La definizione e la natura giuridica del negozio fiduciario
La fiducia non trova un’apposita definizione e disciplina all’interno del diritto positivo, ma si può definire come quel fenomeno che ricorre tutte le volte in cui la causa tipica di un negozio è permeata, per volontà delle parti, da uno scopo ulteriore, al raggiungimento del quale la conclusione del negozio è in realtà volta.
Tale scissione tra causa tipica e scopo ulteriore è manifestata dalle parti nel cosiddetto accordo fiduciario, o pactum fiduciae, un negozio parallelo al negozio fiduciario, con cui le parti si accordano in ordine allo scopo ulteriore che deve essere perseguito ed all’obbligo del fiduciario di ritrasferire il bene in oggetto al fiduciante o a un terzo, una volta espletato l’incarico.
Secondo un’importante pronuncia della Corte di Cassazione (Cass. sent. 21 marzo 2019, n. 7946), invero, il negozio fiduciario è un’ipotesi di negozio indiretto, cioè un negozio in cui il negozio mezzo produce tra le parti lo stesso effetto che produce tra i terzi, ma, solo tra le parti, è altresì funzionale al raggiungimento di uno scopo ulteriore.
In particolare, il negozio fiduciario, secondo la Cassazione, sarebbe una species di negozio indiretto, composto da due negozi collegati: il primo, il negozio mezzo, che è un negozio di carattere esterno, ad effetti reali ed avente efficacia verso i terzi; il secondo, il pactum fiduciae, di carattere interno, con effetti meramente obbligatori.
Con l’autorevolezza delle Sezioni Unite, la Corte di Cassazione ha, infine, concluso che il negozio fiduciario non è un’autonoma fattispecie, ma uno schema causale, che può ricorrere in una pluralità di casistiche concrete e che, in particolare, si rinviene ogni qual volta un soggetto (fiduciario) acquisti la proprietà di un bene al fine di gestirlo e ritrasferirlo al fiduciante o a un terzo (Sez. Un. sent. 6 marzo 2020, n. 6459).
La forma e la disciplina del negozio fiduciario
Una volta inquadrato in termini generali il fenomeno del negozio fiduciario, è necessario affrontare una delle questioni tradizionalmente controverse in dottrina e giurisprudenza, cioè quella della forma richiesta per il negozio fiduciario immobiliare, oggi risolta dalle Sezioni Unite della Cassazione nel 2020, con la sentenza già citata.
Sul punto, erano state elaborate due opposte teorie: secondo alcuni Autori, quando il negozio fiduciario ha ad oggetto un bene immobile, anche il pactum fiduciae deve essere concluso in forma scritta, in quanto tale accordo sarebbe in qualche modo assimilabile ad un contratto preliminare (rispetto al successivo negozio di trasferimento del bene dal fiduciario al fiduciante/terzo), con la conseguente necessità di rispettare il principio di simmetria delle forme; secondo una diversa impostazione, accolta anche dalle citate Sezioni Unite, tuttavia, il negozio fiduciario è un negozio a forma libera, che può quindi essere validamente concluso anche in forma orale, in quanto il negozio fiduciario è assimilabile non ad un preliminare, ma piuttosto ad un mandato senza rappresentanza (conferito dal fiduciante al fiduciario, nell’interesse del primo), essendo, semmai, un problema meramente probatorio quello relativo all’accertamento dell’avvenuta conclusione del negozio fiduciario.
Tale ricostruzione accolta dalle Sezioni Unite, tra l’altro, è coerente con l’intera disciplina che si applica ai rapporti tra fiduciante e fiduciario in pendenza dell’accordo: invero, se il negozio fiduciario è assimilabile ad un mandato senza rappresentanza, allora, medio tempore, unico titolare del bene in oggetto, sia verso i terzi che nei rapporti esterni, sarà il fiduciario (ciò è vero in tutti i casi di fiducia, tranne che nella cosiddetta fiducia germanistica, come infra definita, la quale, invero, non è ammessa nel nostro ordinamento).
