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Oneri reali: inquadramento giuridico.

L’onere reale è una figura non espressamente prevista dalla legge, che, quindi, non ne fornisce una definizione o una apposita disciplina, ma si tratta di un sintagma utilizzato dagli Autori e della giurisprudenza per fare riferimento al peso imposto su un fondo, che obbliga il proprietario (o titolare di altro diritto reale di godimento su esso) ad eseguire prestazioni positive (di dare o di facere) e periodiche, a favore del proprietario di altro immobile o di altro soggetto.

La definizione appena proposta evidenzia un’importante analogia tra onere reale e diritto di servitù, ma anche due differenze rispetto a quest’ultima.

Al pari della servitù (cfr. art. 1027 c.c.), infatti, l’onere reale è un “peso imposto su un fondo”, con la conseguenza che il soggetto passivo del rapporto è individuato proprio in forza di una relazione qualificata con il fondo “servente/onerato”.

A differenza del diritto di servitù, però, in primo luogo, il beneficiario dell’onere non è “un altro fondo” (fondo dominante) e quindi, solo indirettamente, il proprietario dello stesso, bensì un soggetto in quanto tale, che può essere proprietario di altro fondo, ma ciò non è necessario.

In secondo luogo, se, da un lato, servitus in facere consistere nequit (il diritto di servitù non può consistere in un obbligo di fare), dall’altro lato, l’onerato dell’onere reale è proprio tenuto all’adempimento di un’obbligazione avente contenuto positivo, che consiste in un obbligo di dare o di fare.

La stretta interdipendenza tra l’onere ed il fondo a cui esso inerisce è, poi, quanto mai evidente nella fase patologica del rapporto, cioè in caso di inadempimento dell’onere reale.

Invero, il beneficiario dell’onere è titolare di due prerogative aventi ad oggetto il fondo gravato, che finiscono quasi per equiparare la sua posizione a quella del titolare di un “diritto reale di garanzia”.
Il beneficiario dell’onere reale, infatti, ha il diritto di fare espropriare il fondo gravato (ius distrahendi) e di soddisfarsi sul ricavato con priorità rispetto agli altri creditori dell’onerato (ius praelationis).

Tuttavia, la presenza di un onere reale comporta una deroga al principio generale di responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c. non solo prevedendo una sorta di “garanzia reale” in favore del beneficiario dell’onere, ma anche prevedendo un limite quantitativo alla responsabilità dell’onerato, che non risponde dell’onere reale “con tutti i suoi beni presenti e futuri”, ma solo nei limiti del valore del fondo gravato.

Gli oneri in esame, dunque, sono connotati sia nel momento fisiologico, sia in quello patologico da una intrinseca inerenza al fondo, il che giustifica il fatto che, secondo opinione unanime, anche agli oneri reali si applica il principio di tipicità che caratterizza i diritti reali (di godimento e di garanzia), pertanto, non è possibile per i privati prevedere degli oneri reali al di fuori delle ipotesi tassative previste dalla legge ed infra analizzate.

Ipotesi legislative di oneri reali.

Passando all’analisi delle ipotesi (tassative) di oneri reali, queste sono principalmente tre, contenute una nel Codice civile e due nella legislazione speciale.

Primo caso è rappresentato dai contributi consorziali, previsti dall’art. 864 c.c.

La seconda ipotesi è prevista dall’art. 253 del cosiddetto Codice dell’Ambiente (d.lgs. n. 152/2006), che espressamente definisce gli interventi di bonifica di siti contaminati quali oneri reali.

Da ultimo, un espresso riferimento agli oneri reali si trova anche all’art. 10 l. n. 386/1976, relativo alle annualità dovute dall’assegnatario dei terreni assegnati ai sensi dell’art. 17 l. n. 230/1950.

Obbligazioni propter rem: inquadramento giuridico.

Al pari degli oneri reali, le obbligazioni propter rem costituiscono una categoria giuridica mai espressamente menzionata dal Codice civile e, dunque, sprovvista di una definizione normativa.

