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Disciplina

L’istituto della multiproprietà, introdotto con il D. Lgs. n. 427/1998, in attuazione della Direttiva CE n. 47/1994, risulta disciplinato, in via esclusiva, nel solo ambito consumeristico.

All’entrata in vigore del Codice del Consumo (D. Lgs. n. 206/2005), la relativa normativa è stata trafusa agli artt. 69 a 81 bis, al fine di tutelare in modo più pregnante il consumatore nelle operazioni economiche da tempo in uso nel settore turistico.

Successivamente, la normativa sulla multiproprietà ha subito delle modifiche ed è stata collocata nel Codice del Turismo (D. Lgs. n. 79/2011) al capo 1 titolo IV, rubricato attualmente “contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze in lungo termine, contratti di rivendita e di scambio”.

Nonostante le modifiche che sono state apportate, il legislatore non ha risolto i problemi inerenti alla qualificazione giuridica dell’istituto in commento, poiché si è limitato ad offrire una tutela minima ed inderogabile al consumatore, con una serie di regole volte a renderlo edotto su tutte le informazioni volte a sviluppare un consenso in maniera consapevole, nonché dei diritti e delle garanzie allo stesso spettanti.

La multiproprietà rappresenta un genus a cui possono ricondursi una serie di fattispecie di diverso contenuto, la cui comune caratteristica si identifica nella consistenza di una pluralità di diritti di godimento esercitabili a turno sullo stesso immobile.

La multiproprietà immobiliare: definizione e natura giuridica

La prima fattispecie di cui ci andremo ad occupare in questa sede è la multiproprietà immobiliare, la quale si caratterizza per la titolarità in capo ad un soggetto, detto multiproprietario, di un diritto di natura reale, pieno ed esclusivo, trascrivibile ed opponibile erga omnes, ma a godimento turnario, cedibile a terzi e trasmissibile agli eredi.

Per quanto attiene, invece, alla natura giuridica di questo diritto reale, la dottrina ancora oggi è divisa, anche se i diversi orientamenti concordano nell’attribuire a tale diritto il requisito della realità. Da queste osservazioni deriva che:

a) Il diritto di godere del bene è indipendente dalla cooperazione di terzi;
b) L’opponibilità del diritto è erga omnes;
c) Qualunque soggetto terzo può essere escluso dal godimento turnario del bene, anche mediante l’esercizio di azioni possessorie;
d) È possibile disporre del diritto con effetto reale o costituire ipoteche sul medesimo.

Secondo una tesi dottrinale, seguita da Santoro-Passarelli, si tratterebbe di una comunione ordinaria, la quale è regolata mediante un regolamento che disciplina il godimento turnario del bene immobile soggetto a trascrizione e, come tale, opponibile ai terzi.

Altra tesi, avallata da Confortini, invece, sostiene si tratti di una proprietà bidimensionale, pertanto, la rinuncia alla quota di multiproprietà ai sensi dell’art. 1104 codice civile comporta anche l’abdicazione alla proprietà stessa sul bene, non solo nello spazio, ma anche nel tempo.

Il Codice del consumo agli artt. 69 ss. si disinteressa della natura giuridica della multiproprietà, ma si occupa di tutelare il consumatore che stipula un contratto con un venditore professionista, tramite il recesso dal contratto o altri mezzi di protezione. Tuttavia, anche il legislatore in materia del consumo sembra propendere per la natura di diritto reale.

Attualmente, la dottrina prevalente afferma che la multiproprietà rappresenta un diritto reale, il quale si costituisce mediante un contratto a cui deve essere allegato il regolamento di comunione, opponibile ai terzi ai sensi dell’art. 1107 codice civile.

Tale regolamento non si trascrive, ma può essere modificato all’unanimità dai comunisti. Il concetto di comunione implica anche un’indivisibilità della stessa e questo genera un problema sull’ipotecabilità o meno su una quota del bene in multiproprietà ai sensi dell’art. 2825 codice civile.

Tuttavia, nonostante vi sia un orientamento contrario, la dottrina prevalente sostiene che tale caratteristica non esclude l’ipotecabilità sulla quota del bene in comproprietà ed in caso di espropriazione, il creditore ipotecario subentra nella posizione del multiproprietario.
Infine, il contratto di costituzione di multiproprietà su un immobile non produce effetti traslativi, per tale ragione, non è necessario inserire le menzioni obbligatorie proprie dei trasferimenti immobiliari.

