Il divieto di patto leonino è un principio fondamentale del diritto societario italiano, sancito dall’art. 2265 del Codice civile, che dispone la nullità di ogni accordo che escluda uno o più soci dalla partecipazione agli utili o alle perdite della società. Esso mira a garantire un’equilibrata condivisione dei benefici e dei rischi da parte dei soci, principio che trova la sua ratio nella tutela degli interessi economici e patrimoniali di tutti i soci, impedendo che il contratto sociale venga utilizzato per realizzare vantaggi eccessivi o sproporzionate iniquità verso un singolo socio.
Il divieto si estende a tutte le forme di società lucrative, dunque, a tutte le società di persone (società semplice, in nome collettivo e in accomandita semplice) e a tutte le società di capitali (società per azioni, società in accomandita per azioni e società a responsabilità limitata).
Il divieto in discorso, tra l’altro, si pone come corollario della circostanza che l’art. 2247 del Codice civile, nel dettare la definizione del contratto di società (lucrativa) individua lo scopo-fine della società proprio nella divisione degli utili tra (tutti) i soci.
La natura del patto leonino
Il patto leonino si configura come un accordo tra i soci o una clausola statutaria con cui, pur rimanendo formalmente in essere il rapporto sociale, la distribuzione degli utili e delle perdite risulta essere squilibrata. In particolare, un patto leonino esclude uno o più soci dalla partecipazione alle perdite, ma continua ad attribuire loro una parte degli utili o, viceversa, prevede che uno o più soci rispondano delle perdite, ma li esclude dalla partecipazione agli utili.
In entrambi i casi, comunque, viene meno l’essenza stessa della partecipazione in una società lucrativa, che realizza un vero e proprio investimento sulla società, il che comporta, e non può non comportare, che il rendimento di tale investimento sia collegato all’andamento della società stessa.
In tal senso, l’attribuzione di utili a un socio che non partecipa alle perdite può essere considerata ingiusta, cioè priva di giustificazione giuridica, poiché tale patto determina un vantaggio economico unilaterale per un socio, a discapito degli altri.
I patti rientranti nel divieto di cui all’art. 2265 del Codice civile vengono, poi, definiti “leonini”, perché tale termine evoca l’immagine di un accordo manifestamente sbilanciato, in cui una delle parti (il “leone”) ottiene un beneficio eccessivo a discapito dell’altra. Il patto leonino, quindi, si riferisce a un contratto che distorce l’equilibrio tra i soci in merito alla distribuzione dei risultati economici della società, incidendo sull’essenza stessa della società. La partecipazione agli utili e alle perdite, infatti, non è un diritto individuale, ma una condizione imprescindibile per la realizzazione dello scopo sociale, che resta improntato al mutualismo economico tra i soci.
Le ragioni alla base del divieto
Il divieto in esame trova una duplice motivazione, che affonda le radici sia in ragioni morali e politiche, sia in considerazioni economiche e che viene ricostruita in modo diverso, in base al contenuto dello specifico patto.
La prima ragione di invalidità riguarda il patto che esclude un socio dalla partecipazione agli utili della società. Tale patto, come già accennato, mina l’essenza stessa del contratto di società, che ha come scopo principale la divisione degli utili tra i soci, come previsto dall’art. 2247 del Codice civile. In questo caso, la violazione del principio di partecipazione agli utili rende il contratto sociale privo di giustificazione economica, poiché non rispecchia più la finalità lucrativa che caratterizza la società.
È invece più discussa la ratio del divieto con riferimento al patto di esclusione dalle perdite, che ha suscitato diverse interpretazioni dottrinali. Ferri, ad esempio, sottolinea le ragioni morali e politiche del divieto, ritenendo che un simile patto risulterebbe ingiusto, poiché uno dei principi fondamentali del contratto di società è la condivisione dei rischi e dei benefici. D’altro canto, altri Autori hanno evidenziato le possibili implicazioni economiche del patto leonino, suggerendo che l’esclusione dalle perdite potrebbe favorire fenomeni usurari, ovvero l’incoraggiamento di operazioni economiche rischiose senza un’adeguata responsabilizzazione dei soci.
