Skip to main content

Gli effetti, le ipotesi e la disciplina della divisione del testatore.

Ai sensi dell’art. 536 del Codice civile, sono eredi legittimari, cioè persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione, il coniuge (al quale la l. n. 76/2016, cosiddetta Legge Cirinnà ha equiparato l’unito civile), i figli e, in assenza di figli, gli ascendenti.

Tali diritti riservati agli eredi necessari sono previsti dai successivi artt. 537 e seguenti del Codice civile, in quali, nel loro insieme, compongono il sistema della cosiddetta successione necessaria, cioè una species della successione legittima, la quale, tuttavia, a differenza di quest’ultima, deve essere tutelata e garantita non solo nel silenzio del testamento (come la successione legittima), ma anche in contrasto con la volontà del testatore.

Tale priorità della successione necessaria rispetto a quella testamentaria viene resa effettiva grazie al cosiddetto principio di intangibilità della legittima, che si desume dalla lettura in combinato disposto degli artt. 457 comma 3 e 549 del Codice civile, ai sensi dei quali, rispettivamente, “le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari” e “il testatore non può imporre pesi o condizioni sulla quota spettante ai legittimari, salva l’applicazione delle norme contenute nel titolo IV di questo libro”.

Questo principio, si precisa, deve essere inteso in senso quantitativo, non qualitativo, o meglio, in senso solo latamente qualitativo, nel senso che il legittimario deve ricevere quanto riservatogli dalla legge essendo apporzionato con beni ereditari, ma, all’interno dei beni ereditari, il legittimario non ha il diritto di scegliere con quali beni ereditari essere apporzionato.

Ci norme citate, dunque, danno vita ad un sistema fondato su una doppia tutela avverso le disposizioni testamentarie e le liberalità effettuate in vita lesive dei diritti legittimari: le disposizioni lesive, dunque, possono essere, alternativamente nulle ex art. 549 del Codice civile, oppure riducibili ai sensi degli artt. 553 e seguenti del Codice civile.

Le disposizioni rientranti nella prima categoria, invero, sono immediatamente nulle, dunque, lesive dell’art. 28 L.N., viceversa, le disposizioni riducibili solo a tutti gli effetti valide ed efficaci fino alla pubblicazione della sentenza che accoglie l’azione di riduzione.

Il divieto di pesi e condizioni

In aggiunta a quanto detto, si sottolinea che il divieto in oggetto, sancito dall’art. 549 del Codice civile, non si applica ai legati in sostituzione di legittima ex art. 551 del Codice civile ed alle disposizioni alle quali si applica la cosiddetta cautela sociniana ex art. 550 del Codice civile: ciò si spiega in quanto entrambe le norme attribuiscono al legittimario una scelta, se dar corso alla disposizione testamentaria esattamente come il de cuius l’ha voluta, oppure rinunciare al lascito ed agire in riduzione per ottenere esattamente la quota di riserva che gli spetta.

Per il medesimo motivo, il divieto in oggetto si applica, invece, ai legati in conto di legittima, che non si sostituiscono, ma si imputano alla quota di legittima dell’erede necessario.

Il divieto in oggetto non si applica, poi, ai legati ai legittimari disposti con dispensa da imputazione, in quanto tali lasciti, gravando sulla quota disponibile del patrimonio comportano un’aggiunta quantitativa rispetto alla quota di riserva, con la conseguenza che anche un peso apposto ad un legato con dispensa da imputazione di valore tale da azzerare il valore del legato non potrebbe comunque comportare una lesione della legittima.

Poste queste premesse, il principale problema interpretativo che solleva il divieto dell’art. 549 del Codice civile è quello di individuare con esattezza cosa si intenda con il concetto di “pesi” sulla legittima.

Se, invero, è pressoché pacifico che rientrano nel divieto in commento gli oneri apposti alle disposizioni in favore del legittimario, è, viceversa, altamente controverso se si possano considerare pesi sulla legittima i legati posti a carico del legittimario: sul punto, gli Autori pongono, innanzitutto, una distinzione tra legati reali e legati obbligatori.

I primi, secondo autorevole opinione, non rientrerebbero nell’alveo del divieto in commento, in quanto l’effetto reale al momento dell’apertura della successione fa sì che il bene legato non si trovi più all’interno del relictum, con la conseguenza che se tale lascito ha cagionato una lesione dei diritti dei legittimari costoro potrebbero solo agire agendo in riduzione.

Discusso è invece il rapporto tra legati obbligatori e divieto dell’art. 549 del Codice civile: sul punto, è stato autorevolmente sostenuto, tra gli altri, da Criscuoli che tali lasciti sarebbero direttamente nulli ex art. 549 del Codice civile se lesivi della legittima, in quanto costituiscono delle vere e proprie obbligazioni gravanti sul legittimario e nascenti dal testamento; secondo altra parte della dottrina, tra cui Mengoni, invece, l’art. 549 del Codice civile dovrebbe essere considerata una norma di chiusura, cioè invocabile nei soli casi in cui non è esperibile l’azione di riduzione, con la conseguenza che tutti i legati sarebbero solo riducibili e mai da considerarsi pesi.