La multiproprietà azionaria: definizione e tipologie

La multiproprietà azionaria, invece, si realizza ogniqualvolta una S.p.a. diviene proprietaria di un bene immobile e concede ai propri soci, che divengono multiproprietari, la possibilità di fruire del bene stesso secondo scadenze prefissate.

In questa particolare situazione il complesso immobiliare non spetta pro quota ai singoli soci, ma è di proprietà della società; quindi ciascun multiproprietario è titolare di un diritto personale di godimento, frazionato nel tempo e nello spazio, il quale ha natura di semplice diritto reale di credito nei confronti della società proprietaria dell’immobile.

Il fenomeno della multiproprietà azionaria non è uniforme ed omogeneo, ma si articola in diverse tipologie.

Multiproprietà azionaria diretta ed indiretta

La prima distinzione nell’ambito della multiproprietà azionaria la si può fare tra forma “diretta” ed “indiretta”.

La multiproprietà azionaria può definirsi diretta quando il capitale di una società, costituita per consentire la commercializzazione in regime di multiproprietà di un determinato immobile, è diviso in azioni ordinarie ed azioni privilegiate.

Queste ultime, infatti, attribuiscono ai soci acquirenti il diritto di godimento delle varie unità immobiliari; successivamente, vengono cedute ai soci-multiproprietari, a titolo gratuito, le azioni ordinarie, in proporzione al valore del singolo appartamento e al periodo di godimento spettante ad ognuno di loro.

La qualifica di multiproprietario, in questo caso, è direttamente correlata alla titolarità delle azioni e, dunque, allo status di socio.

Su questo tipo di multiproprietà sono sorti die dubbi di legittimità, in quanto i versamenti periodici di denaro dei singoli soci servirebbero a coprire le spese del complesso immobiliare e ciò si porrebbe in contrasto con il divieto di imporre ai soci la dazione di somme ulteriori rispetto ai conferimenti nonché il divieto ex art. 2345 codice civile di utilizzare il versamento di denaro come prestazione accessoria correlata ad una partecipazione sociale.

Inoltre, vi sarebbe anche un contrasto con il divieto di utilizzo dei beni appartenenti al patrimonio sociale per finalità estranee all’attività sociale ex art. 2256 codice civile.

In conclusione, la dottrina e la prassi notarile non ritengono ammissibile la multiproprietà azionaria diretta.

La multiproprietà azionaria indiretta, invece, si fonda sulla netta distinzione tra la partecipazione azionaria del socio e la fonte contrattuale di cui sorgono i diritti di godimento dei soci nei confronti dell’ente. Si creano, dunque, due rapporti giuridici tra loro collegati tra la società e il socio:

a) Il rapporto sociale, attributivo della qualità di socio;
b) Una convenzione con cui viene disciplinata la fruizione dell’immobile ed il turno di godimento.

Questo collegamento negoziale intercorrente tra il contratto di società ed il negozio attributivo del diritto di godimento turnario dell’immobile ha natura: volontaria; funzionale ed unilaterale.

Per quanto concerne, invece, la disciplina giuridica del contratto di multiproprietà collegato al contratto sociale, la dottrina prevalente non lo ritiene riconducibile a nessuno dei modelli legislativi previsti, ma si tratta di un contratto atipico meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 comma 2 codice civile.

Pertanto, è pacificamente ammessa la multiproprietà azionaria indiretta dalla dottrina e dalla prassi, in quanto risolve tutte le questioni relative alla costituzione di multiproprietà in forma societaria, poiché non si viola l’art. 2345 codice civile; non contrasta con l’art. 2256 codice civile e perché tale diritto può avere durata ultraventennale in deroga ai limiti imposti per i contratti tipici.

Multiproprietà azionaria pura ed impura

La multiproprietà azionaria si può definire “pura” quando la società titolare del complesso immobiliare non svolge alcuna attività economica ulteriore rispetto alla semplice organizzazione del bene, al fine di permetterne il godimento turnario da parte dei soci.

Tuttavia, riguardo questo tipo di multiproprietà azionaria sono stati sollevati dubbi circa la legittimità, in quanto la società non svolge alcuna attività lucrativa in tale ipotesi e questo contrasta con la sua natura di elemento essenziale del contratto sociale. Pertanto, non si ritiene ammissibile.

La multiproprietà azionaria può definirsi “impura” quando la società titolare del complesso immobiliare svolge anche servizi accessori. In questo caso, gli enti non si limitano a regolare il godimento di unità immobiliari da parte dei multiproprietari, ma svolgono attività ulteriori, tali da integrare lo scopo lucrativo, essenziale rispetto al contratto sociale. Per tale motivo, non si discute circa la sua ammissibilità.