Proprio alla luce della ratio sottesa al divieto, come ricostruita, si comprende che il divieto in esame deve essere inteso in senso sostanziale, non formale. In altre parole, non è nullo soltanto il patto che esclude del tutto il socio dalla partecipazione agli utili o alle perdite, ma anche il patto che attribuisce ad un socio una partecipazione agli utili o alle perdite talmente irrisoria da integrare, in concreto, la ratio del divieto, come nel sopra riportato esempio del socio titolare di una partecipazione pari al 50% del capitale, a cui viene riconosciuta una partecipazione agli utili del solo 1%.
La nullità parziale e la sostituzione della disciplina legale/em>
Poste queste premesse, è necessario soffermarsi sulla sanzione comminata dall’art. 2265 del Codice civile, in quanto la norma parla di “nullità”, senza, tuttavia, precisare di che tipo di nullità di tratti e, nello specifico, quali conseguenze produce la previsione di un patto leonino nullo sulle altre clausole contenute nei patti sociali (o statuto).
Pur nel silenzio del Codice civile, la dottrina e la giurisprudenza sono tendenzialmente unanimi nel ritenere che l’eventuale nullità di un patto leonino non pregiudica la validità degli altri patti e accordi tra i soci.
Se, ad esempio, un accordo specifico di esclusione dalle perdite viene considerato nullo, gli altri patti relativi alla partecipazione agli utili o ad altre modalità di gestione della società rimangono validi. In tal caso, la disciplina legale, prevista dall’art. 2263 c.c., sostituirà il patto nullo, ripristinando un equilibrio tra i soci che rispetti i principi di equità previsti dalla legge.
La possibilità di nullità parziale ha il vantaggio di non compromettere l’intero contratto sociale, limitando l’effetto della nullità al patto illecito e mantenendo in vigore le altre disposizioni. Questo principio, che fa riferimento alla sostituzione della disciplina legale, garantisce che la società possa proseguire la propria attività con una regolamentazione conforme ai principi legali, pur superando l’impossibilità di attuare il patto leonino nullo.
L’ambito di applicazione del divieto di patto leonino/em>
Il divieto di patto leonino non è limitato alle sole società di persone, ma si estende a tutte le società lucrative, inclusi i contratti di cointeressenza e le società di capitali. La disciplina che regola la nullità di tali patti è contenuta nell’art. 2265 del Codice civile, che vieta i patti che escludono un socio dalla partecipazione agli utili e alle perdite nelle società di persone.
Tuttavia, il divieto è applicabile anche nelle società di capitali dove le distorsioni nelle modalità di partecipazione ai risultati economici della società possono minare l’equità tra i soci e pregiudicare l’obiettivo mutualistico di cui si è detto.
In particolare, può essere osservato che, nelle società di capitali, il divieto di patto leonino è applicato in maniera differenziata. Tali società godono di una certa libertà nella configurazione dei diritti economici dei soci, essendo consentita l’introduzione di diritti speciali o privilegiati, tramite l’introduzione di categorie di azioni speciali (società azionarie), di quote speciali (nelle s.r.l. p.m.i.) o di diritti particolari del singolo socio (nelle s.r.l.).
Invero, nelle società azionarie, il divieto di patto leonino opera come un limite al contenuto delle possibili azioni speciali che escludano i soci dalla partecipazione equa agli utili e alle perdite, mentre, nelle s.r.l., opera come limite al contenuto delle quote speciali di p.m.i. o alla previsione di diritti particolari dei soci ex art. 2468 comma 3 del Codice civile.
Anche nelle società di capitali, invero, nonostante la maggiore libertà nella gestione dei diritti economici e patrimoniali dei soci, l’equilibrio nella divisione dei risultati economici rimane un principio inderogabile.
Il divieto in oggetto non si estende, invece, alle società consortili e alle società cooperative, poiché queste non hanno scopo lucrativo e non sono quindi soggette agli stessi principi di distribuzione degli utili e delle perdite.
Conclusioni/em>
Alla luce di quanto finora detto, dunque, il divieto di patto leonino rappresenta una protezione fondamentale nell’ambito del diritto societario, a tutela dell’equità tra i soci e della legittimità dei contratti sociali. Questo principio, dunque, è cruciale per il corretto funzionamento delle società e per la protezione degli interessi patrimoniali ed economici dei soci.