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Per un concorso a immagine della realtà

Mettiamo a disposizione dei nostri lettori un articolo di Arrigo Roveda, pubblicato sul numero 1/2024 di Notariato. Lo scritto, opera del suo autore e non della redazione, vuole essere un contributo al dibattito, promosso dalla rivista diretta da Giancarlo Laurini, che precede il prossimo Congresso Nazionale dedicato al tema dell’accesso.

Le prove concorsuali si distaccano sempre più da quello che accade nella quotidianità degli studi notarili. Se si vuole recuperare l’effettività della pratica ed avere vincitori di concorso capaci di fare, da subito, i notai è necessario che le prove di concorso siano modellate su quanto realmente accade negli studi.

Sul numero 5/2023 di Notariato Giuseppe Ramondelli ha dato il via all’indispensabile dibattito che dovrà precedere il Congresso Nazionale primaverile che sarà dedicato al grande malato del notariato, l’accesso.

Appare infatti evidente come la sequenza pratica-concorso sia divenuta del tutto inefficiente a selezionare candidati capaci di approcciare la professione con strumenti adatti ad evitarne le insidie, a garantire tempi di accesso che consentano di mettere a repertorio il primo atto ad un’età paragonabile a quella di inizio di altre professioni, a ridurre i costi di formazione che oggi escludono dalla competizione tutti coloro che non abbiano alle spalle una famiglia abbiente.

Il drastico calo delle vocazioni notarili altro non è che il termometro di una malattia che necessita di cure drastiche e urgenti.

Cercare innocenti e colpevoli di questa situazione può sembrare un esercizio semplicistico ma aiuta a capire quale possa essere la cura.

Innocenti sono le scuole commerciali il cui successo è indiscutibile tanto da aver attirato su di esse l’interesse di operatori economici estranei al notariato. Le scuole commerciali vendono un prodotto confezionato abilmente ed efficacemente sulle esigenze dei loro clienti, ossia dei candidati al concorso. Questi altro non desiderano che superare il loro ostacolo. Diventare buoni notai è, in questa fase della loro vita, obiettivo assolutamente secondario e posticipato. Le scuole commerciali studiano le tracce dei concorsi precedenti, sviluppano le abilità necessarie per affrontarle e si disinteressano di tutto quanto, superfluo per superare il concorso, è necessario invece per avviare, organizzare e gestire il lavoro notarile. Nelle scuole commerciali domanda e offerta si incontrano, ma il prodotto non è quello che serve a mantenere l’elevato standard di qualità che la categoria ha per anni garantito.

Innocenti sono le scuole istituzionali organizzate dai Consigli Notarili e dai Comitati Regionali. Esse continuano nella loro missione di avviare alla professione i candidati notai formandoli con una dotazione culturale idonea a saper fare il notaio, dotazione che purtroppo non è centrata a sufficienza sull’obiettivo di superare il concorso.

Innocenti sono i praticanti notai che ormai sporadicamente frequentano gli studi notarili. Frequentano invece, nella stragrande maggioranza, scuole commerciali i cui docenti invitano a “non perdere tempo” con la pratica effettiva. Invito che, a chi ha ormai qualche lustro di professione, sembra blasfemo, ma che leggendo le tracce degli ultimi concorsi si deve rivalutare. Le tracce sono quanto di più astruso e distante dalla quotidiana vita degli studi notarili si possa immaginare. Perché mai si dovrebbe frequentare un luogo dove “non succedono cose” che possano formare un bagaglio di esperienza spendibile al concorso?

Innocenti, anche se meno innocenti perché ad essi sarebbe affidato il sostanziale adempimento della pratica notarile, sono anche i notai. Perché, alla luce di quanto si è detto, imporre un’assidua frequenza dello studio notarile nella fase preconcorsuale può diventare controproducente per il praticante ai fini del raggiungimento dell’obiettivo.

Colpevole è invece proprio il concorso che, nella sua articolazione attuale, non è idoneo a selezionare soggetti che siano poi capaci di avviarsi alla professione fornendo alla cittadinanza un supporto sufficientemente attrezzato.

