La cessione di quota ereditaria è uno dei temi più dibattuti nella dottrina giuridica Notarile, anche a causa della frequenza assai elevata di problematiche pratiche che si presentano a riguardo.
Al fine di poter meglio analizzare la tematica in oggetto è necessario, in primo luogo, definire cosa la giurisprudenza e la dottrina indicano quando si parla di quota ereditaria.
Cessione quota ereditaria: un esempio pratico
All’atto dell’apertura della successione si forma tra i coeredi la comunione ereditaria sul patrimonio loro lasciato dal defunto: i singoli partecipanti divengono, infatti, titolari di quote ideali (astratte) sul patrimonio loro pervenuto in virtù di successione. Per trasformare dette quote ideali in diritti di proprietà di titolarità di ciascun coerede (quota concreta) singolarmente considerato sui singoli beni componenti il patrimonio del de cuius, è necessario procedere allo scioglimento della comunione ereditaria, attraverso un atto di divisione cui hanno diritto di partecipare tutti i coeredi.
Il punto focale della discussione è se il soggetto partecipante alla comunione ereditaria sia titolare, e conseguentemente legittimato a disporne, esclusivamente di una quota dell’intero patrimonio a lui pervenuto (c.d. quotona) o se sia titolare non solo di detta quota sull’intero ma anche di una quota su ogni singolo bene che lo compone (c.d. quotina).
Quella che a prima vista può sembrare una discussione prettamente dogmatica e teorica ha, al contrario, rilevanti conseguenze sul piano pratico.
Assai di frequente, infatti, gli eredi intendono vendere la propria quota spettante su un determinato bene ad un terzo soggetto prima che la loro qualità di comunista nella comunione ereditaria sia venuta meno a seguito della divisione.
Per semplicità di analisi si faccia il seguente esempio:
Tizio, Caio e Sempronio, sono gli unici eredi del loro defunto padre Primo. Sul patrimonio ereditario si forma una comunione in cui ciascuno dei già menzionati tre soggetti eredi è titolare di una quota astratta. Nel patrimonio ereditario sono presenti diversi immobili: il figlio Caio intende vendere all’estraneo Settimio la quota a lui spettante (di 1/3) sull’appartamento X. È possibile attuare un negozio di questo tipo?
Si contendono il campo diverse teorie:
- la dottrina tradizionale e la prevalente giurisprudenza della Corte di Cassazione ritengono che il negozio dispositivo della c.d. “quotina” (il negozio di trasferimento di Caio in favore di Settimio) non possa mai produrre effetti reali perché il soggetto prima della divisione si troverebbe a disporre di quel diritto in spregio dell’altro comunista. A seguito di tale cessione si creerebbe una doppia comunione, tale per cui il disponente (Caio) rimarrebbe comunista con gli altri coeredi (i fratelli Tizio e Sempronio) sull’intero patrimonio ereditato ed in più nascerebbe un’altra ed ulteriore comunione sul singolo bene (l’appartamento X) tra l’acquirente Settimio e i coeredi del disponente. In questo modo, si andrebbe, con l’atto negoziale del disponente, ad aggravare la posizioni dei coeredi i quali dovrebbero sopportare una comunione con un soggetto estraneo;
- altra parte della dottrina non ritiene invece sufficiente le argomentazioni anzidette, ritenendo pienamente valido un atti dispositivo della c.d. “quotina”. Tale teoria si base anche sul tenore letterale dell’articolo 732 Codice Civile che fa riferimento alla alienazione della quota ereditaria o “parte” di essa, dovendosi ricomprendere in tale definizione non solo una quota minore dell’intero (ad esempio la cessione di un quarto della quota di un mezzo detenuta dal coerede), ma anche anche il concetto di “quotina”, ossia la quota di uno solo dei beni ereditari (nell’esempio di prima la vendita di un mezzo ma solo su uno dei beni dell’eredità);
- la dottrina Notarile, invece, ritiene che il comunista possa disporre dell’intero singolo bene che forma la più ampia massa ereditaria o di una quota di esso (la sua quotina), ma con efficacia obbligatoria limitata fino alla divisione tra i coeredi. Si sostiene cioè la legittimazione di Caio, in quanto comunista, al possesso e al godimento di quel bene, posticipando però l’effettiva attribuzione del bene, da parte di Caio al terzo, al momento in cui all’esito della divisione quel bene venga effettivamente assegnato allo stesso Caio.
Dopo aver illustrato il panorama dogmatico sulla cessione quota ereditaria tra coeredi, è opportuno a questo punto dare atto che la dottrina prevalente e la giurisprudenza assolutamente dominante della Suprema Corte di Cassazione ritengono che il singolo coerede non abbia la titolarità di una quota di comproprietà su ogni singolo bene (c.d. “quotina”), ma debba considerarsi esclusivamente titolare di una quota sull’intero asse ereditario (c.d. “quotona”).
Di conseguenza, antecedentemente alla divisione della comunione ereditaria il coerede (nel nostro esempio Caio) può disporre con efficacia reale solamente in riferimento alla intera quota ereditaria, essendo al contrario legittimato a disporre della c.d. “quotina” esclusivamente con un atto ad esecuzione differita (come ad esempio una vendita obbligatoria di cosa altrui ai sensi dell’articolo 1478 Codice Civile o una vendita sospensivamente condizionata all’ottenimento dell’intero bene in sede di divisione ereditaria).
