Nozione di quotina
Con il termine “quotina” si intende la quota di uno dei beni facenti parte della comunione appartenente al singolo comunista.
In conformità a quanto previsto dall’art. 757 codice civile, la quotina spetta al comunista solo al momento della divisione e, dunque, allo scioglimento della comunione.
La dottrina e la giurisprudenza si sono occupate a lungo della legittimità e della validità degli atti dispositivi aventi ad oggetto la quota sul singolo bene.
Donazione della quotina
Partiamo con l’analizzare il problema sull’ammissibilità degli atti di donazione di quotina, la quale è stata oggetto di un lungo dibattito giurisprudenziale, sul quale si è pronunciata definitivamente la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 5068 del 15 marzo 2016.
L’ iter giurisprudenziale antecedente il citato evento delle Sezioni Unite ha visto succedersi diverse fasi che hanno dato vita ad orientamenti contrastanti.
La prima fase fino al 2001 vedeva la dottrina discutere sulla possibilità di applicare alle donazioni di beni altrui il divieto di cui all’art. 771 comma 1 codice civile, secondo cui: “la donazione non può comprendere che i beni presenti del donante. Se comprende beni futuri, è nulla rispetto a questi, salvo che si tratti di frutti non ancora separati”.
L’orientamento prevalente milita a favore della tesi positiva, evidenziando come l’art.771 codice civile trovi applicazione sia rispetto ai beni oggettivamente futuri, che con riguardo a quelli soggettivamente futuri ovvero i “beni altrui”, in considerazione dell’identità di ratio che accomuna le due categorie di negozi.
La sentenza n.1596 del 5 febbraio 2001 della Cassazione ha segnato l’inizio della seconda fase, pronunciandosi sulla possibilità di applicare alle donazioni di cose altrui la disciplina dell’usucapione abbreviata ex art. 1159 codice civile, aderendo alla teoria della dottrina minoritaria secondo la quale, in considerazione della distinzione tra beni oggettivamente futuri e beni soggettivamente futuri, l’art. 771 codice civile si applica soltanto alle donazioni aventi ad oggetto i primi.
Nel 2009 con la sentenza n. 10356, la Cassazione ha dato il via alla terza fase cambiando radicalmente posizione, adeguandosi alla dottrina tradizionale e sancendo la nullità delle donazioni di beni altrui in quanto violano il divieto ex art. 771 codice civile.
Intervento della Cassazione a Sezioni Unite del 2016
Le Sezioni Unite con la sopra citata sentenza del 2016 hanno segnato una svolta su questa questione.
Innanzitutto, hanno asserito che la donazione di beni altrui costituisce titolo idoneo a consentire l’usucapione abbreviata, non essendovi contrasto giurisprudenziale sul punto.
In secondo luogo, la Corte di Cassazione, nell’esaminare la validità di donazione di bene altrui, evidenzia come detto negozio non debba ritenersi nullo ai sensi dell’art. 771 codice civile, ma in virtù del principio di cui all’art. 651 codice civile, il quale disciplina la validità del legato di cosa altrui se il testatore manifesta la consapevolezza dell’altruità del bene.
Pertanto, la donazione di bene altrui è valida qualora il donante manifesti in modo inequivocabile la propria consapevolezza circa l’altruità del bene; in caso contrario, invece, la donazione è da considerarsi nulla per difetto di causa.
La Corte, tuttavia, non si è pronunciata sugli effetti della donazione, né sul regime pubblicitario applicabile.
Con riferimento alla natura giuridica della donazione di quotina, la dottrina maggioritaria attribuisce alla stessa natura obbligatoria, in quanto la donazione produce effetti reali differiti che, come tali, implicano un trasferimento automatico nel momento in cui il donante acquista la proprietà.
Inoltre, le menzioni relative ai trasferimenti immobiliari devono essere inserite in atto e lo stesso deve essere trascritto.
Vendita della quotina
Con riferimento, invece, alla possibilità di ammettere anche la vendita di bene altrui, occorre partire dal presupposto che dottrina e giurisprudenza hanno vagliato due possibili alternative:
- Vendita di cosa altrui: la prima strada da percorrere è quella della vendita di cosa altrui disciplinata dall’art. 1478 codice civile, il quale dispone che: “se al momento del contratto la cosa venduta non era di proprietà del venditore, questi è obbligato a procurarne l’acquisto al compratore.
Il compratore diventa proprietario nel momento in cui il venditore acquista la proprietà dal titolare di essa”. - Vendita all’esito divisionale: la seconda alternativa è la vendita avente ad oggetto la piena proprietà della quotina, ma sottoposta alla condizione sospensiva che la quotina stessa si assegnata al venditore in sede di divisione. In tal caso, gli effetti del trasferimento si produrranno soltanto se e quando il bene venga assegnato in piena proprietà al comunista venditore.
Queste due modalità di vendita sono totalmente diverse.
Nel primo caso, infatti, il negozio produce effetti obbligatori immediati ed effetti reali differiti, al momento dell’acquisto della proprietà del bene da parte dell’alienante non proprietario. Inoltre, per il caso in cui tale acquisto non dovesse perfezionarsi, l’alienante è obbligato a procurare, anche indirettamente, l’acquisto del bene.
Nel secondo caso, invece, il negozio non produce alcun effetto sino al verificarsi dell’evento dedotto in condizione, inoltre, qualora la condizione non si verifichi, il negozio si risolve automaticamente, non sussistendo alcun obbligo dell’alienante di far acquisire all’acquirente la proprietà del bene.