Prova di ciò è la quotidiana lettura del gruppo Facebook Notai d’Italia dove vengono esposti dubbi a dir poco imbarazzanti.

E così capita di leggere incertezze sulla possibilità di trascrivere un’accettazione tacite di eredità sulla base di un contratto di mutuo garantito da ipoteca su un bene caduto in successione, sulla possibilità di allegare ad un atto la copia conforme di un APE, sulla possibilità di ricevere una procura a partecipare all’asta di cui si è il delegato, sulla legittimità di un atto di accettazione di eredità prima della presentazione della dichiarazione di successione, sull’utilizzabilità di una procura a vendere se nel frattempo è intervenuto un nuovo accatastamento, se sia necessaria una perizia per il conferimento di una partecipazione in una S.r.l., ed infinite altre perle.

Coloro che hanno questi dubbi o formulano queste domande hanno superato il concorso, certamente con pieno merito, ma altrettanto certamente hanno ben poca dimestichezza con la vita professionale di tutti i giorni e rischiano quantomeno di ritardare il normale scorrere degli affari che il notariato, oltre che controllare, dovrebbe garantire.

Occorre quindi ripensare il concorso al fine di perseguire una selezione di candidati che oltre ad avere una solida preparazione teorica, dimostrino di avere acquisito una idonea dotazione di strumenti attraverso lo svolgimento della pratica.

In estrema sintesi le prove del concorso devono tornare ad assomigliare a quanto succede ogni giorno nello studio notarile.

In uno studio notarile gli atti si scrivono con mezzi elettronici e non a mano. Così deve accadere al concorso. E ciò ridurrà sensibilmente i tempi di correzione.

In uno studio notarile si devono produrre, ad uso dei clienti, documenti chiari e sintetici. Dovrebbe pertanto essere posto un limite (in numero di righe e di caratteri) agli elaborati. Anche qui con sensibile riduzione dei tempi di correzione.

La clientela di uno studio è ormai multietnica (l’8,6% dei residenti in Italia è straniero). Almeno una seconda lingua dovrebbe essere conosciuta dal notaio e almeno una prova concorsuale (o una parte di essa) dovrebbe essere svolta in una lingua straniera.

Nella nostra professione operiamo su fascicoli composti da documenti anagrafici, planimetrie, visure ipotecarie e catastali di difficile lettura e che richiedono esperienza. Sarebbe assai utile che i proverbiali “fondo Tuscolano” o appartamento di via Arenula fossero rappresentati graficamente e che le provenienze fossero da ricostruire con visure, in modo da poter verificare l’agilità del candidato nel consultare un fascicolo “vero”.

Ogni giorno ci capita di dover affrontare, avendo a disposizione dottrina, giurisprudenza, studi del CNN, documenti di prassi amministrativa, problemi di difficilissima soluzione. Ricordare a memoria quanto afferma la Cassazione o cosa ha detto il CNN è sicuramente utile. Ma ancor più utile è saper padroneggiare le banche dati, elaborare soluzioni facendo la sintesi di quanto è stato scritto, anche se per accidente non lo si ricorda perfettamente. Almeno una delle prove di concorso dovrebbe essere svolta a banche dati aperte per simulare, ancora una volta, quello che succede negli studi.

Ed infine il fisco. Quante scelte, quante soluzioni sono ogni giorno condizionate da ragioni fiscali. È assolutamente anacronistico rimandare il diritto tributario alle prove orali, relegandolo al di fuori degli scritti.

Il percorso di accesso, nella sua sequenza pratica-concorso deve quindi essere ripensato per riportarlo ad unitarietà. Oggi pratica e concorso sono slegati perché superare il concorso non richiede un effettivo svolgimento della pratica. Solo ripensando le prove di concorso per portarle ad assomigliare a quanto succede in uno studio notarile si raggiungerà il risultato di riportare i praticanti negli studi e di formare nuovi notai che possano iniziare la loro vita lavorativa (necessariamente in tempi più rapidi degli attuali) senza quel fardello di dubbi ed incertezze che chi non ha mai vissuto la vita dello studio per anni porterà con sé.

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