In virtù di tale impostazione, inoltre, mentre sarebbe consentita una vendita di cosa altrui, con gli effetti che ne conseguono, non sarebbe possibile procedere a un atto di donazione della “quotina” in virtù della nullità prevista dall’articolo 771 Codice Civile. Tale norma, infatti, ricomprende nel concetto di bene futuro non solo quello che ancora non esiste in natura, ma anche quello che, pur esistendo, non sia ancora entrato a far parte del patrimonio del donante.
Pertanto, tornando al nostro esempio, Caio sarebbe legittimato a vendere all’estraneo Settimio la quota indivisa di sua titolarità sull’intera massa ereditata; l’atto in oggetto avrebbe efficacia immediata comportando l’uscita di Caio dalla comunione ereditaria con i coeredi e con il conseguente ingresso nella stessa di Settimio. Sarà dunque successivamente quest’ultimo a procedere alla divisione della massa con Tizio e Sempronio, i quali dovranno, a loro volta, subire l’ingresso nella comunione dell’estraneo. In questo caso la legge tutela i coeredi concedendo loro il diritto di prelazione sull’oggetto della vendita ai sensi dell’articolo 732 Codice Civile.
Al contrario, l’efficacia della vendita della quota indivisa di titolarità di Caio sull’ appartamento avrà effetti differiti: sarà infatti subordinata all’effettiva assegnazione del detto appartamento allo stesso Caio in sede di divisione. Il terzo acquirente Settimio non potrà ottenere l’esclusiva titolarità del bene acquistato, in quanto fino alla assegnazione il bene continuerà a far parte della comunione ereditaria; affinché sia valido il negozio, dall’atto deve emergere l’assunzione dell’obbligo e la consapevolezza dell’altruità del bene. Sul punto è vasta la giurisprudenza della Corte di Cassazione (ex multis Cassazione, 9 aprile 1997, n. 3049; Cassazione, 1 luglio 2002, n. 9543).
Vi sono, però, delle eccezioni al procedimento testé descritto.
La prima si presenta nel caso in cui la massa ereditaria sia formata da un unico bene. In questo situazione, infatti, la quota ereditaria di ciascun coerede è pari alla quota di spettanza sul singolo bene (in breve la “quotona” coincide con la “quotina”) e l’oggetto del trasferimento da parte del coerede costituisce in sintesi il trasferimento della massa ereditaria a lui spettante. In questo caso, infatti, essendo il coerede proprietario esclusivo della quota di sua spettanza sul detto appartamento, avrebbe il diritto e la legittimazione a disporre immediatamente della quota di sua titolarità. Il terzo acquirente (Settimio) si sostituirebbe, pertanto, a lui nella quota di comproprietà del bene (rectius quota di eredità), avendo in questo caso l’atto traslativo posto in essere da Caio efficacia reale ed immediata.
Anche in questo caso, se un erede aliena ad un estraneo la quota indivisa dell’unico cespite ereditario, si presume l’alienazione della sua corrispondente quota, intesa come porzione ideale dell’universum ius defuncti, e perciò il coerede ha il diritto di prelazione e può esercitare il retratto successorio ai sensi dell’articolo 732 Codice Civile. La prelazione e il retratto non si applicano però se si dimostra, in base ad elementi concreti della fattispecie ed intrinsechi al contratto (ad esempio la volontà delle parti, scopo perseguito, consistenza del patrimonio ereditario e raffronto con l’entità dei beni venduti), che la vendita ha ad oggetto un bene a sé stante e non la quota ereditaria (Cassazione, 24 novembre 2015, n. 23925).
Un’altra eccezione si rinviene qualora vi sia la volontà di tutti i comunisti coeredi di procedere al trasferimento. Essendo fattispecie di questo tipo assai frequenti nella prassi, in un’ottica di semplificazione della circolazione dei beni e al fine di evitare i numerosi potenziali contenziosi inerenti agli atti dispositivi della c.d. “quotina”, il Notariato sostiene, secondo prassi costante, che l’atto dispositivo da parte del coerede, antecedentemente alla divisione ereditaria, sia legittimo e con efficacia reale quando consti il consenso degli altri comunisti: la ratio dell’obbligatorietà è la tutela del comproprietario (efficacia obbligatoria) e, quindi, si può dare efficacia immediata reale con il suo consenso.
Tornando all’esempio: l’atto di alienazione dell’appartamento X da parte di Caio avrebbe efficacia reale ed immediata nel momento in cui, nel medesimo atto i fratelli di Caio, Tizio e Sempronio, prestassero il loro consenso.
Proprio per le ragioni di tutela sopra indicate è, invece, pacifico che se la vendita, così come la donazione, della c.d. “quotina” è fatta non al terzo ma al coerede-comunista, questo atto risulta legittimo e valido, perché è come se si realizzasse un accordo divisionale. Tornando al nostro esempio: se Caio cedesse la quota indivisa sull’appartamento X a uno dei coeredi Tizio o Sempronio, l’atto sarebbe chiaramente ad efficacia immediata ponendo sostanzialmente in essere un accordo divisionale. E’ vero che anche l’effetto di tale negozio si ripercuote sulla successiva definitiva divisione dell’intero asse ereditario, ma soltanto mediante l’adeguamento delle quote astratte nei confronti di tutti i coeredi (quota che si riduce per il cedente coerede comunista e che si espande per il cessionario).