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Introduzione

L’accettazione e la rinuncia al legato sono due istituti giuridici che non vengono espressamente disciplinati dal Codice civile, a differenza di quanto avviene con riferimento all’accettazione e alla rinuncia all’eredità, che sono negozi formali, i cui termini, modalità ed effetti sono appositamente normati dal legislatore, agli artt. 470 e seguenti del Codice civile (accettazione dell’eredità) e agli artt. 519 e seguenti del Codice civile (rinuncia all’eredità).
Il Codice civile, invero, si limita a prevedere, all’art. 649, che “il legato si acquista senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di rinunziare”.

La disposizione riportata ha determinato il sorgere in dottrina ed in giurisprudenza due principali questioni, che sono state – e sono tutt’ora – oggetto di viva controversia: da un lato, vi sono delle ipotesi in cui si ritiene che l’accettazione formale del legato possa essere in realtà necessaria; dall’altro lato, ci si chiede quale sia la disciplina applicabile, qualora il legatario intenda rinunciare al lascito.

Inoltre, un tema che assume una certa importanza è quello dell’acquisto del legato quando legatario sia un soggetto incapace (minorenne non emancipato ed interdetto), in quanto la specifica disciplina dedicata a tali soggetti privi di capacità d’agire (artt. 320 e 374 del Codice civile) parla espressamente di autorizzazione all’accettazione di legati (e donazioni), quindi, la dottrina si è interrogata sulla specifica rilevanza di questa accettazione.

L’accettazione e la rinuncia all’eredità

Una compiuta analisi del tema oggetto del presente contributo, tuttavia, si ritiene non possa prescindere da una ricostruzione, ancorché sintetica, della disciplina codicistica di accettazione e rinuncia all’eredità, che sarà utilizzata come termine di raffronto quando si passerà alla specifica analisi dell’accettazione e della rinuncia al legato.

L’accettazione dell’eredità e la rinuncia all’eredità sono due negozi giuridici fondamentali in una successione, che determinano la posizione del chiamato all’eredità rispetto al patrimonio del defunto, rendendolo erede, o decretando la sua definitiva estraneità alla vicenda successoria a titolo universale.

L’accettazione dell’eredità, prevista dagli artt. 470 e seguenti del Codice civile, può essere espressa o tacita, ma in entrambi i casi comporta l’acquisizione di tutti i diritti e doveri relativi ai beni e alle obbligazioni del defunto: l’erede, infatti, succede in universum ius defuncti, nell’intero patrimonio o pro quota.
L’accettazione espressa è un negozio giuridico unilaterale formale, che deve, cioè risultare da un atto pubblico o da una scrittura privata in cui il chiamato ha dichiarato di accettare l’eredità o ha assunto il titolo di erede. L’accettazione tacita, invece, si verifica quando il chiamato compie atti incompatibili con la qualità di semplice chiamato, ma presuppongono la qualifica di erede, come la gestione o l’uso del patrimonio ereditato. Una volta accettata l’eredità, l’erede diventa responsabile delle passività e dei debiti del defunto, con l’eccezione di quelli che eccedono il valore dei beni ereditati, in caso di accettazione con beneficio d’inventario.

La rinuncia all’eredità, invece, è disciplinata dagli artt. 519 e seguenti del Codice civile e può avvenire solo con atto formale, redatto davanti a un notaio o al cancelliere del tribunale. Essa implica l’esclusione definitiva dal patrimonio ereditario e non è revocabile. La rinuncia non solo estromette l’erede dai diritti su beni e diritti ereditari, ma lo priva anche degli obblighi derivanti da eventuali passività, come i debiti del defunto.

L’accettazione del legato

A differenza dell’eredità, il legato rappresenta una disposizione testamentaria con cui il testatore devolve in favore di uno specifico soggetto (legatario) uno specifico bene o diritto, senza implicare l’acquisizione dell’intero patrimonio del defunto.
Un’importante differenza tra devoluzione ereditaria ed attribuzione in un legato, poi, consiste nella circostanza che, a differenza dell’erede, il legatario non risponde dei debiti ereditari e risponde dei “pesi” ed altri oneri gravanti sul bene legato nei soli limiti del valore del legato stesso: in altre parole, dal legato possono derivare in capo al legatario soltanto conseguenze patrimoniali positive (o, al peggio, neutre, quando sul legato sia apposto un onere che ne assorbe interamente il valore).
Tale circostanza assume particolare rilevanza ai fini del tema del presente contributo, in quanto spiega il motivo per cui, come sopra riportato, ex art. 649 del Codice civile, l’acquisto del legato è automatico, prescindendo da un’accettazione formale da parte del beneficiario.

Tuttavia, l’accettazione del legato può assumere rilevanza sotto due diversi profili.
In primo luogo, è ragionevole ritenere che l’accettazione formale del legato implichi l’implicita rinuncia alla facoltà di rinunciare al lascito.
In secondo luogo, qualora si tratti di un legato in sostituzione di legittima ex art. 551 del Codice civile (cioè quel legato disposto in favore di un erede legittimario, con cui il testatore attribuisce al legatario la scelta se trattenere in legato, oppure rinunciarvi e chiedere la quota di riserva dell’eredità), con l’accettazione del legato il legittimario-legatario fa la sua scelta, rinunciando alla possibilità di agire per la quota di riserva.

