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Il regime patrimoniale della famiglia: ante e post riforma ed aspetti di diritto internazionale privato

Il regime patrimoniale della famiglia è il complesso delle regole derivanti dalle convenzioni matrimoniali delle parti, ovvero, in mancanza, dalle norme di legge, che regolano la titolarità e l’amministrazione dei beni dei coniugi.

Prima della riforma del diritto di famiglia ex L. 151/1975

Il regime patrimoniale legale della famiglia era la separazione dei beni.

Fra le convenzioni matrimoniali adottabili in virtù di apposita convenzione tra coniugi vi erano: la costituzione di beni in dote, il patrimonio familiare, la comunione convenzionale degli utili e degli acquisti.

Riforma del diritto di famiglia con la L. 151/1975

Con l’entrata in vigore della L. 151/1975 il 20 settembre dello stesso anno, l’art 159 c.c. stabilisce che: “ il regime patrimoniale della famiglia, in mancanza di diversa convenzione stipulata a norma dell’art 162 c.c., è costituito dalla comunione dei beni regolata dalla sezione III del presente capo”.

Fra le convenzioni matrimoniali adottabili, in deroga al regime di comunione legale dei beni, il Legislatore della riforma prevede: separazione dei beni; comunione convenzionale e fondo patrimoniale.

Quest’ultimo, però, non costituisce un regime patrimoniale di carattere universale, ma un vincolo su specifici beni che, come tale, può anche coesistere con altri regimi patrimoniali.

Tipicità dei regimi patrimoniali

Premesso che: l’autonomia dei coniugi di regolare l’oggetto della comunione non rientra nella questione relativa alla tipicità dei regimi patrimoniali, trattandosi in tal caso di comunione convenzionale ex art 210 c.c.

Ci si è chiesti se sono ammessi nel nostro ordinamento regimi patrimoniali cd. atipici.

Secondo un’impostazione dottrinale più rigida, i regimi patrimoniali della famiglia costituiscono un numerus clausus, per cui non sono ammessi regimi patrimoniali diversi da quelli tassativamente previsti dal legislatore.

Secondo un’altra parte della dottrina, più liberale, che oggi sembra prevalere, si ammette l’adozione di regimi patrimoniali atipici, purché rispettino le limitazioni inderogabili previste dalle seguenti norme:

a) Art 160 c.c.: gli sposi non possono derogare né ai diritti, né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio;

b) Art 161 c.c.: gli sposi non possono pattuire in modo generico che i loro rapporti patrimoniali siano in tutto o in parte regolati da leggi alle quali non sono sottoposti o dagli usi, ma devono enunciare in modo concreto il contenuto dei patti con i quali intendono regolare i loro rapporti;

c) Art 166 bis c.c.: è nulla ogni convenzione che tende alla costituzione di beni in dote;

d) Art 210 c.c.: pone il divieto inderogabile di inserire nella comunione convenzionale fra i coniugi i beni indicati dalle lett. c), d) ed e) dell’art 179 c.c. e di derogare alla normativa sull’amministrazione dei beni della comunione legale e sull’uguaglianza delle quote, sempre limitatamente ai beni che formerebbero oggetto della comunione legale medesima.

Le ipotesi di convenzioni atipiche più frequenti sono:

1) La caduta degli acquisti in comunione ordinaria e non in comunione legale;

2) La pattuizione di conguagli patrimoniali all’atto dello scioglimento della comunione.

Art. 227 della L. 151/1975

Con la Riforma del diritto di famiglia il Legislatore ha vietato la costituzione ex novo di doti o di patrimoni familiari, consentiti e disciplinati dalla previgente normativa.

Tuttavia, il Legislatore della riforma ha precisato che le doti e i patrimoni familiari costituiti prima dell’entrata in vigore della legge di riforma, ovvero il 20 settembre 1975, continuano ad avere effetto e ad essere regolati dalle previgenti disposizioni.

Periodo transitorio e art. 228 della L. 151/1975

La riforma sul diritto di famiglia entra in vigore ufficialmente il 20 settembre 1975 con la L. 151/1975, facendo diventare il regime patrimoniale legale della famiglia la comunione legale dei beni ai sensi dell’art 159 c.c.