Da ciò deriva che, prima che sia realizzato il ritrasferimento in attuazione del pactum fiduciae, secondo l’opinione prevalente e preferibile, il bene in oggetto cade nella comunione legale dei beni del fiduciario, costituendo a tutti gli effetti un acquisto ai sensi dell’art. 177 let. a) del Codice civile; invero, sebbene sia stato sostenuto da parte della dottrina che tale bene potrebbe essere escluso dal regime patrimoniale dei beni tra i coniugi del fiduciario, in ragione della causa fiduciaria, tale impostazione non appare meritevole di accoglimento, stante l’inderogabilità delle cause di esclusione dei beni dalla comunione legale previste ex art 179 del Codice civile, che non annovera l’acquisto nell’ambito di un negozio fiduciario.
Del pari, il bene oggetto di negozio fiduciario è ricompreso nella successione del fiduciario, non potendosi sostenere che la di lui morte comporti il trasferimento automatico in favore del fiduciante o del terzo.
La morte del fiduciario, tuttavia, ha ripercussioni diverse sulla sorte del negozio fiduciario, in base alla circostanza che questo sia o meno connotato da intuitus personae.
In caso di accordo in cui assumeva rilievo dirimente la figura dell’originario fiduciario, invero, i di lui eredi saranno obbligati a restituire il bene al fiduciante, ovvero a risarcirlo, nel caso in cui il fiduciario abbia legato il bene ad un terzo; viceversa, qualora l’accordo fiduciario non avesse natura personale, gli eredi subentrano nell’obbligo del defunto fiduciario.
Da ultimo, la circostanza che il fiduciario sia a tutti gli effetti il solo, e reale, proprietario del bene oggetto dell’accordo fa sì che in caso di inadempimento dell’obbligo di trasferire, il fiduciante non goda di una tutela di carattere reale, ma abbia a disposizione i soli mezzi giuridici ordinariamente previsti in favore del creditore contro l’inadempimento del debitore.
Invero, qualora il fiduciario non esegua il trasferimento in favore del fiduciante, quest’ultimo potrà agire contro il primo per l’esecuzione forza in forma specifica dell’accordo fiduciario, ex art. 2932 del Codice civile, mentre se il fiduciario trasferisce il bene ad un terzo in violazione dell’accordo fiduciario, il fiduciante non avrà a disposizione altro strumento di tutela se non il risarcimento del danno.
Fisiologicamente, invece, come detto, il negozio fiduciario termina con il negozio di adempimento traslativo disposto dal fiduciario in favore del fiduciante o di un terzo da costui individuato al momento della conclusione dell’accordo fiduciario, o al momento stesso del ritrasferimento (in quest’ultimo caso, sarà necessaria la presenza all’atto di trasferimento del fiduciante, con indicazione che il trasferimento avviene dal fiduciario in favore del terzo, su designazione del fiduciante).
I diversi tipi di fiducia
In base ai rapporti esterni intercorrenti tra fiduciante e fiduciario, nonché al modo in cui l’operazione giuridica viene in concreto realizzata, possono individuarsi diversi tipi di fiducia.
In primo luogo, si distingue la fiducia cum amico dalla fiducia cum creditore: nella prima, indubbiamente valida, l’interesse che sta alla base dell’accordo fiduciario è del fiduciante; viceversa, la seconda si inserisce all’interno di un rapporto di debito-credito e l’accordo fiduciario è volto a realizzare un interesse del creditore, essendo per questo invalida, in quanto si porrebbe in violazione del divieto di patto commissorio, da intendersi in senso estensivo come divieto di tutti gli accordi sorretti da causa commissoria, posto ex art. 2744 del Codice civile.
In secondo luogo, si definisce fiducia romanistica lo schema negoziale in forza del quale unico titolare, formale e sostanziale, del bene in oggetto è il fiduciario, seppure per interesse del fiduciante, mentre si parla di fiducia germanistica in caso di scissione tra titolarità e legittimazione, per tale intendendosi il caso in cui titolare del bene rimane il fiduciante, ma legittimato a disporne è il solo fiduciario.