A questo punto, è necessario procedere all’analisi degli scenari concreti che più frequentemente possono presentarsi al testatore, al fine di interrogarsi su come il Notaio dovrebbe consigliare il testatore al fine di non incorrere nel divieto in commento. Si precisa, tuttavia, che le seguenti considerazioni scontano comunque l’insopprimibile alea derivante dall’impossibilità di calcolare il valore della quota di riserva del legittimario prima dell’apertura della successione (tra il ricevimento del testamento e la morte del testatore, infatti, potrebbero sopravvenire, o venire meno, degli eredi necessari, ovvero potrebbe cambiare la consistenza patrimoniale dell’asse ereditario).

Di un erede legittimario in quota astratta del patrimonio e peso apposto a carico di tutti gli eredi istituiti o del solo legittimario: in questo caso il peso è ricevibile, ma nei soli limiti del divieto dell’art. 549 del Codice civile; all’apertura della successione, cioè, una volta determinato il valore della quota di riserva del legittimario, il peso opererà nei soli limiti della quota disponibile attribuitagli, essendo automaticamente nullo ex art. 549 del Codice civile per l’eventuale eccedenza (se posto solo a carico del legittimario), o gravando, per tale parte eccedente, sui soli altri eredi istituiti (se posto a carico di tutti gli eredi istituiti, legittimari e non);

Istituzione di un legittimario nella sola quota di riserva che gli spetterà all’apertura della successione (mediante relatio formale alla legge), istituzione di ulteriori eredi in quota astratta e peso posto a carico di tutti gli eredi istituiti: in questo caso, il legittimario non può essere gravato dal peso, neppure in minima parte. Ciò posto, si rileva che, anche nel silenzio del testamento, il peso si concentra sui soli eredi non meri legittimari; tuttavia, appare preferibile che venga esplicitato già nel testamento che il peso graverà su tutti gli eredi, ad eccezione del mero legittimario;

Istituzione di un legittimario nella sola quota di riserva che gli spetterà all’apertura della successione (mediante relatio formale alla legge) e peso posto soltanto a carico suo: mutuando la superiore premessa per cui il legittimario istituito nella mera quota di riserva non può essere, nemmeno in parte gravato da un peso, quest’ultimo deve essere, in questo caso, considerato irricevibile.

L’azione di riduzione

Quando, invece, la lesione della quota di riserva, come calcolata, all’apertura della successione, tramite la cosiddetta riunione fittizia (cioè, l’operazione matematica prevista dall’art. 556 del Codice civile, consistente nella somma di relictum e donatum, a cui viene sottratto il debitum), deriva da una disposizione testamentaria non rientrante nell’esposto divieto di pesi e condizioni o da una liberalità, diretta o indiretta, disposta in vita da de cuius, il legittimario, leso o pretermesso, al fine di ottenere quanto gli riserva la legge, deve agire in giudizio, chiedendo la riduzione, nei limiti in cui ciò sia necessario per reintegrare la sua quota di riserva, della disposizione lesiva.

Si precisa che, al fine di tutelare, nei limiti del possibile, la circolazione dei beni, anche a titolo liberale, oggetto dell’azione di riduzione devono essere necessariamente, in primo luogo le disposizioni testamentarie lesive e, solo se ciò non sia sufficiente a reintegrare la lesione cagionata, può essere chiesta la riduzione delle donazioni, dirette e indirette (e, con riferimento alla sole donazioni dirette, si può chiedere, altresì, la restituzione in natura del bene donato, non solo contro il donatario, ma anche contro il terzo avente causa dal donatario), come emerge dall’art. 555, comma 2 del Codice civile, dalla più recente a quella più antica (cfr. art 559 del Codice civile).

All’interno delle disposizioni testamentarie lesive, invece, la riduzione avviene, nel silenzio, proporzionalmente tra tutte le disposizioni, tuttavia, al fine di tutelare quanto più possibile la voluntas testatoris, è possibile che il defunto individui una specifica disposizione che debba avere effetto a preferenza delle altre: in quest’ultimo caso, la disposizione in questione non si riduce, se non in quanto il valore delle altre non sia sufficiente a integrare al quota riservata al legittimario (così l’art. 558, comma 2 del Codice civile).

Si precisa, poi, che l’azione di riduzione può essere esperita nel termine di prescrizione ordinaria di dieci anni, che decorre da quando la lesione diventa attuale, cioè dall’apertura della successione, quando la lesione deriva da un legato o da una donazione, e dall’accettazione di eredità, quando la lesione deriva dall’istituzione di un soggetto diverso dal legittimario leso.

Da ultimo, si sottolinea che, ai sensi dell’art. 564 del Codice civile, il legittimario, al fine di agire in riduzione, deve prima imputare alla propria quota di riserva tutte le donazioni o le disposizioni testamentarie che ha ricevuto (cosiddetta imputazione ex se), a meno che il defunto non lo abbia a ciò espressamente dispensato, nonché avere accettato l’eredità con beneficio d’inventario (tale seconda condizione, ovviamente, è chiesta nel cosa caso in cui il legittimario abbia subito una lesione, ma non sia stato del tutto pretermesso dall’eredità, essendo dunque destinatario di una delazione, ancorché di valore inferiore a quello della quota di riserva che gli spetta per legge).