Tuttavia, per alcuni acquisti effettuati prima di questa data sorgevano dei problemi su quale regime applicare. Di regola sarebbero dovuti cadere in comunione ex art 177 c.c., ma il regime di separazione venne prorogato fino al 15 gennaio 1978 per gli acquisti compiuti durante il cd. periodo di transizione.

Il coniuge acquirente, infatti, poteva rendere dinanzi ad un Pubblico Ufficiale la dichiarazione mediante la quale si poteva escludere il bene acquistato durante il matrimonio dalla caduta in comunione legale dei beni ex art 177 c.c., secondo quanto ammesso dall’art 228 comma 1° L. 151/1975.

Inoltre, in questa fase era consentito per gli acquisti compiuti separatamente dai coniugi dopo il matrimonio adottare, liberamente, il regime di comunione legale dei beni mediante la stipula di un’apposita convenzione dinanzi ad un Notaio, comprensiva di tutte le menzioni obbligatorie, secondo quanto previsto dall’art 228 comma 2° L. 151/1975.

Oggi, tale previsione non è più applicabile, perché in questi casi si fa ricorso alla comunione convenzionale ex art 210 c.c., mediante la quale, però, possono essere inseriti nella comunione anche i beni acquistati antecedentemente al matrimonio.

Infine, i coniugi potevano annotare a margine dell’atto di matrimonio tutti gli atti di acquisto compiuti ai sensi dei commi 1° e 2° ex art 228 L. 151/1975, secondo quanto stabilito dal 3° comma della medesima norma.

Diritto internazionale privato

Quanto al criterio di collegamento applicabile nell’ipotesi in cui emergono elementi di transnazionalità relativi all’individuazione del regime patrimoniale dei coniugi, occorre fare riferimento a due disposizioni:

a) Art 30 L. 218/1995: i rapporti patrimoniali tra i coniugi sono regolati dalla legge applicabile ai loro rapporti personali, ovvero la legge nazionale comune o, in mancanza, la legge dello Stato in cui la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata.

Tuttavia, i coniugi possono convenire per iscritto che i loro rapporti patrimoniali sono regolati dalla legge dello Stato di cui almeno uno dei due è cittadino, oppure nel quale almeno uno di essi risiede.

L’accordo dei coniugi sul diritto applicabile è valido se si considera tale dalla legge scelta o dal quella del luogo in cui è stato stipulato.

Il regime dei rapporti patrimoniali tra coniugi regolato da una legge straniera è opponibile ai terzi solo se questi abbiano avuto conoscenza o lo abbiano ignorato per loro colpa.

Con riguardo ai diritti reali su beni immobili, l’opponibilità è limitata ai casi in cui siano rispettate le forma di pubblicità prescritte dalla legge dello Stato in cui sono localizzati i beni;

b) Art 70 Reg UE 1103/2016: entrato in vigore a partire dal 29 gennaio 2019.

– Ambito applicativo ex artt. 20 e 69

Sotto il profilo oggettivo, la legge designata come applicabile dal regolamento si applica anche ove non sia quella di uno Stato membro.

Si tratta di un regolamento di applicazione universale che, anche se frutto di un sistema di cooperazione rafforzata, intercorrente solo tra alcuni Stati dell’Unione Europea, trova applicazione anche rispetto a cittadini non appartenenti agli Stati sottoscrittori o extracomunitario; ovvero anche ove la legge designata per effetto del regolamento sia quella di uno Stato non sottoscrittore o di uno Stato extracomunitario ai sensi dell’art 20.

Sotto il profilo soggettivo, il regolamento trova applicazione rispetto ai coniugi che abbiano contratto matrimonio o designato la legge applicabile al loro regime patrimoniale in data successiva al 29 gennaio 2019 ex art 69 par. 3.

Pertanto, nel caso in cui i coniugi non abbiano proceduto a designazione ai sensi del Regolamento e abbiano contratto matrimonio in data antecedente alla sua entrata in vigore continua ad applicarsi l’art 30 della L. 218/1995.