Nel nostro ordinamento è generalmente ammessa la sola fiducia romanistica, essendo inammissibile la descritta scissione, con l’unica eccezione della società fiduciaria, di cui si dirà infra.
Da ultimo, la fiducia è detta statica quando il fiduciante conferisce al fiduciario un mandato senza rappresentanza ad acquistare un bene da un terzo, gestirlo nell’interesse del fiduciante o di un terzo, e poi ritrasferirlo al fiduciante medesimo.
Di contro, si parla di fiducia dinamica quando il fiduciante trasferisce al fiduciario un proprio bene, con accordo di gestirlo per un certo periodo di tempo e poi ritrasferirlo al fiduciante medesimo o a un terzo.
Le ipotesi legali di fiducia
Passando all’analisi della disciplina positiva, si osserva che il nostro ordinamento conosce due sole ipotesi normative di fiducia, una nell’ambito delle disposizioni testamentarie, l’altra nel diritto societario.
La fiducia testamentaria è prevista dall’art. 627 del Codice civile, ai sensi del quale “non è ammessa azione in giudizio per accertare che le disposizioni fatte in favore di persona dichiarata nel testamento sono soltanto apparenti e che in realtà riguardano altra persona, anche se espressioni nel testamento possono indicare o far presumere che si tratta di persona interposta. Tuttavia, la persona dichiarata nel testamento, se ha spontaneamente eseguito la disposizione fiduciaria trasferendo i beni alla persona voluta dal testatore, non può agire per la ripetizione, salvo che sia un incapace.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano al caso in cui l’istituzione o il legato sono impugnati come fatti per interposta persona a favore d’incapaci a ricevere”.
Secondo consolidata ricostruzione, dunque, si tratta a tutti gli effetti di un negozio fiduciario, ma, a differenza di quello che trova fonte in un accordo inter vivos, è incoercibile, stante il tenero letterale della norma citata; la circostanza, tuttavia, che l’adempimento spontaneo della disposizione comporti la soluti retentio porta a concludere che la disposizione fiduciaria testamentaria faccia sorgere a carico del beneficiario un’obbligazione naturale.
Le società fiduciarie, invece, sono previste non dal Codice civile, ma dalla l. n. 1966/1939, che le definisce come società (necessariamente società di capitali e, se controllate direttamente o indirettamente da una banca, necessariamente società per azioni) che svolgono l’attività di custodia e amministrazione dei beni affidati dai fiducianti sulla base di un mandato fiduciario, realizzando, nel caso agiscano in nome proprio e per conto il cliente, la separazione tra proprietà sostanziale, in capo al fiduciante, e intestazione, in capo alla società fiduciaria, tipica della fiducia germanistica. Si precisa che per volgere tale attività è richiesta l’autorizzazione del Ministero dello Sviluppo Economico, rilasciata previa verifica dei requisiti richiesti dal D.M. 16.1.1995.
Le differenze con la simulazione
A fini di completezza, è opportuno tracciare la linea di demarcazione tra il fenomeno del negozio fiduciario, di cui si è detto finora ed il diverso fenomeno della simulazione del contratto, previsto e disciplinato dagli artt. 1414 e seguenti del Codice civile.
Anche la simulazione, invero, al pari della fiducia, si basa su due negozi, cioè negozio simulato ed accordo simulatorio.
Il negozio simulato è il negozio che appare all’esterno e che tra le parti produce effetti diversi rispetto a quelli che produce verso i terzi (simulazione relativa), ovvero tra le parti non produce alcun effetto (simulazione assoluta): in ciò tale negozio si differenzia dal negozio mezzo nell’ambito della fiducia, che, come detto, produce tra le parti i medesimi effetti che produce per i terzi (ferma la sussistenza di uno scopo ulteriore perseguito dalle parti).
L’accordo simulatorio, invece, è l’accordo concluso tra le parti a latere rispetto al negozio simulato, che chiarisce l’effettiva portata del negozio simulato tra le parti, avendo quindi un contenuto diverso rispetto al pactum fiduciae, che assegna al fiduciario uno scopo da perseguire per il tramite del bene trasferito.