Per comprendere il rapporto tra legato in conto di legittima, prelegato e legato in conto di quota ereditaria, tematica oggetto del presente articolo occore muovere da una breve e sintetica chiarificazione terminologica degli istituti trattati.
Legato in conto di legittima, Prelegato e Legato in conto di quota ereditaria: le definizioni
Si definisce “legato in conto di legittima” quell’attribuzione a titolo particolare che nel caso di esperimento dell’azione di riduzione da parte del legittimario dovrà essere imputata nella quota di legittima a lui spettante al fine di quantificare la lesione patrimoniale che il legittimario ha subito a seguito di donazioni o disposizioni testamentarie. Il “prelegato” è un legato a favore di uno degli eredi che va a sommarsi alla quota ereditaria del beneficiario legatario-coerede. Il “legato ordinato in conto di quota ereditaria” (quota che può essere anche di riserva) è un’espressione dell’autonomia negoziale del testatore che si traduce nella possibilità di computare nella quota dell’erede l’attribuzione a titolo particolare: in tal caso il legato non si aggiunge alla quota, bensì ne fa parte.
Ciò premesso, nel proseguio del presente articolo verrà semplicemente chiamato – come comunemente avviene – legato in conto di legittima quel legato attribuito in favore del legittimario.
Il legato in conto di legittima, come accennato, può essere disposto in favore di un legittimario che sia anche istituito erede oppure no. Nel primo caso siamo in presenza della figura del prelegato, trattandosi di legato a favore normalmente di un coerede e a carico dell’eredità. Si può quindi affermare che il legato in conto di legittima disposto a favore di un legittimario che sia anche erede sia di fatto un prelegato. La circostanza che il legato sia in conto di legittima, infatti, non è preclusivo del fatto che esso sia un prelegato; le due qualificazioni, infatti, corrono su piani diversi, in quanto il prelegato disciplina l’incidenza del legato sul patrimonio ereditario, mentre il legato in conto disciplina l’onere di imputazione dello stesso alla legittima in caso di azione di riduzione (articolo 564 Codice Civile). Gli ambiti di applicazione differiscono nettamente, in quanto può parlarsi di legato in conto di legittima solo in quella fase patologica la quale, per attivare l’azione di riduzione delle disposizione lesive della legittima, richiede d’imputare nella medesima i legati a favore dei legittimari che, salvo dispensa, vengono considerati appunto “in conto” di legittima.
Esempi pratici sul rapporto tra legato in conto di legittima, prelegato e legato in conto di quota ereditaria
Ciò detto, come si riflette tale disciplina sul calcolo delle quote in favore dei coeredi-legittimari?
Nel caso di legato in conto di legittima a favore di un legittimario erede, questo grava sulla legittima del legatario legittimario od opera il cumulo tipico del prelegato?
Dai concetti illustrati in apertura deve discendere anche la comprensione dell’incidenza che le figure in esame hanno nel calcolo delle attribuzioni spettanti ai coeredi-legatari; tenendo a mente, come si vedrà, che tale incidenza può variare in maniera netta mediante un’apposita manifestazione di volontà del testatore.
Facciamo un esempio:
Patrimonio ereditario di valore 100; niente debiti e donazioni.
Il testatore ha due figli – Primo e Secondo – e li istituisce entrambi eredi in parti uguali.
Al figlio Primo lega (in conto di legittima) un bene di valore 20.
Quanto consegue Primo?
Ipotesa A): valore di 60, ossia il valore ricavato dalla prededuzione (attribuzione in “anteparte”) del valore di 20 del prelegato + 1/2 del netto dell’eredità;
Ipotesi B): valore di 50, in quanto il legato in conto compone la sua quota legittima e pertanto è in essa ricompresa.
In questo caso classico l’ipotesi A) è quella corretta.
Il legato di 20 è un prelegato: se nulla viene specificato nel testamento, ai sensi dell’articolo 662 Codice Civile, il legato è posto a carico di tutti gli eredi; essendo il legatario anche erede si applica la disciplina dell’articolo 661 Codice Civile, ragion per cui il bene è legato per l’intero ammontare. Esso grava su tutta l’eredità (quindi in astratto per il valore di 10 sulla quota dell’erede Primo e per il valore di 10 sulla quota dell’altro erede Secondo) e il risultato pratico è che, dedotto il valore del legato, gli eredi sono tali per 40 a testa. Il legatario-erede, quindi, consegue complessivamente il valore di 60, ossia 20 a titolo di legato e 40 a titolo di erede.