– Scelta relativa alla legge applicabile ex art 22

I coniugi o nubendi possono designare o cambiare di comune accordo la legge applicabile al loro regime patrimoniale, a condizione che tale legge sia una delle seguenti:

a) La legge dello Stato di residenza abituale dei coniugi o dei nubendi, o di uno di essi, al momento della conclusione dell’accordo;

b) La legge di uno Stato di cui uno dei due coniugi o nubendi ha la cittadinanza al momento della conclusione dell’accordo.

Salvo diverso accordo tra i coniugi, il cambiamento della legge applicabile al loro regime patrimoniale deciso nel corso del matrimonio ha effetti solo per il futuro.

Qualunque cambiamento retroattivo della legge applicabile ai sensi del par. 2 non pregiudica i diritti dei terzi derivanti da tale legge.

Forma della scelta ex art. 25

La convenzione matrimoniale è redatta per iscritto, datata e firmata da entrambi i coniugi. Si considera equivalente alla forma scritta qualsiasi comunicazione elettronica che consenta una registrazione durevole dell’accordo.

Le ipotesi che si possono verificare sono le seguenti:

a) Se la legge dello Stato membro in cui entrambi i coniugi hanno la residenza abituale al momento della conclusione della convenzione prevede requisiti di forma supplementari per le convenzioni matrimoniali, si applicano tali requisiti.

b) Se, al momento della conclusione della convenzione, la residenza abituale dei coniugi si trova in Stati membri diversi e se la legge di tali Stati prevede requisiti di forma differenti per le convenzioni matrimoniali, la convenzione è valida, quanto la forma, se soddisfa i requisiti della legge di uno dei due Stati.

c) Se, al momento della conclusione della convenzione, uno solo dei coniugi ha la residenza abituale in uno Stato membro e se tale Stato prevede requisiti di forma supplementari per le convenzioni matrimoniali, si applicano tali requisiti.

d) Se la legge applicabile al regime patrimoniale tra coniugi impone requisiti formali supplementari, si applicano tali requisiti.

Criterio di collegamento in caso di mancanza di scelta ex art. 26

In mancanza di un accordo sulla scelta della legge ai sensi dell’art 22, la legge applicabile al regime patrimoniale tra coniugi è la legge dello Stato:

a) Della prima residenza abituale comune dei coniugi dopo la conclusione del matrimonio o, in mancanza,

b) Della cittadinanza comune dei coniugi al momento della conclusione del matrimonio o, in mancanza,

c) Con cui i coniugi presentano assieme il collegamento più stretto al momento della conclusione del matrimonio, tenuto conto delle circostanze.

Se i coniugi hanno più di una cittadinanza in comune al momento della conclusione del matrimonio, si applicano le lettere a) e c) del paragrafo.

In via eccezionale e su richiesta di uno dei coniugi, l’autorità giurisdizionale competente a decidere su questioni inerenti al regime patrimoniale tra coniugi può decidere che la legge di uno Stato diverso da quello la cui legge è applicabile ai sensi del paragrafo 1 lett. a), disciplini il regime patrimoniale tra coniugi, se l’istante dimostra che:

a) I coniugi hanno avuto l’ultima residenza abituale comune in tale altro Stato per un periodo più lungo di quello della residenza abituale comune nello Stato designato dal paragrafo 1 lett. a);

b) Entrambi i coniugi hanno fatto affidamento sulla legge di tale altro Stato nell’organizzazione o pianificazione dei loro rapporti patrimoniali.

La legge di tale Stato si applica alla conclusione del matrimonio, salvo disaccordo di uno dei due coniugi. In tal caso, la legge di tale altro Stato ha effetto a decorrere dallo stabilimento dell’ultima residenza abituale comune in esso.

Tale paragrafo non si applica se i coniugi hanno concluso una convenzione matrimoniale prima della data di stabilimento dell’ultima residenza abituale comune in tale altro Stato.

Esclusione del rinvio ex art. 32

Qualora il Regolamento determini l’applicazione della legge di uno Stati, esso si riferisce all’applicazione delle norme giuridiche in vigore in quello Stato, ad esclusione delle norme di diritto internazionale privato.