuzione della potenzialità edificatoria tra i singoli privati. Questo, tra l’altro, comporta come conseguenza che la cessione di cubatura è ammissibile anche nel caso in cui il cessionario non abbia ancora individuato il terreno d’arrivo, ciò il terreno sul quale sfruttare la capacità edificatoria acquistata: è, invero, possibile la cessione di cubatura che rimane “in volo”, nel senso che dal momento della cessione fino al momento dell’individuazione del terreno di arrivo la cubatura non inerisce ad alcun terreno, ma è un semplice diritto all’interno del patrimonio del cessionario, che potrà esercitarlo una volta acquistato un terreno che soddisfi i requisiti richiesti.
In conseguenza di tutto quanto sopra detto, il negozio di cessione di cubatura potrà essere validamente realizzato in presenza, cumulativamente, di tre requisiti:
1. Il negozio deve essere concluso tra proprietari di fondi diversi facenti parte di un’area urbanistica omogenea;
2. Il negozio di trasferimento non è escluso, né è contrario ad alcuna previsione urbanistica vigente;
3. Il negozio non è incorso in censura da parte dell’Amministrazione Comunale del Comune in cui il terreno di partenza e di arrivo si trovano.
Si precisa che, in presenza di tutti gli elencati requisiti, non solo l’atto di cessione è certamente valido, ma il rilascio da parte della Pubblica Amministrazione del permesso di costruire maggiorato diviene un atto dovuto, non discrezionale, con la conseguenza che non è necessario prevedere alcun meccanismo condizionale a cui subordinare la cessione (cioè, cessione del diritto di cubatura, a condizione del rilascio del permesso maggiorato).
La natura giuridica del diritto di cubatura e conseguenze sulla natura del negozio di cessione di cubatura.
Questione tradizionalmente controversa è stata quella della natura giuridica del diritto di cubatura e, conseguentemente, del negozio di cessione di tale diritto, essendo state sul punto elaborate e sostenute diverse teorie.
Secondo una prima impostazione, la cubatura sarebbe un bene immateriale, con la conseguenza che la sua circolazione avverrebbe tramite contratti traslativi ex art. 1376 c.c.
Vi sono stati, poi, Autori che hanno sostenuto che il diritto di cubatura sia, in realtà, un diritto di credito del privato verso la Pubblica Amministrazione, o, rectius, un interesse legittimo ad ottenere un provvedimento di concessione edificatoria maggiorato (cioè con possibilità di edificare per più metri cubi di quelli originariamente previsti dal p.r.g.), a condizione che il terreno del privato in questione soddisfi tutti i requisiti per il rilascio di tale permesso maggiorato. Accogliendo questa tesi, la cessione di cubatura sarebbe un contratto ad effetti reali avente ad oggetto un diritto di credito (o interesse legittimo).
Secondo un’altra ricostruzione, che per anni è stata l’opinione forse prevalente, il diritto di cubatura sarebbe un diritto reale di godimento su cosa altrui, e quindi, la cessione di cubatura sarebbe un negozio ad effetti reali ex art. 1376 c.c., ma con effetti costitutivi.
A favore di questa posizione, si richiama la recente introduzione del n. 2-bis sopra citato all’interno dell’art. 2643 c.c., affermando che solitamente la trascrizione con efficacia dichiarativa è richiesta per gli atti aventi ad oggetto diritti reali immobiliari. A questa tesi possono, tuttavia, essere mosse due forti critiche: la prima, quella per cui il diritto di cubatura difetterebbe in realtà dell’inerenza ad una res (caratteristica indefettibile di tutti i diritti reali), essendo ammissibile anche la cessione c.d. “in volo”, di cui sopra; la seconda, che fa notare come la trascrivibilità della cessione di cubatura non basti ad affermare la realità del diritto in oggetto, essendo trascrivibili anche negozi che pacificamente non hanno ad oggetto diritti reali (si pensi alle locazioni ultra novennali), ed, anzi, l’introduzione del citato n. 2-bis costituisca, semmai, un argomento per negare la natura reale dei diritti edificatori, in quanto se fossero diritti reali, i contratti costitutivi, traslativi o modificativi degli stessi sarebbero già stati trascrivibili ex art. 2643 n. 2 c.c.
Stante l’acceso dibattito sul punto, la questione della natura giuridica del diritto di cubatura è stata di recente rimessa alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che con sentenza del 9 giugno 2021, n. 16080, hanno superato le ricostruzioni fino ad adesso esposte ed affermato che i diritti edificatori sono diritti non reali a contenuto patrimoniale, ma connotati dall’inerenza ad un fondo, con la conseguenza che il contratto di cessione di cubatura ha sicuramente natura di negozio traslativo ex art. 1376 c.c., ma di un diritto non reale, e dunque, ai fini della validità del trasferimento, non sarebbe necessario inserire in atto tutte le menzioni necessarie per i trasferimenti immobiliari, come l’urbanistica.
Sul punto, si precisa, tuttavia, che, quantomeno a fini tuzioristici e comunque in considerazione di quella inerenza del diritto di cubatura ad un terreno, riconosciuta anche dalle Sezioni Unite, la prassi notarile, anche successiva alla sentenza citata si è orientata nel senso di inserire, comunque, in atto tutte le menzioni richieste per i trasferimenti con riferimento sicuramente al fondo di partenza e, ad abundantiam, anche del fondo di arrivo.