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Nozione

Tra gli istituti previsti dal legislatore a tutela del principio di intangibilità della legittima assume importante rilevanza nel nostro ordinamento la cd. cautela sociniana disciplinata dall’art. 550 codice civile.
Questa norma prevede una particolare ipotesi di lascito eccedente la porzione disponibile ed appresta uno specifico strumento di tutela della legittima.
L’aggettivo “sociniana” deriva dal giurista del ‘500 Socino, il quale sosteneva la validità del presente istituto.

L’art. 550 codice civile ha riguardo all’ipotesi in cui il testatore, con un’apposita disposizione, abbia reso impossibile l’assegnazione ad un legittimario della quota di riserva in piena proprietà, perché ha lasciato ad un altro soggetto legatario il diritto di usufrutto o una rendita vitalizia eccedente il reddito della disponibile, come si evince dal 1° comma della norma in commento.
L’altra ipotesi contemplata dal legislatore è quella in cui il testatore ha lasciato all’estraneo legatario una nuda proprietà in misura eccedente la disponibile, come disposto dal 2° comma del suddetto articolo e, correlativamente, ha lasciato al legittimario o ai legittimari (in caso ce ne fosse più di uno) una porzione di nuda proprietà o di usufrutto che ecceda la legittima e che in parte ricade sulla disponibile.
Pertanto, in tale ipotesi, la disposizione prevede che il legittimario abbia due possibilità di scelta:

a) Può eseguire la disposizione testamentaria, purché, in caso di più legittimari, vi sia un accordo tra tutti e, in tal caso, resta esclusa sia la possibilità di agire in riduzione che quella di fare opzione prevista dall’art. 550 codice civile;
b) In alternativa, il legittimario può esperire il rimedio di cui all’art. 550 codice civile (cd. cautela sociniana), ovvero esercitare un diritto potestativo di scelta avente ad oggetto l’abbandono della disponibile o della parte disponibile attribuitagli in nuda proprietà o in usufrutto.

In altri termini, prescindendo dalla questione se la legittima sia stata o meno lesa, il legislatore persegue con l’art. 550 codice civile uno scopo di semplificazione, volendo evitare il sorgere di complesse controversie in caso di stima del valore dell’usufrutto o della rendita, tenuto conto dell’alea derivante dalla durata incerta della vita del beneficiario e tutelando nel contempo i legittimari contro disposizioni testamentarie parzialmente lesive, sotto il profilo quantitativo, dei diritti a loro riconosciuti dalla legge.

Natura giuridica

Il sistema introdotto dall’art. 550 codice civile non rientra nel concetto di azione di riduzione, in quanto quest’ultima presuppone una constatazione oggettiva della lesione, mentre la norma in esame si rimette alla valutazione oggettiva del legittimario.
Secondo la dottrina prevalente si tratterebbe di un diritto potestativo attuabile mediante un negozio giuridico unilaterale recettizio e che produce il mutamento oggettivo del legato. L’oggetto originario della disposizione testamentaria, infatti, viene sostituito ex lege da una quota di beni in piena proprietà.

Vocazione del legatario

Una volta esperito il rimedio in esame, il legatario sarebbe destinatario di due vocazioni:

a) La vocazione testamentaria, la quale, però, è ridotta nei limiti del reddito o della nuda proprietà della disponibile;
b) Una nuova vocazione legale, relativa alla nuda proprietà o all’usufrutto abbandonato dal legittimario, destinata a procurare al legatario l’acquisto della piena proprietà per consolidazione.

Secondo una parte della dottrina, a mutare sarebbe soltanto il titolo della vocazione ovvero la vocazione testamentaria diviene inefficace come disposizione di usufrutto o di nuda proprietà e verrebbe sostituita dalla vocazione legale del legatario nella piena proprietà della disponibile.
In realtà, occorre osservare come la vocazione è sempre quella originaria (unica e testamentaria) perché la legge modifica soltanto l’oggetto del legato.

La forma e il termine della dichiarazione di scelta del legittimario

In dottrina ed in giurisprudenza si ritiene che la dichiarazione di abbandono, in mancanza di una specifica prescrizione normativa, debba considerarsi a forma libera.
Infatti, la scelta non si identificherebbe con una rinuncia all’eredità, per la quale sarebbe necessaria la forma di cui all’art. 519 codice civile, consistendo piuttosto in un’opzione tra esecuzione della disposizione testamentaria e abbandono della disponibile. Pertanto, non occorrerebbe la forma scritta né la trascrizione, anche quando la dichiarazione abbia ad oggetto beni immobili, in quanto l’atto di scelta non produce un effetto traslativo del diritto di proprietà dal legittimario al legatario.

La dottrina prevalente sembra preferire la tesi secondo cui, in ossequio al principio di certezza dei rapporti giuridici, troverebbe applicazione la disciplina di cui all’art. 1350 n. 5 codice civile, ovvero la rinunzia, in quanto la scelta del legittimario prevede il potere di rinunciare alla disponibile per conseguire la legittima in piena proprietà.
Inoltre, si ritiene possibile far fissare da parte dell’usufruttuario al giudice un termine per la scelta da parte del legittimario. In mancanza di tale richiesta, la scelta dovrà essere compiuta entro un decennio dall’apertura della successione del testatore.