Per quanto attiene alle modalità dell’accettazione, nel silenzio del Codice civile, sembra opportuno ritenere che l’accettazione possa essere tanto espressa che tacita e non richiede l’adozione di forme sacramentali.

La rinuncia del legato

Più delicato è, invece, il tema della rinuncia al legato.
Invero, tale rinuncia è, senza dubbio, ammissibile, essendo espressamente prevista dall’art. 649 del Codice civile, nonché, comunque, in forza del principio generale secondo cui nessuno può ricevere un beneficio contro la propria volontà (nemo invitus locupletari potest).

Tuttavia, l’assenza di un’apposita disciplina codicistica della rinuncia al legato ha dato vita ad un ampio dibattito dottrinale. In particolare, la questione che si è posta è quella della possibilità o meno di applicare alla rinuncia al legato, in via analogica, la disciplina codicistica prevista per la rinuncia all’eredità sopra sintetizzata.
Sul punto, una parte della dottrina sostiene che si possa applicare analogicamente la disciplina di cui agli artt. 519 e seguenti del Codice civile alla rinuncia al legato, in quanto entrambe implicano un atto di rifiuto di una disposizione successoria. Secondo questo orientamento, la rinuncia al legato dovrebbe avvenire con le stesse modalità e gli stessi effetti della rinuncia all’eredità, ossia con un atto formale, redatto davanti a un notaio o a un ufficiale pubblico.
D’altra parte, un altro orientamento dottrinale nega l’applicabilità analogica delle disposizioni relative alla rinuncia all’eredità alla rinuncia al legato, sottolineando che i due istituti hanno caratteristiche giuridiche del tutto diverse. In particolare, come già accennato, la rinuncia all’eredità riguarda un’intera massa ereditaria (o a una quota), mentre il legato è una disposizione singola che riguarda un bene specifico e non implica l’acquisizione dell’intero patrimonio. Di conseguenza, sostengono questi Autori che la rinuncia al legato dovrebbe ritenersi ammissibile anche in forma tacita, mediante la non accettazione del bene legato, senza la necessità di una dichiarazione formale.

Tuttavia, non foss’altro che per istanze di certezza del diritto, risulta forse preferibile accogliere, almeno, un’impostazione mediana, richiedendo, se non per forza che la rinuncia risulti da atto redatto davanti a un notaio o a un ufficiale pubblico, quanto meno che la volontà del legatario sia manifestata in modo espresso ed inequivoco, seppure in forma libera (anche se preferibilmente scritta).

L’incapacità d’agire e la gestione del legato

Una particolare questione si pone, infine, quando il legato è destinato a una persona incapace d’agire, come un minorenne o un interdetto.

In questi casi, assumono rilevanza due particolari norme codicistiche (artt. 320 e 374 del Codice civile), che, in aperta contraddizione con il più volte richiamato principio secondo cui, ex art. 649 del Codice civile, il legato si acquista senza accettazione, sembrano invece richiedere un’accettazione espressa.
Invero, ai sensi dell’art. 320 comma 3 del Codice civile, “i genitori non possono […] accettare o rinunziare ad eredità o legati (disposti in favore dei figli minori) […] se non per necessità o utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice tutelare”. Del pari, in materia di tutela dell’interdetto, l’art. 374 del Codice civile dispone che “il tutore non può senza l’autorizzazione del giudice tutelare: […] 6) accettare eredità o rinunciarvi, accettare donazioni o legati soggetti a pesi o a condizioni, procedere a divisioni; […]”.

Alla luce delle due norme citate, invero, si sono posti due interrogativi.
In primo luogo, la dottrina si è chiesta se queste due disposizioni debbano essere interpretate come una deroga al più volte menzionato principio dell’acquisto automatico del legato.
Tuttavia, secondo l’opinione oggi, probabilmente, maggioritaria e, comunque, preferibile, le norme riportate devono, piuttosto essere lette come unicamente riferite al caso in cui, per i fini esposti nei paragrafi precedenti, il rappresentante legale dell’incapace decida di procedere all’accettazione espressa del legato disposto in favore del minore o dell’interdetto. In altre parole, secondo questa impostazione, l’incapace, al pari di ogni legatario, acquisterebbe il diritto legato automaticamente all’apertura della successione, ma qualora il suo rappresentante legale ritenesse opportuno effettuare un’accettazione espressa, dovrebbe munirsi di un’apposita autorizzazione del giudice tutelare o, a seguito della Riforma Cartabia (d.lgs. n. 149/2022), del notaio rogante.
In secondo luogo, la dottrina tradizionale si è chiesta come mai l’art. 374 del Codice civile richieda l’autorizzazione del giudice tutelare per l’accettazione (espressa) dei soli legati “soggetti a pesi o a condizioni”, piuttosto che per tutti i legati, ponendo un discrimen sconosciuto alla norma gemella dettata in materia di minori soggetti a responsabilità genitoriale.

La dottrina e la giurisprudenza oggi prevalenti, tuttavia, sostengono che l’apparente contrasto tra le due norme sia, in verità, frutto di un difetto di coordinamento e che anche quando beneficiario della disposizione è un minore sottoposto a tutela o un interdetto l’accettazione espressa del legato debba sempre essere autorizzata, anche quando si tratta di disposizione “pura”, cioè priva di pesi e condizioni, al pari di quanto ammesso con riferimento alle donazioni, la cui accettazione da parte dei genitori o del tutore si ritiene che richieda sempre l’autorizzazione giudiziale o notarile.