Nell’esempio sopra riportato, abbiamo una successione testamentaria con relativa applicazione della disciplina codicistica, ivi compresa la norma dell’articolo 661 Codice Civile. La disciplina del legato in conto di legittima, invece, acquista rilievo solo nel caso della successione necessaria e in particolare nella misura in cui vi sia una lesione di legittima e il legittimario leso la faccia valere, esperendo l’azione di riduzione. Solo in tal caso il legatario-legittimario dovrà imputare alla propria quota di legittima il (pre)legato in conto di legittima ai sensi dell’articolo 564, secondo comma, Codice Civile.
Le medesime considerazioni si possono fare anche in un caso più al limite: patrimonio di 100, niente debiti e donazioni. Il testatore ha due figli, i quali vengono istituiti entrambi eredi nella quota di legittima loro spettante. Il testatore, inoltre, dispone un legato in conto di legittima ad uno dei due. Anche in tal caso, il legato, pur essendo in conto di legittima, è altresì un prelegato, sicché l’erede lo consegue in aggiunta alla quota ereditaria. Istituzione nella quota di legittima, infatti, non è altro che un’istituzione ereditaria in quota determinata tramite relatio alle norme sulla successione necessaria; essa rimane pur sempre una successione testamentaria e non una successione necessaria per legge.
Il caso appena trattato non può non portare la discussione ad accennare alle norme poste a tutela della quota di riserva; nel senso che il prelegato non può favorire il legittimario-coerede-legatario pregiudicando la legittima spettante agli altri coeredi-legittimari.
Facciamo un esempio.
Patrimonio ereditario di valore 120; niente debiti e donazioni.
Il testatore ha due figli – Primo e Secondo – e li istituisce entrambi eredi nella loro rispettiva quota di legittima (che ai sensi dell’articolo 537 Codice Civile risulta pari a due terzi, da dividersi in parti uguali tra i figli, ossia in termini aritmetici il valore di 40 a testa).
Al figlio Primo prelega un bene di valore 20.
In questo caso il valore del prelegato dedotto in anteparte non incide sulla quota del legittimario Secondo, in quanto il valore netto dell’asse è pari a 100. Precisamente:
– il legittimario Primo riceverà il valore di 20 a titolo di legato e il valore di 40 a titolo di eredità;
– il legittimario Secondo riceverà il valore di 40 a titolo di eredità;
– il restante valore di 20 sarà devoluto secondo le norme sulla successione legittima (e tale valore potrà accrescersi al valore delle istituzioni testamentarie di Primo e Secondo – in virtù del c.d. principio dell’unicità della delazione – qualora gli stessi soggetti siano qualificabili anche come successori ex lege).
Quid iuris se nel caso proposto il legato a favore di Primo sia di valore 80?
In tal caso il valore del legato da prededurre dal valore dell’intero patrimonio ereditario esorbita il limite della disponibile e risulta incidere negativamente sulle quota di riserva dei legittimari. Ma mentre Primo dovrà comunque ritenersi soddisfatto della composizione della sua legittima in termini di valore (in quanto nel complesso avrà ricevuto 80 a titolo di legato + la quota di legittima a titolo di eredità) e avrà come strumento di tutela secondo una parte della dottrina comunque la possibilità di rinunciare al legato attivando così la comunione ereditaria per l’intera sua quota di riserva, il legittimario Secondo risulta leso nella sua quota di legittima (parametrata all’intero relictum), ricevendo un valore inferiore di quello a lui in astratto spettante (nell’esempio descritto gli spetterebbe un valore di 40).
La soluzione del caso è la seguente. Ferma la validità del prelegato, in quanto sono esclusi dal campo di applicazione dell’articolo 549 Codice Civile i legati ordinati a carico dell’eredità con efficacia reale, tale disposizione sarà riducibile a norma dell’articolo 554 Codice Civile in quanto il suo valore eccede la quota disponibile.
Nel caso proposto, dunque, il testamento avrà piena attuazione, ma Secondo potrà agire in riduzione al fine di reintegrare la sua quota di legittima per il valore corrispondente.
Ciò detto, occorre considerare ancora un’ipotesi peculiare che apre la strada a quella particolare figura del legato conteggiato dal testatore all’interno della quota ereditaria di un coerede.
Quid iuris se, sempre nel caso proposto, il legato a favore di Primo sia di valore 80 ma espressamente ordinato dal testatore in conto della sua quota (e precisamente in conto della sua quota di riserva)?