Tale lacuna normativa è, tuttavia, stata colmata dalla Dottrina, che ha definito le obbligazioni propter rem come rapporti obbligatori in cui il soggetto passivo del rapporto, il debitore, è individuato per relationem rispetto alla titolarità di una determinata res.

Conseguenza di ciò, è la cosiddetta ambulatorietà delle obbligazioni propter rem: in altri termini, l’obbligazione si trasferisce con il trasferimento della proprietà del bene.

Ciò, tuttavia, vale, di regola, per le sole obbligazioni sorte dopo il trasferimento del bene: il debitore viene dunque individuato nel soggetto che è proprietario del bene nel momento in cui l’obbligazione sorge, anche se al momento dell’adempimento egli ha ormai trasferito la proprietà ad un terzo.

Si rinvengono però degli specifici casi, che saranno infra analizzati, in cui la rinuncia al diritto sul bene comporta altresì il trasferimento della responsabilità in capo ai comproprietari che beneficiano della rinuncia per le obbligazioni propter rem sorte fino a quel momento.

Al di là della ambulatorietà, però, le propter rem sono ordinarie obbligazioni, rispetto alle quali l’ordinamento non prevede alcuna garanzia reale in favore del creditore e dell’adempimento delle quali il debitore risponde con tutti i suoi beni presenti e futuri, ex art. 2740 c.c.

Si precisa, tuttavia, che, secondo consolidata opinione troverebbe applicazione anche alle obbligazioni reali il principio del numerus clausus, che sottrae il novero di tali obbligazioni ambulatorie alla disponibilità dei privati.

Ipotesi legislative di obbligazioni propter rem.

A differenza degli oneri reali, tutte le ipotesi di obbligazioni reali sono previste da norme del Codice civile (che tuttavia non le definisce mai espressamente come tali).

Queste sono: in primo luogo, gli “obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico” che devono essere rispettati dal proprietario ai sensi dell’art. 832 comma 1 c.c.; in secondo luogo, l’obbligo di permettere l’accesso ed il passaggio sul proprio fondo ex art. 843 comma 1 c.c.; il pagamento del canone enfiteutico, ai sensi dell’art. 961 c.c.; le spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune, che gravano sul comproprietario o sul condominio, rispettivamente ex artt. 1104 e 1123 c.c. (questa, tra l’altro, in queste ipotesi, per espressa previsione di legge, la rinuncia alla propria quota da parte del condividente, con conseguente accrescimento delle quote degli altri comporta altresì la liberazione del rinunciante dalla responsabilità anche per le obbligazioni reali già sorte al momento della rinuncia); infine, il patto di rimanere in comunione per un determinato periodo (non superiore a dieci anni), espressamente previsto dall’art. 1111 comma 2 c.c.

Oneri reali e obbligazioni propter rem: differenze.

Da quanto finora detto emerge, quindi, che la principale differenza tra onere reale ed obbligazione reale (o propter rem) risiede nel diverso significato che viene attribuito nei due casi al termine “reale”.

Nel primo caso, la realità fa riferimento alla misura della responsabilità dell’onerato, limitata al valore del bene gravato, nonché alle facoltà caratteristiche dei diritti reali di garanzia attribuite al beneficiario dell’onere.

Nel secondo caso, la realità riguarda la sola ambulatorietà del vincolo, che rimane, per il resto, in tutto personale.

Pertanto, l’onere reale è dovuto dal soggetto in quanto egli si trova nel godimento di un bene; l’obbligazione reale, invece, nasce in quanto un soggetto entra a far parte di un rapporto obbligatorio che lo vincola a soddisfare determinate prestazioni che discendono dal bene stesso, ma che in esso non trovano il fondamento giuridico.

Altra differenza dottrinale tra gli istituti è il carattere obbligatorio-pluralistico dell’obbligazione propter rem rispetto al carattere oneroso-individual-soggettivo dell’onere reale.