Ambito di applicazione dell’istituto

In dottrina è discusso se l’art. 550 codice civile trovi applicazione solo nel caso in cui il legittimario sia chiamato all’eredità e l’abbia accettata od anche quando il legittimario sia destinatario di un legato.
Ancora più controversa è l’ipotesi di cui al 2° comma della suddetta norma, in quanto vi è il dubbio se essa si riferisca all’erede o se si applichi anche alle ipotesi di legittimario legatario.
In altri termini, si chiede se il legittimario possa avvalersi del meccanismo contenuto dell’art. 550 codice civile anche nell’eventualità in cui l’istituzione di erede nella nuda proprietà dell’intero patrimonio o in una quota eccedente quella disponibile sia disposta a favore di un terzo estraneo, essendo legato al legittimario il correlativo diritto di usufrutto.
Parte autorevole della dottrina ritiene che essa si applichi soltanto al legittimario chiamato all’eredità, e in quanto l’abbia accettata, mentre non operi quando il testatore abbia istituito erede universale un estraneo, legando al legittimario il diritto di usufrutto sui beni ereditari. In tale ipotesi, si avrebbe un legato in sostituzione di legittima, con la conseguenza che il legittimario, qualora voglia conseguire quanto gli spetta, dovrebbe rinunciare al legato e chiedere la legittima a mezzo dell’azione di riduzione.

Tuttavia, la dottrina maggioritaria sembrerebbe propendere per la tesi negativa, consentendo l’applicazione della cautela sociniana anche nel caso in cui il legittimario sia soltanto legatario.
L’art. 550 2° comma codice civile, infatti, non fa distinzione, ma concede la scelta senza eccezioni al legittimario nel caso in cui il testatore abbia disposto della nuda proprietà di una parte eccedente la disponibile. Pertanto, in tal caso, a seguito dell’utilizzo dell’istituto in esame, si raggiunge il risultato di far conseguire al legittimario la propria quota di legittima in piena proprietà, il tutto a mezzo di un negozio giuridico unilaterale, senza dover ricorrere all’azione di riduzione.

Un’altra questione che è stata posta in dottrina ed in giurisprudenza riguarda l’applicabilità o meno dell’art. 550 codice civile all’ipotesi in cui l’usufrutto o la rendita eccedenti la disponibile siano attribuiti a più persone.
Sembrerebbe prevalere l’ipotesi affermativa, sicché il legittimario potrà esercitare la scelta anche in caso di pluralità di legatari. Se poi la scelta viene effettuata nel senso dell’abbandono della nuda proprietà, si discute se gli usufruttuari si ripartiscano la nuda proprietà della disponibile in proporzione al valore capitale dei singoli usufrutti oppure in modo da trasformare in piena proprietà l’usufrutto di ciascun legatario, dopo che questo è stato proporzionalmente ridotto, in modo tale da essere ricompreso nella disponibile.
E’ altresì discusso se la scelta possa essere attuata anche solo nei confronti di uno od alcuni legatari, come sostiene parte della dottrina, in mancanza di espressi divieti al riguardo o di un’asserita analogia con il modo di esercizio dell’azione di riduzione o, se, invece, esigenze di parità di trattamento e di semplificazione impongono che la scelta riguardi, indivisibilmente, tutti i legatari.
In caso di pluralità di legittimari, il legislatore ha risolto il problema di un eventuale disaccordo tra gli stessi in ordine alla scelta da eseguire stabilendo che: “se i legittimari sono più, occorre l’accordo di tutti perché la disposizione testamentaria abbia esecuzione”.
In altre parole, in caso di pluralità di legittimari, anche se solo uno ricorre allo strumento della cd. cautela sociniana gli altri conseguono comunque la legittima in piena proprietà, perdendo il reddito o la nuda proprietà ottenuti sulla disponibile, in quanto solo con il loro accordo unanime può darsi esecuzione, in via inversa, alla disposizione testamentaria.

Applicabilità della cautela sociniana alle donazioni

L’art. 550 ultimo comma codice civile dispone che la disciplina dettata ai commi precedenti si applica anche “se dell’usufrutto, della rendita o della nuda proprietà è stato disposto con donazione”
Questa norma vuole significare che, qualora l’usufrutto o la nuda proprietà costituiti per donazione, non per testamento, eccedano la disponibile, troverà ugualmente applicazione il sistema della cautela sociniana.
In particolare, nel caso di donazione della nuda proprietà, occorre distinguere due ipotesi.
La disposizione, infatti, non si applica nell’ipotesi in cui il donante doni la nuda proprietà di un bene, riservando solo a sé l’usufrutto, perché al momento della sua morte i due diritti (usufrutto e nuda proprietà) si consolideranno nelle mani del donatario e l’erede legittimo non potrà usufruire del rimedio della cd. cautela sociniana, ma potrà soltanto esperire l’azione di riduzione qualora ricorrano i presupposti.
Vi è, invece, il dubbio nel caso in cui il donante riservi l’usufrutto dei beni donati non solo a proprio vantaggio, ma, ad esempio, dopo di lui anche a vantaggio del legittimario come consentito dall’art. 769 codice civile.
Secondo parte della dottrina, in questa ipotesi non troverebbe applicazione l’ultimo comma dell’art. 550 codice civile, poiché, secondo un’interpretazione restrittiva, tale norma presupporrebbe necessariamente una chiamata ereditaria a favore del legittimario, la quale dovrebbe avere ad oggetto dei diritti da abbandonare. Quindi, potrebbe trovare applicazione eventualmente solo nel caso in cui le disposizioni normative venissero richiamate in sede testamentaria.
Secondo l’opinione prevalente in dottrina, il 4° comma dell’art. 550 codice civile non conterrebbe alcuna limitazione, ma presupporrebbe soltanto la sussistenza degli stessi presupposti applicativi richiesti per le altre ipotesi in cui si ricorre al rimedio della cd. cautela sociniana, prescindendo dal fatto che l’eccedenza rispetto alla porzione disponibile si abbia una disposizione testamentaria ovvero in una donazione per atto tra vivi.