In tale situazione occorre tenere a mente due conseguenze:
– da un lato si disattiva la disciplina del prelegato di cui all’articolo 661 Codice Civile e il valore del legato non verrà conteggiato come aggiunta all’attribuzione di Primo, bensì computato per volontà del testatore nella quota del medesimo (cosicché la chiamata ereditaria avrà effetto per la differenza tra il valore della quota di legittima e quello del del legato ordinato in conto di legittima);
– dall’altro lato si esula dall’unica applicazione individuata dalla legge per l’istituto del legato in conto di legittima (ossia la fase patologica della preterizione o della lesione dei diritti riservati al legittimario) dando rilevanza alla volontà testamentaria che permette di computare il legato effettivamente in conto della quota ereditaria (che nel determinato caso è proprio quota di legittima). Il legato in questo caso non è imputabile ai fini della riduzione e non è conseguito in aggiunta alla quota ereditaria, ma compone effettivamente la quota ereditaria (anche riservata).
Ecco che, per una migliore comprensione della figura anzidetta, per una parte della dottrina si potrebbero differenziare i termini “in conto di legittima” e “imputabile ai fini della riduzione”: il legato in favore del legittimario è di norma una disposizione imputabile ai fini della riduzione e diviene in conto di legittima al vittorioso esperimento della connessa azione giudiziale. L’autonomia negoziale del testatore può rendere immediatamente applicabile il computo del legato nella quota del legittimario all’apertura della successione. Dunque, indipendentemente dalla disciplina di legge del legato in conto di legittima, è possibile far si che un legato a favore di uno dei coeredi (legittimario o meno) sia altresì destinato, all’apertura della successione, a essere conteggiato nella quota ereditaria e non a essere conseguito in aggiunta ad essa (come il prelegato). Per far ciò, occorre che il legato sia altresì espressamente ordinato in conto della quota ereditaria, prevedendo espressamente che esso debba essere computato all’interno di essa e non in aggiunta. La figura in esame è pacificamente ammessa dalla dottrina e si può dire che trovi fondamento nell’articolo 662, secondo comma, Codice Civile, secondo cui “Su ciascuno dei diversi onerati il legato grava in proporzione della rispettiva quota ereditaria o del legato, se il testatore non ha diversamente disposto”. Se dunque al testatore è data la facoltà di poter liberamente disciplinare il gravare del peso dell’attribuzione particolare sulle quote di eredità, allora possiamo immaginare che una disposizione del tipo “lego in conto di quota ereditaria a mio figlio Primo la casa al mare” possa essere qualificata come legato a favore e totalmente a carico del medesimo soggetto. Tecnicamente, quindi, tale legato non sarà un prelegato a carico di tutta l’eredità, bensì un legato a carico della sola quota ereditaria del legatario-erede che contribuisce a concretare la quota stessa. Il legato ordinato in conto di quota ereditaria (anche solo di riserva), inoltre, non si pone in contrasto con le norme a tutela della legittima, assodato che al legittimario deve essere assicurato principalmente il valore della sua quota di legittima (c.d. tutela quantitativa), rimettendo al testatore la decisione circa la concreta composizione della stessa.
Tornado al caso proposto, alla luce di quanto affermato la soluzione risulta semplice: il testamento avrà completa validità e il prelegato non sarà soggetto a riduzione in quanto non lesivo dei diritti di Secondo, il quale riceverà il pieno valore della sua legittima pari a 40. Primo, invece, conseguirà:
– la sua quota di legittima pari a 40 nella quale andrà computato in parte il prelegato ordinato in conto della stessa;
– l’ulteriore valore di 40 dello stesso bene prelegato che esaurirà la quota disponibile.
Il risultato voluto con il legato ordinato in conto di quota ereditaria potrebbe essere raggiunto anche mediante una divisione ai sensi dell’articolo 734 Codice Civile, laddove il testatore ben potrebbe comporre la quota ereditaria attribuendo suoi specifici beni. Ma notevoli sono le differenze, in quanto nell’ipotesi di legato ordinato in conto di quota:
– non è necessaria l’accettazione del legato;
– il beneficiario dell’eredità può rinunciare al legato o, viceversa, venire alla successione rinunciando al legato;
– rinunciando all’eredità ma non rinunciando al legato non si risponderà dei relativi debiti ereditari.
Si può disporre un prelegato a favore di un legittimario con dispensa dall’imputazione?
Sì, in tal modo non siamo in presenza di un legato in conto di legittima.
La figura è prevista dall’articolo 564, secondo comma, Codice Civile.
Si può disporre un legato in conto di legittima con dispensa dall’imputazione?
No, esso sarebbe un ossimoro.
Il legato o è in conto di legittima (che significa senza dispensa dall’imputazione) o è con dispensa dall’imputazione.